Omicida e dirottatore Porcari: "Voglio vedere mia figlia" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Omicida e dirottatore Porcari: “Voglio vedere mia figlia”

«Non volevo scappare e non mi sono nascosto, dovevo solo vedere delle persone importantissime a Viterbo e poi la barca di un amico. Ora desidero soltanto incontrare mia figlia e sono disposto a tutto per farlo»: dall’albergo di Terni dove risiede al momento, Luciano Porcari, il settantacinquenne di Orvieto uscito a fine maggio dal carcere dopo 21 anni di detenzione per l’uccisione dell’ex compagna Roberta Zanetti, avvenuto nel 1994, spiega così le ragioni della sua breve fuga avvenuta tra martedì e mercoledì scorsi. L’uomo, in libertà vigilata e sottoposto alla sorveglianza speciale, aveva fatto perdere le sue tracce ed è stato poi bloccato mercoledì dai carabinieri a Bolsena. Qui, spiega, aveva intenzione «di acquistare una barca e prendere la residenza». «Ho ancora tre anni di libertà vigilata – racconta – non posso passarli in albergo. Ho telefonato in questura tre volte annunciando che sarei andato via, perchè quando prendo una decisione avverto sempre». Secondo Porcari (che nel 1977 è stato anche protagonista di uno dei più lunghi dirottamenti aerei della storia) la vicenda degli ultimi giorni è comunque «servita, perchè – dice – ho messo in moto i parenti, la polizia, i carabinieri, la magistratura, tutti si stanno dando da fare». L’unico obiettivo del 75enne, ora, è infatti quello di incontrare la figlia ventiquattrenne, avuta dalla Zanetti, che dal momento dell’omicidio non ha più visto. «Mia figlia – continua Porcari – ha tutto il diritto di odiarmi, quando uno sbaglia si deve assumere le proprie responsabilità, ma io non cambio idea: voglio vederla almeno una volta, deve essere lei a dirmelo. Ho chiesto scusa, mi dispiace, che cosa devo dire di più? Comunque sono quasi sicuro che la cosa si risolverà nei prossimi giorni, altrimenti metterò in moto il mio piano B, ma senza fare male a nessuno». Porcari assicura che non ha intenzione di prendere con sè la figlia «perchè – osserva – portarla via dai nonni materni sarebbe l’errore più grosso della mia vita, dopo aver ucciso sua madre». Per l’anziano, che racconta di aver combattuto la guerra in Africa per 26 anni, di aver lavorato per i servizi segreti, parlando sei lingue, e di aver avuto cinque figli da tre donne diverse, oltre a due adottati, «l’unica soluzione sarebbe quella di poter tornare in Africa. Ma me ne andrei – conclude – solo dopo aver visto mia figlia, almeno una volta. Poi basta».

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