Apre al pubblico palazzo Cesi Armellini | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Apre al pubblico palazzo Cesi Armellini

– Gioiello d’arte e architettura rinascimentale e scenario di grandi storie e avventure, dai tempi di Seneca ai Lanzichenecchi che, pare, abbiano approfittato di una sua finestra aperta per entrare a Roma. Eppure, fino ad oggi, una delle dimore meno conosciute della città. All’ombra della cupola di San Pietro, dall’11 marzo, apre per la prima volta le sue porte al pubblico Palazzo Cesi Armellini, residenza costruita nel ‘500 per il Cardinale Francesco Armellini, poi acquistata nel 1565 da Angelo e Pierdonato Cesi e dal 1895 casa generalizia dei Padri e Fratelli Salvatoriani, congregazione religiosa che opera in 40 paesi nel mondo. «Palazzo Cesi Armellini – racconta all’ANSA Arnout Mertens, Direttore Generale della Fondazione Sofia Onlus – è uno dei palazzi più importanti dell’epoca rinascimentale a Roma e uno dei pochi che ancora oggi unisce vita religiosa e importanza artistica». Voluto dall’Armellini proprio a due passi dal Vaticano, il palazzo fu poi ristrutturato tra il 1570 e il 1577 per volere di Pierdonato e Angelo Cesi, vescovo di Todi, che affidarono i lavori a Martino Longhi il Vecchio, al tempo architetto di grido anche di palazzo Altemps. Sono stati invece attribuiti alla scuola di Pietro da Cortona gli affreschi della galleria principale, realizzati tra il 1653 e il 1662, con le storie di Re Salomone, simbolo di saggezza e intelligenza. «È lo stesso soggetto – spiega Mertens – con cui il maestro, negli stessi mesi e a poche centinaia di metri, decorava San Pietro. Si pensa quindi che vennero ingaggiati alcuni suoi allievi per realizzare queste volte». E tra l’incontro con la Regina di Saba e la scena del giudizio di Salomone, lo stile della scuola si ripete anche nello stemma ripetuto di Casa Cesi con l’albero e i sei monti (come per lo stemma Barberini nel Trionfo della Divina provvidenza), primi esperimenti di quadratura prospettica e grandi omaggi alle virtù cardinalizie. Tra i gioielli da scoprire nel palazzo, anche i cinque preziosi soffitti lignei a cassettone, la biblioteca antica, la cappella con gli affreschi cinquecenteschi di Nicola Martinelli e Tommaso Laureti fino al terrazzo con uno dei più bei panorami sulla città. «Nel palazzo vivono tutt’ora una quindicina di padri – prosegue Mertens – Abbiamo deciso di aprire le porte per condividere queste bellezze e per sostenere le nostre opere missionarie». I proventi delle visite guidate, ogni lunedì, mercoledì e venerdì a ingresso a donazione libera, contribuiranno infatti alla missione della Fondazione Sofia-Salvatorian Office for International Aid Onlus, con cui «i Padri e i fratelli Salvatoriani operano in 40 paesi, dal Congo all’India, per costruire scuole, ospedali e per aiutare donne e bambini ad avere una vita più dignitosa». Non solo arte, però. Palazzo Cesi Armellini, sorto, pare, sulle vestigia della casa di Seneca, è anche uno scrigno di preziose storie. Nel chiostro, ad esempio, è ancora visibile l’antico basolato della via Cornelia, calpestato da S. Pietro diretto al martirio nel circo di Nerone. Nel 1527, durante il Sacco di Roma, il Palazzo venne invaso e saccheggiato dai Lanzichenecchi, tanto che il cardinale Armellini dovette fuggire a Castel S. Angelo, dove morì pochi mesi dopo. Ancora qui, nei grandi sottotetto, Padre Pancrazio Pfeiffer, tra i più celebri Salvatoriani, durante la seconda guerra mondiale nascose decine e decine di ebrei, politici partigiani, compreso il futuro Ministro della Giustizia Giuliano Vassalli. E, ancora, qui è custodita la veste di Papa Giovanni Paolo II, venuto in preghiera nel 1999 nella cappella del Padre Fondatore Francesco Jordan, colui che nel 1895, grazie alle donazioni, acquistò il palazzo per ospitare la crescente Società del Divin Salvatore.

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