Mafia capitale, Marino: "Resto fino al 2023". Le opposizioni all'attacco: "Molla la poltrona" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale, Marino raddoppia: “Resto fino al 2023”. Ma arriva la tegola del salario accessorio

Il Movimento 5 stelle, invece, presenta una mozione di sfiducia contro il sindaco; mentre Ncd lancia la protesta a oltranza

Ci sono volute 72 ore a Ignazio Marino, sotto attacco dal segretario del suo stesso partito, per replicare a quelle parole durissime, «o governa o va a casa», che – proprio perchè dette da Matteo Renzi – suonavano più che un semplice avvertimento. Marino, che della resistenza ha fatto necessità e virtù, non solo non ha fatto un passo indietro, ma ne ha azzardati moltissimi avanti. «Io resterò fino al 2023», ha scandito durante una densissima conferenza stampa all’Ama, l’azienda dei rifiuti capitolina ad alto tasso di infiltrazione criminale secondo i magistrati della Procura di Roma, simbolo del marcio Capitale ma che il Campidoglio sta «risanando e ripulendo». Il sindaco non ha scelto un palcoscenico casuale per lanciare il Marino 2, il Marino del fare, «perchè l’onestà, lo so, non basta». E, dopo avere snocciolato ciò che sta facendo per l’Ama, l’azienda che – secondo i magistrati – l’ex presidente ora in cella Franco Panzironi usava un pò come una cassaforte del clan, ha rilanciato annunciando non solo la sua intenzione di restare ma di ricandidarsi per vincere. Anche se la sua determinazione non scioglie l’impasse politico dopo l’aut aut di Renzi. E, soprattutto – a quanto si apprende – lascia al palo, con Palazzo Chigi che attende che la situazione si chiarisca, anche la definizione del decreto della presidenza del consiglio che «organizza» la gestione del Giubileo con la figura del coordinatore Franco Gabrielli, regista della gestione dell’evento. Alla faccia dei gufi, ha detto Marino, «io sento la vicinanza dei romani e la mia maggioranza è convinta che bisogna proseguire l’azione di risanamento: sono una persona che vuole fare bene il suo lavoro e amministrare bene la città con spirito di servizio e senza ambizioni di carriera politica». La fase 2 è quella post Mafia Capitale, quella che parte dopo il repulisti giudiziario. E proprio oggi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto un richiamo per il rilancio del cooperativismo nel pieno rispetto della «trasparenza e legalità». «Ora siamo nelle condizioni di ricominciare – ha detto Marino – quello che abbiamo fatto e stiamo facendo ha determinato anche forti disagi, abbiamo interrotto questa melma che legava alcuni esponenti dei partiti politici a affaristi, criminali, abbiamo dovuto fare reset». Gli attacchi al fortino Campidoglio anche oggi non sono mancati. L’opposizione, e questo è ovvio, cavalca il malessere e M5S ha presentato una mozione di sfiducia, Ncd ha avviato una «maratona» di protesta, Fdi ha lanciato una raccolta di firme per far dimettere i consiglieri e costringere Marino alla resa. Ma non sono mancate neanche le punzecchiature da parte del Pd. L’immancabile deputato renziano ex rutelliano Michele Anzaldi, da qualche tempo spina nel fianco del sindaco, ironizza sulla certezza del secondo mandato: «Marino avrà letto Nostradamus che prevede al fine del mondo nel 2023» e la Presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi consiglia all’inquilino del Campidoglio di «interrogarsi seriamente sull’ipotesi dimissioni». I riottosi alleati di Sel si interrogano sulla strada da prendere e ormai si interrogano da un bel pò «assediando» anche il loro vicesindaco Luigi Nieri, sempre più in posizione scomoda. Ma il ministro Graziano Delrio, pur invitandolo a «non stare sereno», lo sprona «a non fare un passo indietro». Marino intanto si coccola l’unico alleato certo, il tempo. E chiosa da buon chirurgo: «l’intervento si giudica alla fine, quando il paziente dopo la rianimazione abbraccia i familiari e torna a casa». Roma non è ancora fuori pericolo, insomma. Ma non è già morta. Come se non bastasse il terremoto di mafia capitale, adesso la scossa si chiama salario accessorio: i soldi dati dal 2008 al 2013, dal Campidoglio, ai 24mila dipendenti municipali sono stati «indebitamente erogati» e ora l’amministrazione capitolina deve restituirli allo Stato. Il conto è di 350 milioni di euro. L’assessore al Personale Luigi Nieri ammette: «Sono arrivate le risposte del Mef alle controdeduzioni che l’amministrazione aveva inviato per replicare ai rilievi fatti, dal Mef stesso, riguardo al salario accessorio dei dipendenti capitolini. Purtroppo la linea del Mef continua a essere intransigente, mettendo persino in discussione la regolare costituzione del Fondo per la parte variabile, da cui l’amministrazione attinge gran parte delle risorse per pagare le indennità accessorie ai dipendenti capitolini».

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