Rom, Una eterna emergenza che nessuna amministrazione ha saputo o voluto risolvere | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Una eterna emergenza che nessuna amministrazione ha saputo o voluto risolvere

Diritti non garantiti (forse) ma anche doveri (non assolti), tanti equivoci (chi sono veramente gli abitanti dei campi, autorizzati e abusivi) e tanti soldi spesi (male) per favorire altri (i protagonisti di Mafia Capitale?) ma non i nomadi. In mezzo squallore, tanta ipocrisia e tanti reati

romViene da piangere, a guardare l’incapacità (ma ci sono alcuni che la definiscono  scarsa onestà…) dei politici che hanno gestito Roma negli anni. Nessuna differenza – come dimostra anche lo scandalo rivelato dall’inchiesta “Mafia Capitale” – tra rossi, neri o bianchi. E una costante: l’interesse della comunità, nel nostro caso quella di Roma, non lo prendono mai in considerazione. La parola magica di chi gestisce, o ha gestito, la Capitale è “emergenza”, un termine nel cui nome tutto è sempre possibile, eventualmente anche ai margini o fuori dalla legge. Per esempio l’ ”emergenza rom”, in questi giorni sulle prime pagine dei giornali dopo che l’assessore Francesca Danese ha spiegato, con involontario umorismo, che si potrebbero utilizzare i rom per tenere pulita Roma “perché sono molto bravi nel recuperare i rifiuti e i materiali in disuso”; aggiungendo di essere convinta di poter chiudere in tre anni i “campi rom” della Capitale anche grazie alla concessione, agli stessi rom, di appartamenti nelle case popolari dell’Ater. Tutto questo, ovviamente, in risposta ad un’emergenza, quella rom.

Un’emergenza, va detto subito, che emergenza non è. Se è vero che gli oltre cento  insediamenti nei quali vivono i settemila rom residenti nella Capitale sono potenzialmente vere e proprie polveriere dove gli onesti convivono con pusher,  ladri, lenoni e responsabili di ogni possibile traffico illegale, non si può certo “cadere dal pero” e “scoprire” oggi, come sembra essere accaduto all’assessore Danese, che nella Città eterna i rom vivono in campi che sono dei ghetti e che anche loro hanno diritto “alla casa”. Sono anni, anzi decenni, che le cose stanno così e questo, va detto, soprattutto per colpa dei politici. Contrariamente a quanto avvenuto in altre città,  a Roma i sindaci – da Francesco Rutelli a Gianni Alemanno, passando per Walter Veltroni – hanno tutti scelto di sistemare i rom in campi ad hoc, invece di attuare una vera politica di integrazione sociale. Chissà come mai; che sia stato perché la creazione e la gestione dei campi fa “girare” un bel po’ di soldi?

E’ a questo che conviene guardare, per poter valutare meglio le idee, in linea di principio ottime, se bene inquadrate, dell’ assessore Danese. Tra il 2011 e il 2014, per l’inclusione dei settemila rom residenti a Roma il Campidoglio ha speso quarantadue milioni di euro. “E non sappiamo davvero dove siano finiti” diceva ai giornalisti, poco più di un anno fa, un funzionario del Comune. Che siano andati in parte ai protagonisti di Mafia Capitale è probabile. Certo non sono serviti a rendere sopportabile la vita nei campi se l’assessore Danesi, che pure le emergenze sociali romane le segue da anni, è rimasta sconvolta dalla visita fatta poco tempo fa alla Best House Rom di via Visso, dove ha scoperto che 288 rom, di cui circa 150 minori, vivono in una struttura gigantesca e senza finestre. Un lager, insomma. Eppure per il superamento di situazioni come questa il prefetto Pecoraro aveva dato nel 2008 al Campidoglio 32 milioni del “Piano Nomadi”, più dieci milioni annui per la gestione dei  127 campi (abusivi, tollerati e di solidarietà).

 

Certo, l’assessore Danese non è responsabile dell’operato della Giunte che hanno preceduto quella di Ignazio Marino che comunque, da quando si è insediata, non ha proprio dato l’impressione di  fare il massimo per far rispettare la legge e chiudere i quasi certo insediamenti abusivi della Capitale e dintorni. Dove, anche questa è una scoperta abbastanza tardiva, ci si accorge ora che sono posti che sembrano usciti dal “Gomorra” di Roberto Saviano, dato che vi vengono bruciate, per eliminarle, sostanze nocive dannose per la salute (di tutti i cittadini romani, non soltanto dei rom). Ancora più terra a terra: cosa si è fatto per garantire che i bambini rom possano frequentare la scuola? E’ infatti l’ora di finirla con l’affermazione che i rom sono nomadi e non li si può costringere in un posto. Lo dimostra il fatto che il numero dei rom di Roma è stabile da almeno quindici – venti anni, dopo l’arrivo delle ondate provenienti da ex Jugoslavia e Romania. I politici capitolini li rinchiusero nei campi-ghetto allora, e oggi sono ancora lì. Dopo che sono stati spesi senza risultato i soldi che avrebbero dovuto servire per il loro inserimento.

Oggi, dopo le scelte dei governanti capitolini per i rom, la proposta dell’assessore Danese di mettere al servizio della città la loro bravura nello svuotare i cassonetti appare a dir poco lunare, offensiva. E poi vuol dire che chi governa non è informato, non sa cosa deve fare: si dà il caso infatti che un progetto del genere è già stato realizzato negli anni novanta– vedi la città di Reggio Calabria – con finanziamenti europei e la creazione di apposite cooperative; e con ottimi risultati. A Roma una proposta analoga presentata quasi dieci anni fa non ha mai avuto risposta. Basta questo esempio per  mostrare il pressapochismo dell’attuale Giunta. Atteggiamento che accompagna anche l’altra proposta della Danese, quella di aprire ai rom le case dell’Ater. Visto che sono stati ghettizzati e sono fuori da ogni controllo, come valutare se i rom hanno i requisiti per chiedere l’assegnazione di alloggi dell’Ater? Nessuno nega che i rom siano diventati un problema. A loro, i verbali delle forze dell’ordine lo dimostrano, si devono addebitare molte responsabilità. Corresponsabili, per non avere una politica di integrazione, sono però i dirigenti capitolini. Quelli di ieri e gli “apprenti sorcier” di oggi.

Carlo Rebecchi

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