Mafia, Zingaretti: "Non siamo corrotti". Le opposizioni: "Dimettiti". Verifiche dei pm sulla gara per il Recup | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia, Zingaretti: “Non siamo corrotti”. Le opposizioni: “Dimettiti”. Verifiche dei pm sulla gara per il Recup

– Essere indagati non solo non significa essere colpevoli, ma neanche che certamente si sarà coinvolti in un processo. E del resto l’ormai ex capo di gabinetto della Regione Lazio, Maurizio Venafro, indagato per tentativo di turbativa d’asta nell’inchiesta Mafia Capitale, «non ha mai fatto parte di alcuna commissione di assegnazione di gara, e nel suo ruolo non aveva potere sulla nomina di membri di commissioni di gara». Il governatore Nicola Zingaretti, all’indomani delle dimissioni rassegnate dal suo braccio destro Maurizio Venafro, sceglie l’Aula del Consiglio regionale per ribadire il suo garantismo e difendere la scelta «non dovuta» del dirigente di lasciare l’incarico «dopo aver appreso di essere anche lui oggetto di un accertamento rispetto a una gara della Regione», a quanto pare quella sul Cup sanitario. Ma nessuna delle gare dal suo insediamento, sottolinea Zingaretti, è stata assegnata ad aziende sotto indagine, e non un soldo, rimarca, è stato intercettato dal presunto ‘sistema mafiosò Carminati-Buzzi. Del resto Venafro, spiega il governatore all’Aula, «ha ribadito anche a me di aver fornito tutti i chiarimenti richiesti, sottolineando la sua totale estraneità ai fatti. Continueremo con grande rigore a vigilare: non c’è stata da parte mia alcuna sottovalutazione del rischio di infiltrazioni, ma se parliamo di corruzione alla prova dei fatti la struttura ha tenuto». Ma per il M5s Zingaretti dovrebbe compiere lo stesso passo del suo ex capo di gabinetto, e rassegnare a sua volta le dimissioni «per la deriva fallimentare della Regione su tanti episodi: il re è nudo, e lei è l’unico a non accorgersene». Da parte di FI, afferma il capogruppo Antonello Aurigemma, «c’è l’apprezzamento per il gesto di Venafro» ma anche però la richiesta a «fermare la ‘macchinà per riportare credibilità alla Regione, perchè Venafro svolgeva il ruolo più importante» dopo quello del presidente. Francesco Storace, leader de La Destra, va oltre: «Il problema non è Venafro – ha detto in Aula – ma Zingaretti, che deve rispondere politicamente. O ricostruite una proposta politica senza protervia e arroganza o questa Regione la vedo prossima al voto» ha aggiunto, ricordando il 2012, quando pur non essendo la governatrice Renata Polverini indagata, si finì lo stesso con lo scioglimento del Consiglio. Le proposte politiche arrivano nelle risoluzioni finali: il centrodestra propone di consegnare gli atti di tutti gli appalti regionali, svolti e in corso, alla commissione Bilancio del Consiglio. Zingaretti si oppone al controllo politico sulle gare ancora aperte («violerebbe i principi di autonomia della gara»), ma non a quelle già concluse. La maggioranza, per voce del capogruppo Pd Marco Vincenzi, si dice disponibile a valutare l’istituzione di una commissione Trasparenza. Alla fine, dopo un botta e risposta polemico con Storace, passa con un ok bipartisan un testo modificato anche dallo stesso governatore che prevede di consegnare alla commissione non solo gli atti delle gare chiuse dell’attuale legislatura, ma anche delle tre precedenti (Polverini, Marrazzo e Storace). Ok a maggioranza dell’Aula, poi, a una risoluzione di centrosinistra a sostegno di Zingaretti e di «apprezzamento per il gesto di Venafro», mentre non ottiene il via libera un testo del M5s che prevede stringenti paletti giudiziari (no a carichi pendenti, condanne o iscrizioni tra gli indagati) per la scelta del prossimo capo di gabinetto.

rassegnate ieri, gli accertamenti della procura di Roma su Maurizio Venafro, fino a ieri capo di gabinetto di Nicola Zingaretti, si incentrano sull’iter seguito nel bando per l’appalto relativo alla gestione del Centro unico di prenotazioni sanitarie (Cup). L’ipotesi di reato formulata dal pool di magistrati che indagano su Mafia Capitale verte sul presunto indirizzamento della gara da parte di Venafro attraverso l’indicazione di Angelo Scozzafava, già dirigente del Campidoglio, nella commissione aggiudicatrice. Fu lo stesso Governatore del Lazio, nello scorso dicembre, a chiedere l’immediata revoca del bando finito nelle carte di Mafia Capitale, in quanto «attenzionato» da numerose società riconducibili a soggetti vicini all’organizzazione guidata da Massimo Carminati. Presunti illeciti, quelli presi in esame dagli inquirenti nei confronti di Venafro, respinti dal diretto interessato, il quale ha anche rivendicato la correttezza e la trasparenza del proprio operato, nel corso della deposizione spontanea fatta recentemente ai pm, una volta venuto a conoscenza di essere indagato. E proprio sulla nomina dei commissari di gare è stato lo stesso governatore del Lazio a spiegare, nell’aula del Consiglio regionale, che «il dottor Venafro non fa e non ha mai fatto parte di nessuna commissione di assegnazione di gara, e quindi neanche di quella del Cup, e nel ruolo da lui ricoperto fino a ieri non aveva poteri e competenze sulla nomina di membri di commissioni di gara». «Sono comparso spontaneamente davanti i pubblici ministeri che conducono l’indagine – ha spiegato ieri Venafro nella lettera di dimissioni consegnata a Zingaretti – ho fornito tutti i chiarimenti che mi sono stati richiesti ed ho dato ampia e utile collaborazione per una corretta ricostruzione dei fatti». Dimissioni rassegnate, ha aggiunto l’ex capo di gabinetto, per «permettere alla politica ed alla magistratura di fare il proprio lavoro senza condizionamenti reciproci, ed anzi in uno spirito di collaborazione che deve unire tutte le energie positive del nostro Paese».

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