Marino resiste nel suo Fort Apache, è l'ultima chiamata | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Marino resiste nel suo Fort Apache, è l’ultima chiamata

– Sempre più solo Ignazio Marino, arroccato nel suo personalissimo Fort Apache vista Fori, sfida l’ennesimo giorno nero del suo accidentato mandato. Questa volta gli tocca fronteggiare un fuoco diciamo amico, le parole come pietre del premier Renzi che paventa un voto anticipato a Roma, «forse nel 2016», e in serata precisa a scanso di equivoci: «Marino è una brava persona ma governi se sa farlo se no tutti a casa». Insomma l’onestà e la legalità, che da quando si è aperta l’emorragia Mafia Capitale il sindaco «marziano» sbandiera come credits del suo curriculum amministrativo, non bastano più. Bisogna, per dirla come un determinatissimo Renzi post ballottaggi, che l’amministrazione «pulisca le strade, metta a posto buche e affronti le emergenze». Marino ufficialmente tace e soprattutto resiste, resiste, resiste circondato dai fedelissimi di sempre, come Alessandra Cattoi ora assessore, e di nuova data, come l’assessore Alfonso Sabella, imprimatur di legalità in un’amministrazione squassata dall’inchiesta monstre sulla Mafia romana. Marino tace, come sempre quando si addensano le nubi. Ma visto che oggi grandina si lascia andare ad un eloquente: «noi pensiamo al futuro della città che cammina e va avanti». Come a dire: «non mi dimetto e tiro dritto». Tira dritto da sempre Marino. All’indomani della rivolta a Tor Sapienza, quando un quartiere si rivoltò contro migranti e rifugiati; dopo la prima ondata di Mafia Capitale che gli tolse il presidente d’Aula Coratti e l’assessore Ozzimo e dopo la seconda, recente mareggiata che ha portato via consiglieri anche di maggioranza. Tira dritto davanti al mal di pancia dei romani che vedono la città assediata da buche, parchi incolti, spazzatura, bus che vanno a fuoco. Resiste alle manifestazioni sotto le sue finestre targate M5S, ad ‘Aventinì da parte delle opposizioni (il gruppo di Alfio Marchini si è autosospeso), ad alleati riottosi come Sel che neanche troppo di nascosto si stanno interrogando su quanto sia il caso di rimanere in maggioranza. Per tacere della ghigliottina del responso sul destino del Campidoglio che il prefetto Franco Gabrielli dovrà decidere entro 45 giorni dopo avere letto il report degli ispettori sulle supposte infiltrazioni criminali sul colle capitolino. Anche se, ha assicurato Renzi, «l’ipotesi commissariamento non esiste». E questo però per salvare Roma più che Marino. Il sindaco oggi si è dedicato ad uno dei suoi temi più cari, la cultura. Ha lasciato parlare i suoi assessori che, in linea con Matteo Orfini, il cui compito da commissario del Pd romano appare ogni giorno più arduo, hanno interpretato le parole del premier «come uno stimolo». «Quelle parole vogliono dire che nessuno di noi deve stare tranquillo, perchè a Roma ci sono tanti problemi, è una guerra», ha aggiunto Orfini. Ma forse l’esegesi autentica arriva dalla turborenziana Lorenza Bonaccorsi, presidente del Pd Lazio e secondo i corridoi di partito una delle possibili alternative per il dopo-Marino assieme al ministro Paolo Gentiloni e al deputato Roberto Giachetti, tutti e tre nella squadra del primo Rutelli. «Da persone serie bisogna valutare la situazione: se e come andare avanti», dice lapidaria. Nel Campidoglio-bunker oggi l’aria è tesissima nonostante la parola d’ordine sia sdrammatizzare. Palazzo Chigi ha concesso i tempi supplementari alla squadra del «marziano». Ma stavolta non possono perdere.(

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