Mafia capitale, business dei migranti e tangenti: riflettori accesi su La Cascina | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale, business dei migranti ma La Cascina replica: “Non contestato il reato di associazione mafiosa”

Tangenti sulla pelle dei migranti: un euro per ognuno di loro ospitato nei Centri; un giro di mazzette che travolge la cooperativa La Cascina, da sempre considerata vicina a Comunione e Liberazione, sfiora l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta « e arriva fino al Viminale, dove gli indagati sostengono di aver »agganciato« il sottosegretario Domenico Manzione. La seconda fase dell’ inchiesta sul ‘mondo di mezzò apre un nuovo fronte d’indagine, relativo alla gestione dei Centri d’accoglienza per migranti. Al centro ci sono Luca Odevaine, l’uomo di collegamento tra Mafia capitale e le istituzioni, che sedeva al Tavolo di coordinamento sull’immigrazione istituito al Viminale, ed i manager de La Cascina Domenico Cammissa, Salvatore Menolascina, Carmelo Parabita e Francesco Ferrara. Sono loro, tutti ai domiciliari tranne Ferrara per il quale il Gip ha disposto il carcere, che avrebbero promesso uno ‘stipendio fissò da 10mila euro al mese, poi raddoppiato a 20mila a Odevaine, »per lo stabile asservimento della sua funzione di pubblico ufficiale« agli interessi della cooperativa. E Odevaine non si sarebbe tirato indietro: avrebbe orientato le scelte del Tavolo in modo da indirizzare i migranti nelle strutture gestite da La Cascina, fatto pressioni per far aprire i Centri nei luoghi graditi alla cooperativa e concordato con i manager il contenuto degli stessi bandi di gara. Stando a quel Tavolo, è lui stesso a dirlo, »sono in grado un pò di orientare i flussi (di migranti, ndr) che arrivano da giù…« e dirottarli dove serve. »Il mio ruolo – dice ancora – è quello di collegamento con il ministero… soprattutto per trovare poi la possibilità di implementare il lavoro«. Ed è forse in quest’ottica che racconta a Buzzi, il ras delle cooperative, di aver »agganciato« il sottosegretario Manzione. »Ieri però c’ho litigato – prosegue – nel senso che c’ho discusso un pò perchè…cioè… come al solito… si siedono intorno al tavolo gente che non sa di che parla«. Gli investigatori hanno documentato »con certezza« almeno cinque episodi del passaggio delle tangenti dalle mani degli esponenti della Cascina a Odevaine, l’ultimo il 6 ottobre scorso quando l’uomo riceve una mazzetta da 15 mila euro che Parabita gli consegna nella sua abitazione. »Questa volta, una volta nella vita – dice Odevaine in una delle tante conversazioni intercettate – vorrei… quantomeno… non regalare le cose, insomma … almeno io da questa roba qua… visto anche che sto finendo di lavorare in Provincia e quant’altro almeno ce vorrei guadagnà uno stipendio pure pe me«. Un guadagno che, in una telefonata con il suo commercialista Stefano Bravo, Odevaine quantifica in 50 mila euro: »«ti spiego l’accordo con La Cascina per i prossimi tre…sono accordi che riguardano circa 50mila euro al mese…in teoria io me ne posso andà al mare». Il Centro su cui Odevaine sembra avere il controllo totale è quello di Mineo. «Il bando – afferma ridendo riferendosi alla gara per l’appalto – diciamo che è abbastanza blindato… insomma…non…sarà difficile che possa aggiudicarselo qualcun altro…è quasi impossibile». Ma Odevaine chiama in causa anche Gianni Letta che, quando si decise di aprire il Cara, «fece un piacere a Pizzarotti… dandogli un sacco di soldi…gli pagavano più di 6 milioni l’anno di affitto». La gestione, inoltre, fu affidata «alla Croce rossa direttamente, senza gara senza niente» anche se «costava il doppio di qualunque altro centro in Italia»: 90 euro invece che 45 euro a migrante. Questo perchè, è la sua tesi, nella Cri «c’è la moglie de Letta». In realtà, annotano gli investigatori, Odevaine fa probabilmente riferimento a Maria Teresa Letta, sorella di Gianni Letta e vice presidente della Cri. «Non so di che parlino Odevaine e il suo commercialista – dice Letta – non conosco nè l’uno nè l’altro, non mi sono mai interessato del centro di Mineo, una vicenda che non è stata mai seguita da me ma da altri». È l’allora capo della protezione civile Franco Gabrielli a volerci vedere chiaro. «Gabrielli mi dice ‘prenditi ste carte…guarda un attimo perchè secondo me sta cosa costa sproposito…fatti i conti perchè in caso lo chiudiamo». E si arriva così alla gara d’appalto vinta, tra gli altri, da La Cascina. Dalla quale arriveranno, secondo l’accusa, le mazzette. Raccontando la vicenda di Mineo Odevaine parla anche di Alfano e del suo partito, sostenendo che «Comunione e liberazione lo appoggia… stanno finanziando…sono tra i principali finanziatori» del partito. «Mai avuto finanziamenti da Cl» replica Ncd. Dopo Mineo l’attenzione si sposta su San Giuliano di Puglia. Anche in questo caso Odevaine si mette a disposizione de La Cascina, «concordando una ulteriore retribuzione». Di cui però non parla «per scaramanzia»: «aspettiamo la gara e su quella ci danno un utile punto e basta…». Comunque, «se sono mille e io ti chiedo 2 euro è il minimo proprio che te posso chiede, comunque so 60mila euro al mese no? senza lavorarci eh?». L’unica sua preoccupazione sembra essere il fatto che i manager della Cascina hanno timore che venga scoperto il giro di tangenti. «Non me pagano, non pagano non so più fare – sbotta – Non sanno come darmeli non vogliono non accettano nessuna soluzione che gli ho prospettato sono tutti paranoici perchè c’hanno paura di tutto, perchè non vogliono neanche lontanamente possa risultà qualche collegamento tra me e loro».

