Mafia capitale, Zingaretti passa alla Pisana: bocciata la mozione di sfiducia | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale, Zingaretti passa alla Pisana: bocciata la mozione di sfiducia

Nicola Zingaretti passa la prova del Consiglio regionale a pieni voti incassando, come da previsioni, il sostegno compatto della sua maggioranza. L’Aula della Pisana ha infatti respinto con trenta ‘nò la mozione di sfiducia legata ai fatti di Mafia Capitale presentata dal centrodestra e votata, sebbene non sottoscritta, anche dal M5s: 18 i sì al documento – mancavano Adriano Palozzi di FI, Olimpia Tarzia della Lista Storace e Luca Gramazio di FI, arrestato e non ancora sostituito – che non bastano a interrompere l’esperienza alla guida della Regione Lazio di Zingaretti, che esce più saldo dalla Pisana. «È sbagliato – ha commentato Zingaretti prima del voto – che la politica getti la spugna e dica ‘non c’è più niente da fare, la situazione è compromessa, ha vinto il criminè. Questa battaglia di rivendicazione dell’autonomia della buona politica mi sento di portarla avanti, finchè ne avrò le forze, con grande determinazione». Altrimenti, ha aggiunto citando un cult movie degli anni ’80, si finisce come in WarGames «in cui a un certo punto il computer ammette che non ci sono vincitori tra i contendenti perchè quello che muore è l’istituzione». Avanti dunque con l’azione legislativa «altrimenti si tradirebbe il mandato popolare» la conclusione di Zingaretti in un Consiglio dove non sono mancati toni accesi, in particolare da parte dei pentastellati: «Abbiamo voglia – ha affermato la capogruppo Valentina Corrado – di governare con i cittadini con i quali scriviamo gli emendamenti che voi troppo spesso ci bocciate in quest’Aula, mentre approvate le istanze di quella montagna di m.. che è la mafia». Senza abbastanza firme per far approvare la propria, i pentastellati hanno scelto di non sottoscrivere la mozione di centrodestra «il cui primo firmatario è il capogruppo di un partito invischiato nell’inchiesta tanto quanto il Pd» ha aggiunto Corrado, riferendosi all’azzurro Antonello Aurigemma. «Non entriamo nel merito delle vicende giudiziarie – ha spiegato quest’ultimo presentando la mozione – ma dell’opportunità politica di una Regione che da due anni è paralizzata e a fronte di queste vicende lo è ancor di più, non sa dare risposte e non potrà neanche nel futuro». «Possiamo anche dar per buona l’onestà – l’attacco del capogruppo del Misto Pietro Sbardella – ma cominciamo ad avere dubbi sulla capacità». «Non si può far finta che non sia accaduto nulla – ha aggiunto il capogruppo de La Destra Francesco Storace – non c’è uno straccio di autocritica. Noi – ha detto rivolto al governatore – le chiediamo di mettere i sigilli e ce ne andiamo tutti. O dobbiamo aspettare una trasmissione di Matteo Renzi come con Marino?». «Interrompere qui la legislatura non farebbe bene al processo di rinnovamento e pulizia che l’inchiesta ha messo in campo» la replica di Marta Bonafoni (Sel), mentre per il capogruppo Pd Riccardo Valentini «il voto rappresenta un ulteriore stimolo a proseguire al meglio il nostro lavoro. Sulla questione giudiziaria e morale che ha coinvolto la Regione Lazio noi teniamo la testa alta e non possiamo accettare metodi mistificatori». Una mozione «inutile», dunque, ha sintetizzato il neocoordinatore della maggioranza Fabio Bellini. Ma il dibattito è proseguito nel pomeriggio fuori dall’Aula con una velenosa coda a mezzo stampa tra il M5s e l’ex capogruppo Pd Marco Vincenzi. Casus belli, un esposto che i pentastellati presenteranno alla Procura che verte tra l’altro su due emendamenti al collegato di bilancio 2014 firmati dal democrat che – è il loro sospetto – potrebbero implicare un rapporto tra lo stesso Vincenzi e il ras delle coop di Mafia Capitale Salvatore Buzzi. Sospetti che Vincenzi rimanda al mittente come «fango e false ricostruzioni: gli emendamenti sono ‘ben precedenti alla vicenda in cui vengo chiamato in causà ».

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