Vaticano: mostra di sculture preziose, la fede che si fa memoria | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Vaticano: mostra di sculture preziose, la fede che si fa memoria

– Nello splendore di argento, bronzo, rame dorato e gemme colorate incastonate, tra croci, acquasantiere, calici e ostensori, la fede può farsi bellezza e memoria: è quanto accade nella mostra «Sculture preziose. Oreficeria sacra nel Lazio dal XIII al XVIII secolo», a cura di Anna Imponente e Benedetta Montevecchi, allestita in Vaticano, nel Braccio di Carlo Magno fino al 30 giugno. Perfetto emblema del cosiddetto «museo diffuso», che caratterizza il Lazio così come del resto tutto il territorio italiano, la mostra presenta circa 120 opere provenienti dalle cinque province della regione, ma anche da piccoli paesi e borghi: in una cavalcata storico-antropologico-religiosa lungo i secoli, i tesori esposti sono stati raccolti direttamente nelle sacrestie e nei musei diocesani e civici per testimoniare il risultato prodotto dal tardo medioevo al tardo barocco dalla committenza religiosa e laica in materia di arte «devozionale». Non è un caso che il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci l’abbia definita «una mostra a km zero», sottolineando l’importanza di rendere visibili «tanti capolavori che si trovano a poca distanza da Roma e che rivelano la bellezza presente in ogni piega del nostro territorio. Una bellezza gratuita che la Chiesa ha regalato al suo popolo». Realizzate con evidente maestria da grandi artefici, alcuni dei quali rimasti anonimi, queste opere hanno un impatto sullo sguardo di suggestione, ma anche di sorpresa: sono infatti oggetti abitualmente esposti solo in occasione di feste religiose e patronali, quando nella devozione dei fedeli sono accompagnati da corone di fiori e suono di bande di paese, e che appaiono come «estrapolati» dal loro contesto più «naturale». Ma grazie alla mostra raggiungono il cuore di Roma e il centro della cristianità: «Non sono soltanto suppellettili liturgiche ma vere opere d’arte ancora sconosciute che finalmente saranno diffuse», ha spiegato Anna Imponente, Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Lazio, esaltando la sinergia tra la Soprintendenza, i Musei Vaticani e i tanti studiosi partecipanti al progetto. «Questi oggetti nascondono un mondo – ha aggiunto Benedetta Montevecchi, che di fatto si è occupata della ricerca minuziosa nel territorio laziale -, per questo abbiamo allestito pannelli con immagini grandi delle opere per esaltare dettagli che potrebbero sfuggire a un occhio non allenato». Dalla statua di S. Ambrogio Martire di Ferentino al busto reliquiario di San Pietro Ispano, dal Battesimo di Cristo di Giovanni Ledus e Lorenzo Petroncelli fino alla statua di Santa Barbara proveniente da Rieti, tanti sono i gioielli esposti che sono stati strappati al rischio dell’oblio. Un rischio concreto, perchè queste opere restano lontane dal grande pubblico e spesso sono trascurate anche dalle istituzioni in quanto appartenenti alle cosiddette «arti minori». Questo patrimonio recuperato appare dunque sotto una nuova luce, finalmente oggetto di complesse ricerche storiche, agiografiche, artistiche, iconografiche ed etnologiche che tuttavia «rappresentano un punto di partenza per ulteriori studi – ha aggiunto Montevecchi – perchè c’è ancora molto da scoprire».

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