Roma pride, sfila l'orgoglio gay: "Adesso diritti per tutti" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Roma pride, sfila l’orgoglio gay: “Adesso diritti per tutti”

Ci sono le coppie omosessuali con i veli da sposa che chiedono al governo «matrimonio e diritti», il cast esplosivo ed esagerato del Muccassassina e del Gay Village, le drag queen con ali di piume, i ‘bear’ con il loro carro con tanto di pelose orecchie d’orso, i Gorillas e i loro caschi di banane. Ma ci sono anche le istituzioni, con il sindaco Ignazio Marino in testa al corteo dietro lo striscione del Campidoglio, che dalla Stazione Termini a piazza Venezia, fascia tricolore e spilletta con il cuore rosso e l«ugualè, ha guidato il corteo lungo tutto il percorso. Sono stati 250 mila secondo gli organizzatori (poi ‘raddoppiatì a 500 mila nell’entusiasmo di fine giornata) i partecipanti al Roma Pride 2015, la coloratissima festa per i diritti degli omosessuali che nel pomeriggio ha animato la Capitale. Un unico serpentone arcobaleno che però, dietro l’allegria, ha lanciato un messaggio chiaro verso Palazzo Chigi: Matteo Renzi scelga, il messaggio dello striscione del circolo Mario Mieli con il volto del premier, se andare nel ‘verso sbagliatò, cioè nel gruppo dei Paesi più restii a concedere diritti al mondo gay, o nel ‘verso giustò cioè nella direzione battuta, per esempio, dall’Inghilterra o recentemente dall’Irlanda, rappresentate in piazza da alcune delegazioni. Marino, oggi, sa di essere il benvenuto dopo l’istituzione del registro delle unioni civili e il ‘celebration day’ di qualche settimana fa, e lo rivendica con orgoglio: »Rispetto all’anno scorso – dice – siamo qua per festeggiare. Roma, la città dell’accoglienza, la città che crede nell’amore, ha fatto delle promesse e le ha mantenute tutte. A Roma l’amore conta«. A pungolare direttamente il governo, e con veemenza, ci pensa il leader di Sel Nichi Vendola: »I diritti non si possono dare col contagocce, briciole, frammenti di diritti – afferma – In Italia stiamo parlando di qualcosa che andava bene 30 anni fa. È il Paese dei sepolcri imbiancati. Io voglio diritti interi ed eguali, non l’unione civile senza diritti ma poter fare famiglia«. È quello che vuole, senza distinzioni, il popolo del Roma Pride, che sfila con le bandiere arcobaleno, i palloncini e le ghirlande multicolore, ma anche con toghe da antichi romani, completi di pelle e paillettes. Ci sono coppie giovani e meno giovani, corpi statuari e capelli bianchi, bambini, famiglie che rivendicano una normalità spesso negata (‘sono trans e sono la tua vicina di casà si legge su un cartello), ci sono giovanissimi mano nella mano. Fa caldo, ma c’è un’autobotte Acea con un graditissimo vaporizzatore d’acqua mentre dai camion, a tutto volume, sale la musica dance, le sigle dei cartoni, i classici di Raffaella Carrà e Renato Zero ma anche qualche coro contro i politici ritenuti più severi nei confronti del mondo lgbt, come Giovanardi o la Binetti. Ma non mancano i politici accolti con un sorriso: c’è molta Sel, dal vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio a Gianluca Peciola e Marta Bonafoni, c’è il vicesindaco Luigi Nieri. Per il Pd, oltre a tanti amministratori locali, c’è il presidente Matteo Orfini con la figlia piccola in collo: »È giusto che il Pd e il sindaco siano qui – dice – È una bellissima giornata«. Il corteo si snoda, lunghissimo, tra le vie dell’Esquilino, poi sfiora la ‘gay street’ e il Colosseo. Parte un coro ‘matrimonio, matrimoniò. Il sindaco e i suoi assessori saltano e ballano al ritmo della musica. Da Colle Oppio si affacciano gruppi di scout cattolici. Hanno partecipato stamattina all’incontro con il papa, guardano incuriositi. Sono in tanti, dal corteo, a salutarli con la mano. Loro sorridono, e ricambiano il saluto.

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