Terrorismo, l'Sos di Alemanno: "La metà dei centri di culto islamico è irregolare" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Terrorismo, l’Sos di Alemanno: “La metà dei centri di culto islamico è irregolare”

In vista del Giubileo e contro la minaccia dell’Isis l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno lancia, insieme al movimento da lui fondato ‘Prima l’Italià, l’Sos sui luoghi di culto islamici. Posti molto spesso «nascosti», «che sfuggono a qualsiasi controllo» ma soprattutto realtà dove «il fondamentalismo islamico può trovare terreno fertile per l’odio religioso». E il vecchio inquilino del Campidoglio propone di istituire un albo per regolamentarli. E non solo: gli annunci e i testi delle prediche devono essere tradotti in italiano. Il movimento ‘Prima l’Italià ha fatto una mappatura dei luoghi di culto della Città Eterna. E su 100 solo in 46 si fa attività religiosa: «uno su due sono irregolari» denunciano. «Spesso non si conoscono i titolari – spiega Gloria Pasquali del direttivo romano di Prima l’Italia – , non si hanno punti di riferimento e la lingua italiana risulta bandita da ogni forma di comunicazione, rendendo assolutamente criptici i messaggi diffusi durante le preghiere. È proprio in realtà di questo genere che il fondamentalismo islamico può trovare terreno fertile per promuovere la predicazione dell’odio religioso». In zona Esquilino, ad esempio si legge nel dossier, l’«immigrazione è sempre più fuori controllo»: sono stati ‘censitì almeno 8 luoghi di culto islamici, «camuffati dietro altrettante associazioni culturali islamiche». Nel V Municipio si registra la più alta concentrazione di luoghi di culto: ne sono stati censiti ben 14. «Poco tempo fa in via Prenestina – fanno notare da Prima l’Italia -, e vicino al Centro culturale di via Casilina Vecchia 6 sono state rinvenute delle scritte in arabo sui muri dei palazzi inneggianti il terrorismo islamico. Strade come via Macerata e via Ascoli Piceno, dove sono situate rispettivamente la ‘moscheà Mokki e la ‘moscheà e-Makki, sono ridotte a luoghi infrequentabili per i cittadini». Nella zona di Tor Pignattara si contano almeno 5 luoghi di culto islamici nel raggio di poche centinaia di metri (la maggior parte gestite da Bangladesh) mentre a Centocelle la moschea di Al-Huda, situata in via dei Frassini, «è stata più volte al centro della cronaca per la frequentazione di soggetti legati a frange radicali islamiche e, in più di un caso, a veri e propri terroristi». Nel VII Municipio, in zona Romanina, l’edificio che desta maggiore preoccupazione è la ‘moscheà di Salaam Palace: una vecchia università abbandonata e utilizzata come luogo di culto islamico. A Ostia, invece, l’ex colonia Vittorio Emanuele II (a pochi metri dall’Istituto culturale islamico), è occupata da decenni da un centinaio di immigrati «che bloccano l’ingresso agli sconosciuti, e vivono in condizioni igienico-sanitarie insostenibili». E l’ex sindaco Gianni Alemanno, ora consigliere comunale, ha presentato questa mattina in assemblea capitolina una delibera – subito sottoscritta da altri esponenti delle opposizioni in Campidoglio – per «l’istituzione di un albo obbligatorio delle associazioni o organizzazioni religiose che non hanno sottoscritto intese con lo Stato Italiano, che svolgono attività di culto nel territorio di Roma Capitale». La delibera prevede un censimento dei luoghi di culto e che questi «devono essere sottoposti a preventivi controlli igienico-sanitari, trovarsi ad una distanza minima di 500 metri da altri siti religiosi e rendere obbligatoriamente disponibili a tutta la cittadinanza le traduzioni in italiano degli annunci e dei testi utilizzati durante le predicazioni». «È chiaro che di fronte alle notizie che ci arrivano dal fronte terrorismo e Isis noi dobbiamo dare delle risposte che siano adeguate e mettere in campo strumenti contro il fondamentalismo – commenta Alemanno – C’è un vuoto normativo e il Comune di Roma deve fare un netto discrimine tra fondamentalismo e pratica religiosa».

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