Mafia capitale parte seconda: nuova valanga su Roma. Il Pd sotto attacco fa quadrato. Renzi: "Chi ruba paghi" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale parte II: nuova valanga su Roma, Pd sotto attacco. Iniziati gli interrogatori di garanzia

Tra gli arrestati il consigliere regionale Luca Gramazio, l'ex assessore capitolino Daniele Ozzimo, l'ex presidente del consiglio comunale Mirko Coratti, gli eletti in Campidoglio Pierpaolo Pedetti e Giordano Tredicine (ai domiciliari) . Indagato anche Visconti

Prima tornata di interrogatori di garanzia per i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare emesse nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta Mafia Capitale. Oggi saranno sentiti dal gip Flavia Costantini tutti coloro che sono stati reclusi a Regina Coeli: tra questi Mirko Coratti, già presidente dell’Assemblea Comunale; Francesco Ferrara, dirigente della cooperativa «La Cascina»; il dirigente comunale Angelo Scossafava e l’ex assessore della giunta Marino, Daniele Ozzimo. Domani sarà la volta di tutti gli indagati condotti ieri nel carcere di Rebibbia.

C’è anche Marco Visconti, ex assessore all’Ambiente della giunta guidata da Gianni Alemanno. E nuovo provvedimento per Maurizio Venafro, ormai ex capo di gabinetto del governatore Zingaretti che si era già dimesso tre mesi fa dopo aver appreso di essere indagato dalla Procura di Roma “in un’inchiesta relativa ad una gara d’appalto della Regione”. E Calogero Salvatore Nucera, ex capo segreteria di Francesco D’Ausilio quando era capogruppo del Pd in consiglio comunale. C’è Patrizia Cologgi, ex capo del dipartimento della protezione civile comunale. Sono questi alcuni dei nomi dei ventuno indagati della seconda tranche di Mafia Capitale che ha portato ieri all’arresto di 44 persone. Mafia Capitale atto secondo. Un secondo terremoto politico-giudiziario scuote la Capitale dopo quello dello scorso dicembre: 44 gli arresti eseguiti dai carabinieri del Ros tra Roma, Rieti, Frosinone, L’Aquila, Catania ed Enna. Manette bipartisan che scuotono ancora una volta Campidoglio e Regione e tracciano un quadro di un mondo politico romano al servizio del clan di Carminati piuttosto che della «cosa pubblica». Sullo sfondo di questo sviluppo dell’inchiesta «Mondo di Mezzo» il business agli immigrati. Nell’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip Flavia Costantini su richiesta della procura distrettuale antimafia di Roma, vengono ipotizzati i reati di associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori ed altro. Tra gli arrestati il consigliere regionale Luca Gramazio. È accusato di partecipazione all’associazione mafiosa capeggiata da Massimo Carminati, che avrebbe favorito sfruttando la sua carica politica: prima di capogruppo Pdl al Consiglio di Roma Capitale ed in seguito quale capogruppo Pdl (poi FI) presso il Consiglio Regionale. In manette anche l’ex presidente del Consiglio Comunale di Roma Mirko Coratti (Pd) e l’ex assessore alla Casa del Campidoglio Daniele Ozzimo (Pd). Ordinanze di custodia anche per i consiglieri comunali Giordano Tredicine (FI) e Massimo Caprari (Centro Democratico), per l’ex direttore del Dipartimento Politiche sociali di Roma Capitale Angelo Scozzafava, nonchè per Andrea Tassone, ex presidente del Municipio di Ostia, territorio considerato ad alta infiltrazione mafiosa. Ai domiciliari i manager della cooperativa «La Cascina» Domenico Cammissa, Salvatore Menolascina, Carmelo Parabita, mentre Francesco Ferrara è finito a Regina Coeli. La sede della cooperativa, vicina al mondo cattolico, (gestisce tra l’altro il Cara di Mineo, in Sicilia) è stata perquisita dai militari dell’Arma. Arresti domiciliari anche per l’imprenditore Daniele Pulcini. Tra le 21 perquisizioni anche una nell’abitazione dell’ex capo di gabinetto di Nicola Zingaretti, Maurizio Venafro, indagato per tentativo di turbativa d’asta relativamente all’appalto, poi sospeso, sul Cup della Regione Lazio. Venafro nel marzo scorso, dopo avere appreso di essere indagato, si è dimesso. Gli accertamenti – è detto nell’ordinanza di 450 pagine – oltre a confermare la «centralità, nelle complessive dinamiche dell’organizzazione mafiosa diretta da Massimo Carminati» evidenziano come Salvatore Buzzi sia «riferimento di una rete di cooperative sociali che si sono assicurate, nel tempo, mediante pratiche corruttive e rapporti collusivi, numerosi appalti e finanziamenti della Regione Lazio, del Comune di Roma e delle aziende municipalizzate». Come lo spiega lo stesso in un’intercettazione: «La mucca deve mangiare» per essere «munta». Nelle carte ancora il nome di Luca Odevaine, già detenuto e considerato al centro di un «articolato meccanismo corruttivo» in qualità di appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per i richiedenti asilo: «Se me dai…me dai cento persone facciamo un euro a persona» spiegava ai manager della cooperativa La Cascina, interessati alla gestione dei Centri per gli immigrati. Quanto a Luca Gramazio l’accusa è di aver svolto un ruolo di collegamento tra l’organizzazione, la politica e le istituzioni, ponendo al servizio della stessa il suo ‘munus publicum’ e il suo ruolo politico. E nelle carte si ritrova ancora il nome di Gianni Alemanno. Per le elezioni al Parlamento europeo del maggio 2014, l’ex sindaco, secondo l’accusa, chiese appoggio a Salvatore Buzzi. Quest’ultimo si sarebbe mosso per ottenere il sostegno alla candidatura anche con gli uomini della cosca ‘ndranghetista dei Mancuso di Limbadi.

