Santa Cecilia, Pappano: “Con l’Aida omaggio a mio padre”
– «Per me l’Aida è memoria: è un omaggio a mio padre»: con orgoglio e un pizzico di commozione il maestro Antonio Pappano racconta la sua prossima e attesissima impresa, l’«Aida in forma di concerto», in programma a Roma il 27 febbraio all’Auditorium Parco della Musica per la stagione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. «Da 40 anni la suono al pianoforte e tante volte ho accompagnato mio padre mentre cantava Radames. Infatti parto sempre da questo strumento quando devo rappresentarla», spiega, riportando a una dimensione «personale» quello che da molti è stato definito l’evento musicale più atteso dell’anno. «Aida è sempre un evento e deve continuare a esserlo», afferma, per nulla sorpreso del fatto che il concerto abbia registrato fin da subito il tutto esaurito con richieste e acquisto di biglietti da ogni parte del mondo. «Quest’opera non viene rappresentata spesso in teatro – prosegue -, le regie sono complesse e non è facile trovare cantanti giusti perchè le difficoltà di Verdi nel canto sono pazzesche. Ma con la forma di concerto noi ci concentreremo solo sulla musica». Sul podio dell’Orchestra e del coro di Santa Cecilia Sir Pappano avrà a sua disposizione per affrontare il capolavoro verdiano un cast internazionale di altissimo livello – composto da Anja Harteros (Aida), Jonas Kaufmann (per la prima volta nel ruolo di Radames), Ekaterina Semenchuk (Amneris), Ludovic Tèzier (Amonasro), Erwin Schrott (Ramfis) e Marco Spotti (Re) – che dovrà raccontare l’amore struggente e straziante, e i conflitti tra dovere, patria, passione. Forse troppo poco spazio per l’italianità? «La lirica sta vivendo un momento interessante: a cantare l’opera italiana sono cantanti stranieri, che forse portano qualcosa di nuovo», spiega, «non so se questo sia un problema italiano, ma il fatto è che le voci drammatiche sono rare. Ci vuole tempo per formarle, quindi ne riparlerei tra 10 anni». Un’italianità che da un artista cosmopolita come lui «deve ancora essere compresa» fino in fondo. Sempre ammesso che possa davvero essere una caratteristica risolutiva: «Mi sento un uomo di teatro: non so se questo è essere italiano, inglese o americano», dichiara, «ho vissuto la mia vita nella musica e nel teatro circondato da cantanti. Ma l’Aida può essere anche astratta: il teatro non mi manca, il mio è a Londra (il Covent Garden, di cui è direttore musicale, ndr). Non mi serve fisicamente il teatro per sentirmi lì. In questo concerto possiamo fare liberamente la nostra regia: serviranno drammaticità italiana e raffinatezza cameristica». Il carattere eccezionale di questa Aida è dato però anche da un altro fattore, perchè rappresenterà una delle più importanti produzioni discografiche del 2015: dopo più di mezzo secolo, precisamente dal 1951 – anno in cui Orchestra e Coro di Santa Cecilia la registrarono, con la direzione del Maestro Alberto Erede, per la Decca nella sala di Via dei Greci – l’opera è stata infatti nuovamente incisa per la Warner Classics. Un’impresa che si è compiuta velocemente: solo 6 giorni e nessuna pausa per fare un’incisione perfetta. «È stata un’esperienza molto intensa, ma anche stressante, perchè era tutto pianificato e non si poteva sbagliare», racconta Pappano, «io sono abituato a gestire questo stress ma sono contento che orchestra e coro abbiano reagito benissimo». «So che c’è molta attesa per la registrazione, magari i critici faranno confronti con il passato, ma ben venga: è bello registrare a Roma dopo 60 anni perchè continuiamo la tradizione», spiega ancora, «spero che questo ispiri le case discografiche a investire in una sfida del genere». «Ora devo trovare soluzioni geografiche musicali per far funzionare il concerto», aggiunge con un sorriso, «il linguaggio di Verdi nell’Aida è molto personale, quest’opera è intima ma allo stesso tempo ha bisogno di ampi spazi e di grande respiro».
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