«La cooperativa La Cascina ritiene di dover evidenziare che i provvedimenti che hanno interessato alcuni propri dirigenti non riguardano in alcun modo reati di mafia». Lo afferma, in una nota, il presidente del Consiglio di amministrazione, Giorgio Federici. Proprio oggi uno dei dirigenti della cooperativa, difeso dall’avvocato Massimo Biffa, sarà interrogato a Regina Coeli. «Nessuno dei soggetti coinvolti – ha ribadito Federici – è accusato di aver tenuto comportamenti mafiosi. Il fulcro degli addebiti mossi nei confronti de La Cascina riguarda il centro di accoglienza dei richiedenti asilo (Cara) Di Mineo, sito nei pressi di Catania. A tale riguardo è ferma convinzione della cooperativa che le procedure di affidamento si siano svolte nel pieno rispetto della normativa vigente e conformemente ai criteri di evidenza pubblica». Federici sottolinea che «le autorità coinvolte nelle procedure e nella valutazione dei servizi erogati hanno, nel tempo, confermato la legittimità amministrativa delle gare e l’eccellenza delle prestazioni rese. L’avvocatura dello Stato, l’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici (Avcp) hanno evidenziato la coerenza dei percorsi amministrativi con la normativa di settore». «Da ultimo – spiega ancora Federici – il 2 aprile scorso Anne Brasseur, nella sua qualità di presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, la terza carica del Parlamento Ue, recandosi presso il Cara di Mineo nel rilevare la sua impressione sulla gestione del centro, ha dichiarato: ‘Sono rimasta particolarmente colpita dall’umanità con la quale vengono offerti i servizi agli ospiti, in particolare istruzione, assistenza sanitaria e psicologica alle donne e bambine e soprattutto dalla vivibilità che hanno all’interno di un centro con oltre temila ospiti». Federici conclude confidando che «l’autorità giudiziaria faccia chiarezza sulle contestazioni nella convinzione che ciascuno dei dirigenti della cooperativa abbia operato nel pieno rispetto delle norme; questo per la tutela dei clienti e delle istituzioni che quotidianamente esprimono la propria fiducia nell’operato de La Cascina in tutta Italia».

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