Le mani di Mafia capitale sul restauro dell'aula Giulio Cesare. Badge e touch screen, l'inaugurazione con Napolitano | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Le mani di Mafia capitale sul restauro dell’aula Giulio Cesare. Badge e touch screen, l’inaugurazione con Napolitano

Hanno truccato anche l’appalto per i nuovi scranni su cui siedono i consiglieri di Roma, nell’Aula dove si riunisce il Consiglio comunale della capitale d’Italia. Il nuovo filone d’indagine della Guardia di Finanza sul ‘mondo di mezzò porta dritto alla sala Giulio Cesare, il cuore del Campidoglio, e si intreccia a doppio filo con l’inchiesta madre che sta facendo tabula rasa della politica romana. A finire in manette, stavolta, sono il responsabile della direzione tecnico territoriale della Sovrintendenza ai beni culturali di Roma Maurizio Anastasi, l’imprenditore Fabrizio Amore e tre rappresentanti legali di altrettante società. E proprio Amore è il collegamento tra la nuova e la vecchia inchiesta: l’imprenditore, infatti, è stato perquisito solo pochi giorni fa nell’ambito della seconda fase di Mafia Capitale perchè accusato, in qualità di responsabile di fatto della cooperativa ‘Progetto Recuperò, di aver turbato la gara per l’accoglienza di 580 persone, in concorso con i soliti noti: il ras delle cooperative Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. All’accusa di turbata libertà degli incanti, si è aggiunta stavolta anche l’associazione a delinquere: secondo gli inquirenti Amore è «senza dubbio l’organizzatore e il promotore» di un’associazione che, attraverso l’emissione di fatture false da parte di alcune società a loro volta controllate da imprese con sede in Lussemburgo, ha evaso oltre 11 milioni. E proprio indagando su una di queste società – la Trevi iniziative immobiliari Srl – i finanzieri hanno scoperto l’appalto truccato relativo alla Sala Giulio Cesare. La gara in questione risale al luglio 2010, quando al Campidoglio siede il sindaco Alemanno, ed è Anastasi a sostenere la necessità di procedere con la massima urgenza: il 19 settembre, infatti, sarebbe arrivato in visita il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ecco quindi che bisogna procedere con la massima velocità alla messa in sicurezza del tetto dell’Aula, restaurare la volta, le pareti e il mosaico romano, rifare l’impianto elettrico e sostituiti gli scranni, dotare l’aula di nuove strutture elettriche per rispondere alle nuove tecnologie. Vista l’urgenza, Anastasi suggerisce di affidare i lavori tramite una gara a trattativa privata proponendo i nomi di 5 imprese. Peccato che tre di queste, dice la Gdf, sono riconducibili ad Amore. Così quando arrivano le offerte – quattro, il 29 luglio – 3 sono proprio delle società dell’imprenditore, che si aggiudica l’appalto. L’importo, dopo una serie di varianti in corso d’opera, arriva a 1,2 milioni. Che l’appalto fosse ‘pilotatò a favore di Amore, i finanzieri lo capiscono con certezza quando vanno a perquisire la sede di un’altra società, la ‘Ediscò, che ha realizzato in subappalto dalla Trevi immobiliare le opere impiantistiche: tre giorni prima dell’apertura delle buste – il 26 luglio – l’impresa aveva sottoscritto un contratto con la Trevi per 349mila euro e il 27 versa sul proprio conto un acconto di 84mila euro ricevuto dalla stessa Trevi. «L’indagato – scrive il Gip – era certo dell’aggiudicazione ad una delle sue società già alla data di conclusione dei contratti». E per questo «non può ragionevolmente sostenersi che la posizione di evidente favore goduta da Amore sia stata puramente casuale, apparendo invece frutto di una ben precisa scelta finalizzata ad agevolare l’imprenditore scelto ab origine come il soggetto che avrebbe dovuto aggiudicarsi l’appalto». Una scelta compiuta da Anastasi che «ha manifestato un assoluto dispregio per la pubblica funzione svolta, unitamente ad una notevole spregiudicatezza e noncuranza per le regole». Il rapporto tra i due, tra l’altro, è «ampiamente consolidato» alla data dell’appalto visto che, dicono investigatori ed inquirenti, le società di Amore già lavorano con il Comune da diversi ani e dunque i suoi funzionari non potevano non sapere che erano riconducibili allo stesso soggetto. Basti pensare che, annota la Gdf, le imprese hanno lavorato ad esempio per l’adeguamento degli uffici del IV Municipio, di una scuola elementare, ma anche di «abitazioni, uffici e mercati di proprietà del Comune». C’è anche un’intercettazione del 2012 – due anni dopo l’appalto – che dimostra secondo il Gip quando fosse «chiara ed esplicita» tra i due la questione relativa a pratiche o gare in atto. «E allora sembra che la montagna abbia partorito il topolino…? Dice Amore. E Anastasi. »a che ti riferisci? ci sono tanti topolini«. »Sembra che abbiano sblocca quella cosa là«, aggiunge l’imprenditore. Il funzionario chiosa: »si…c’ho altre cose che si stanno sbloccando…le liste già ce l’avemo pronte«. La cinquecentesca Aula Giulio Cesare in Campidoglio, che ha visto insediarsi tutti i sindaci di Roma, proclamare le illustri cittadinanze, commemorare i suoi concittadini più famosi, uno su tutti Alberto Sordi, ed omaggiare ospiti stranieri, dal Dalai Lama, passando per Meryl Streep fino a Ingrid Betancourt, nella sua nuova veste fu inaugurata nel 2010. Un battesimo solenne a cui presenziò anche l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per volontà del sindaco in carica Gianni Alemanno. E proprio questi lavori di ristrutturazione sono ora sotto accusa da parte della Guardia di Finanza che oggi ha arrestato sei persone. All’ombra dell’imponente statua di Giulio Cesare, all’ inaugurazione della nuova Aula con touch screen e badge per votare e nuovi scranni, il 20 settembre del 2010, in cui si celebravano i 140 anni dalla breccia di Porta Pia, sedettero molti esponenti dell’allora governo e fu anche conferita al presidente della Repubblica la cittadinanza onoraria. C’erano il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, il ministro delle Politiche comunitarie, Andrea Ronchi, il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni. Presenti anche l’allora presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, e l’allora presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti. In aula anche i predecessori di Alemanno alla guida della capitale, Walter Veltroni e Francesco Rutelli. Quell’Aula, che si fregia di un pavimento mosaico proveniente da Ostia, che ha visto consiglieri in grado di fare anche 20 ore di fila di ostruzionismo come Teodoro Buontempo e che è stata testimone del brillante eloquio di Michele Marchio o di Enzo Forcella, delle storiche battaglie di Antonio Cederna per l’Appia Antica ed per il patrimonio storico, delle lotte contro il pregiudizio nei confronti dei malati di Aids dell’immunologo Ferdinando Aiuti: ora quest’aula, dove hanno seduto sindaci come Argan e Petroselli, è entrata come vittima nella storia marcia di Mafia Capitale.

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