Teatro, Teatro, Pamela Villoresi: "La mia Teresa D'Avila": "La mia Teresa D'Avila" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Teatro, Pamela Villoresi: “La mia Teresa D’Avila”

– «Lo spettacolo, che ha una gestazione lunga vent’anni, lo sto provando da ottobre, inframmezzato ai miei altri impegni, ed ha quindi avuto una maturazione lenta, quieta, intensa, che mi ha costretta pian piano a un rigore assoluto nel riproporre un percorso tanto alto e intimo come quello di Tersa d’Avila», spiega Pamela Villoresi alla vigilia del debutto di «Un castello nel cuore. Teresa d’Avila» nei panni della prima donna proclamata Dottore della Chiesa, martedì 31 nel Palazzo della Cancelleria a Roma, preceduto da una lettura oratoriale per i Carmelitani, al leggio, in S. Maria della Vittoria andata in scena ieri, giorno in cui cade il cinquecentenario della sua nascita. Il testo, che negli anni era stato chiesto a Mario Vargas Llosa, che si era tirato indietro, come poi Mario Luzi («Davanti a Teresa mi casca la penna di mano») e altri, compresa Alda Merini, che partorì una poesia, porta ora la firma di Michele Di Martino che «lo ha composto in versi in due anni, con l’aiuto del Movimento Ecclesiale Carmelitano, usando solo parole di Teresa, riassemblandole e rendendole più dirette, chiare, rispetto a certi suoi arzigogoli stilistici con cui forse lei cercava di essere meno accessibile a chi continuamente provava ad attaccarla», racconta sempre l’attrice, a proposito di questo lavoro ispirato a «Il castello interiore» di Santa Teresa, in sette parti, sette stanze, in ognuna delle quali vi sono ostacoli, ma assieme la chiave di quella successiva. Con Pamela Villoresi, in scena sono Fabrizio Checcacci e Alessia Spinelli che rappresentano vari personaggi nella vita della Santa e assieme cantano dal vivo le musiche sacre appositamente scritte da Luciano Vavolo, mentre la regia è di Maurizio Panici e l’impianto scenico di Carlo Bernardini, che «ha costruito una scenografia tutta di luce, di fibre ottiche, perchè il Castello dell’anima è un diamante, purissimo, assoluto» cui si aggiungono i disegni di Laura Riccioli che scorrono con l’elaborazione grafica visuale di Andrea Giansanti. «Lavoravo al Piccolo con Strehler ed eravamo in tournee a Madrid una ventina di anni fa – ricorda l’attrice – Nei giorni di riposo, affittavo un auto e andavo a vistare i dintorni. Quando capitai ad Avila con tutte quelle montagne attorno, le rocce rosse, le chiese romaniche rimasi affascinata, ma colpita innanzitutto dalla statua gigantesca di Santa Teresa, di cui allora non sapevo quasi nulla, piena di vigore e di energia e di grande solarità, molto diversa dalla solita iconografia cattolica legata ai santi. da allora ho cominciato a studiarla, a interessarmene, a approfondirne storia e pensiero pensando presto di volerne fare uno spettacolo». Teresa d’Avila lottò per una riforma rigorosa del Carmelo, dove le suore ricche avevano le povere a farle da serve e la preghiera era divenuta meccanica e senza senso, invece di quel colloquio a due, assoluto, fatto di ascolto nel silenzio, che li professò, andando serenamente incontro a persecuzioni, imprigionamento, due processi dell’Inquisizione, sino a quando la sua riforma venne accolta. Allora girò la Spagna costruendo decine di monasteri, femminili e maschili, sino al giorno della morte a Alba de Tormes (Salamanca) nel 1582. Canonizzata nel 1622, fu proclamata da Paolo VI nel 1970 Dottore della Chiesa. Quello di Santa Teresa è un itinerario affascinante anche per l’uomo contemporaneo, alla ricerca del sacro e dell’incontro con Dio nel quotidiano che lo circonda, spesso oscuro, ed illuminato solo da piccole epifanie fulminanti, sottolinea Di Martino, spiegando che si tratta di «una ricerca ancora più sentita e attuale in un tempo ‘liquidò come il nostro, che sembra negarci una visione di futuro, costringendoci ad un eterno presente, superficiale ed opprimente. Uno spettacolo che parla della bellezza e della Grazia, ma anche del lavoro e delle fatiche che portano alla consapevolezza di come il cuore umano sia abitato dal mistero stesso di Dio». Lo spettacolo è un progetto speciale del Teatro di Roma, inserito nel segmento «Tra cielo e terra – Sacro e profano nel teatro presente», programma di attività e spettacoli dedicato ai temi della spiritualità, della religione, del sacro.

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