Un baluardo della legalità, a partire dalle giunte Marino e Zingaretti. È una difesa netta, chiara, quella che il Pd mette in campo dopo la nuova ondata di arresti nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale. Un’inchiesta che, pur colpendo la politica di destra e di sinistra, fa salire sulle barricate tutte le opposizioni contro Dem e governo. E coinvolge, in base ad alcune intercettazioni, anche Angelino Alfano suscitando la reazione rabbiosa di Ncd che nega qualsiasi collegamento. Mentre il presidente del Consiglio annuncia che non devono essere fatti sconti ai colpevoli. Dal movimento M5S alla Lega, fino a FI, è un coro unanime che si leva nella richiesta di dimissioni del sindaco di Roma e del presidente della Regione Lazio. Renzi, nel corso dell’ incontro con la presidente del Cile, Michelle Bachelet, ribadisce un concetto a lui caro: «è giusto che chi ha violato la regole del gioco paghi tutto, fino all’ultimo giorno e fino all’ultimo centesimo». Concetto che il premier aveva ribadito già nel corso della campagna per le Regionali, dove era il capitolo degli impresentabili a tener banco. «Un Paese solido combatte la corruzione, come sta avvenendo in Italia, con grande decisione e forza mandando chi ruba in galera», afferma oggi Renzi, replicando indirettamente a chi, come il 5S Alessandro Di Battista abbina il Pd alle «arance». E Matteo Orfini, presidente dei Dem nominato commissario straordinario del partito romano proprio dopo lo scandalo Mafia Capitale, nel pomeriggio convoca una conferenza stampa per fugare ogni dubbio sul sostegno del Nazareno a Ignazio Marino e Nicola Zingaretti. «Il Pd è il partito anti-Mafia Capitale, l’unico che sta agendo», sottolinea al termine di un vertice al Nazareno con i vicesegretari Guerini e Serracchiani, annunciando tra l’altro che tutti i consiglieri coinvolti saranno sospesi. Quanto al ritorno alle urne, Orfini è netto. «Non ci sono le condizioni» per lo scioglimento per mafia del comune di Roma, scandisce, rispondendo punto per punto alle accuse del M5S, di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni: «Marino e Zingaretti sono stati un baluardo contro il malaffare e quello che sta emergendo è anche dovuto alle loro denunce». Il tema, tuttavia, c’è e va ben oltre i confini del Lazio. «Tra gli arresti ci sono diversi esponenti del Pd e di altre forze politiche, salvo il M5S, che ne esce ancora una volta pulito», tuona il blog di Beppe Grillo mentre il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, chiede le dimissioni dello stesso Orfini e affonda: «A Renzi dico che è finita l’epoca del ‘io non c’erò. Dicono sempre che le colpe sono di quelli di prima ma in questa classe dirigente ci sono tanti indagati». E mentre anche FI, al termine di un vertice dello stato maggiore del partito, chiede un passo indietro a Marino e Zingaretti, il vento delle polemiche divide le opposizioni stesse, con il M5S che accusa il Carroccio: «La Lega è alleato ai principali protagonisti di Mafia Capitale e le politiche di governo Lega-FI hanno finanziato con decine di milioni di euro il vergognoso business della gestione dei campi nomadi di Roma e dei centri migranti». È un tutti contro tutti, insomma, quello scatenato dalla seconda retata di oggi, con 44 persone fermate. Uno scandalo che, in un’intercettazione inserita nell’ordinanza del gip relativa all’inchiesta, vede Luca Odevaine soffermarsi su un presunto appoggio, anche finanziario, di Cl a Ncd: «Castiglione si è avvicinato molto a Comunione e Liberazione, insieme ad Alfano e adesso loro …,Cl, di fatto sostengono strutturalmente tutta questa roba di Alfano», afferma Odevaine. Parole alle quali Ncd, in una nota ufficiale, replica con nettezza: «Non abbiamo il piacere di conoscere Odevaine, ma sappiamo benissimo che Cl non ha mai finanziato il nostro partito». E, sottolinea la stessa nota mascherando l’imbarazzo degli alfaniani, i finanziamenti ricevuti «sono soltanto quelli consentiti dalla legge», per un partito che «è il solo, in Parlamento, a non usufruire di un euro di finanziamento pubblico».  N

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