L'Unesco a Civita di Bagnoregio, il borgo che non vuole morire | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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L’Unesco a Civita di Bagnoregio, il borgo che non vuole morire

La città che muore: sembrano ossimori i cartelli che indicano la strada verso il borgo di Civita di Bagnoregio (Vt), arroccato su un colle di tufo e stretto tra due profondi burroni. Almeno a giudicare dalla partecipazione ieri alla serata-evento dedicata all’appello «Per Salvare Civita di Bagnoregio e la Valle dei Calanchi» lanciato dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti nel mese di maggio. Ma soprattutto in considerazione della risposta massiccia ottenuta sulla piattaforma web Change.org dall’appello, che mira a far riconoscere l’antica cittadina e la suggestiva valle che la circonda come patrimonio dell’Unesco: «In pochi giorni abbiamo già ottenuto 20 mila firme da tutto il mondo», ha detto Zingaretti, presenziando l’iniziativa promossa dal Progetto ABC – Arte Bellezza Cultura della Regione, «vogliamo utilizzare Civita come hub di promozione culturale della modernità e dopo l’estate lanceremo una raccolta fondi a livello internazionale per sostenere la tutela della sua atmosfera magica». Il brulicare di persone a occupare la piazza San Donato e le stradine circostanti, le eccellenze del territorio con i prodotti enogastronomici, e poi tutti in chiesa, ad ascoltare le Note per Civita che Danilo Rea ha voluto regalare alla città suonandole per l’occasione al pianoforte: ieri sera questa accorata richiesta di aiuto per difendere la fragilità di Civita dagli agenti atmosferici e restituirle, si legge nella petizione, «anima e anime», rinnovando le «prospettive culturali, paesaggistiche, sociali, economiche», si è trasformata in una festa, un incontro partecipato e popolare, nutrito dalla proficua commistione tra arte, cultura, musica, cibo. Le prime vibrazioni positive sono arrivate già percorrendo il lungo ponte che collega Civita al resto del mondo: qui l’artista Bruna Esposito ha concepito l’installazione Ponte a sonagli, realizzata con scope di bambù e campanelli che, mossi dal vento sulle ringhiere, sollecitano buoni auspici per la città. Indubbio che Civita sia viva e pronta ad affrontare le sfide del futuro con rinnovata speranza, forte proprio di quella che è la sua prima debolezza: la sua impermeabilità al moderno e alla civiltà industriale, in una sorta di «splendido isolamento» che custodisce la memoria dell’antico. Per cittadini e istituzioni locali l’obiettivo ora è che la petizione all’Unesco si trasformi in una via di salvezza concreta e che si agisca in tempi brevi. Tra i firmatari dell’appello presenti alla serata-evento, anche Giuseppe Tornatore, che da 20 anni è uno degli abitanti più illustri del borgo: «Civita è di tutti, va salvaguardata e fatta conoscere. C’è ansia per il futuro: questo progetto sta a cuore a tutti coloro che amano la città», ha detto il premio Oscar, «io me ne sono innamorato il primo giorno che l’ho vista e ho subito acquistato casa».

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