Accampamento sgomberato a Tiburtina, immigrati in fuga | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Accampamento sgomberato a Tiburtina, immigrati in fuga

– Gli agenti di polizia li hanno sgomberati ed identificati. Dopo di loro sono passati i mezzi dell’Ama per raccogliere quei cartoni che fino a ieri sera servivano da giaciglio per la notte. Momenti di tensione oggi pomeriggio a largo Guido Mazzoni, a pochi passi dalla stazione Tiburtina di Roma, dove da giorni un centinaio di immigrati, per la maggioranza nordafricani, si era accampata in cerca di un riparo. Alcuni di loro provengono dai barconi che approdano nel Sud Italia, soprattutto etiopi ed eritrei, scampati alla fame e alle guerre, altri vengono dai centri di accoglienza che hanno poi deciso di abbandonare, altri ancora sono gli sgomberati di alcuni campi abusivi della Capitale. Tutti sono stati sgomberati dalla polizia, che ha identificato 18 eritrei portati all’ufficio immigrazione. Per giorni hanno atteso un pullman che li portasse via, verso una nuova vita: in Germania, Austria, o comunque nel Nord Europa, fanno capire. Oggi, invece, davanti a loro si è presentato solo un autobus, quello della polizia. Molti hanno seguito le forze dell’ordine, altri, invece, hanno preferito darsi alla fuga. Molti ancora sono stati fermati e bloccati a terra, durante fasi molto concitate dell’identificazione prima e dello sgombero poi. Negli ultimi giorni la Croce Rossa Italiana, con un medico, infermieri e mediatori culturali, e un camper ormai fisso, ha provveduto a dare loro i pasti e ad assisterli da un punto di vista sanitario, grazie anche ai farmaci forniti dalla Asl RmA. «Queste persone – spiegano dalla Croce Rossa – presentano malattie dermatologiche, hanno ustioni provocate dalla nafta dei barconi o ferite da arma da fuoco non curate. Qui proseguiamo anche le terapie iniziate dopo gli sbarchi. Abbiamo circa 60 pazienti al giorno». Il quartiere si è diviso in due, tra chi ha provato ad aiutare gli immigrati, con una bottiglia d’acqua, qualche spiccio e magari un pasto, e chi, invece, ha manifestato la propria intolleranza per l’accampamento. Loro, gli invisibili, hanno resistito per giorni «sognando» un futuro migliore. Ora sotto quel ponte, tra l’asfalto rovente e i piloni di cemento non restano più neanche i cartoni.

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