Testaccio, al Macro la scena è per Josh Smith | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Testaccio, al Macro la scena è per Josh Smith

Opere su tela, cartone, legno, la serie Name Paintings, le astrazioni, i collage, pesci, palme, l’universo di suggestioni, rivisitazioni, emozioni del giovane artista americano Josh Smith è di scena da domani al 20 settembre nei monumentali padiglioni espositivi del Macro Testaccio. Una sorta di Barocco contemporaneo che spazia dall’impressionismo astratto alla Pop Art, in un allestimento denso e ridondante in cui si racconta la decennale carriera del prolifico pittore quarantenne alla sua prima personale in un museo italiano. ‘Josh Smith’, promossa dall’assessorato alla Cultura e al Turismo e dalla Sovrintendenza capitolina ai Beni culturali in collaborazione con la Galleria Massimo De Carlo di Milano, è stata curata da Ludovico Pratesi, che ha selezionato tra l’enorme produzione dell’artista le opere più significative per trasformare gli spazi del Macro «in un grande repertorio immaginifico» e trasmettere al pubblico un mondo di segni, colori, materiali attraverso i quali si esprime il linguaggio espressivo di Smith, e che poi sono gli Usa di oggi. La mostra è appunto concepita come un’antica quadreria, in cui sono riuniti un centinaio di dipinti dello stesso (grande) formato, che ricostruiscono la multiforme personalità dell’artista, attivo dal 2003. In questo omaggio all’opulenza e al fasto del barocco romano e al tempo stesso alla ricchezza del lavoro di Smith, ecco che si susseguono senza soluzione di continuità, le serie, i cicli, a volte intervallati da qualche pezzo unico che richiama altri temi a lui cari. Altresì numerose le tecniche adottate, dall’olio all’acrilico, dall’acquarello all’incisione, costruendo dei veri e propri assemblaggi di forme e colori, spesso ispirate ad immagini o a tematiche figurative. Quella di Josh Smith è una pittura che unisce l’energia cromatica e gestuale dei maestri dell’arte statunitense, da De Kooning a Guston fino a Schnabel o Basquiat, con uno studio profondo della storia dell’arte europea, intrisa di riferimenti a Paul Cezanne o Kurt Schwitters. Basti pensare alla serie più famosa, i ‘Name Paintings’, una riflessione sul rapporto tra autorialità e serialità che prende vita attraverso le speculazioni formali attorno ai caratteri che costituiscono il suo nome. E si mescolano nel percorso espositivo agli Abstract paitings , ai Collages e ai Palette Paintings, questi ultimi eseguiti con un procedimento legato alla pulizia dei pennelli. Si tratta di opere realizzate negli ultimi sei anni, dal 2009 al 2015 (di cui un importante nucleo inedito) che risentono di una tradizione astratta che ha origine negli anni ’80, in linea con artisti come Terry Winters, Albert Oehlen e Christopher Wool, tra i primi a spingere il gesto pittorico verso una produzione seriale. Inoltre gli Stage paintings, con la loro struttura minimalista si accompagnano a un centinaio di sgabelli da bar, suddivisi tra i due padiglioni, che permettono ai visitatori di sedersi per cogliere con più attenzione i dettagli dell’arte di Josh Smith. Nato nel 1976, Josh Smith ha iniziato a dipingere nel 2003 ottenendo subito larghi consensi. Numerose le mostre personali negli Stati Uniti e in Europa, culminate nel 2011 con la partecipazione alla Biennale di Venezia ‘Illuminazionì, invitato da Bice Curiger.

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