Ben Harper e The innocent criminals: il ritorno a Roma | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Ben Harper e The innocent criminals: il ritorno a Roma

Era nei suoi progetti o quantomeno nella sua «coscienza». E quando una personalità così eclettica e risoluta come quella di Ben Harper ha un’idea, è difficile credere che non riesca a realizzarla. Così, dopo una pausa durata ben sette anni, l’artista californiano di origine afroamericana ed ebraica ha riunito la sua storica band, The Innocent Criminals, con la quale ha registrato i suoi lavori migliori a partire dal 1994 e fino al 2007. A confermarlo, è il pubblico dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, che acclama la sua esibizione battendo le mani a ritmo di musica durante i brani di «Fight for Your Mind», album del ’95 – con il quale dieci anni fa Ben Harper ha varcato per la prima volta il confine italiano per esibirsi all’Arezzo Wave – e dei successivi «The will to live», «Burn to Shine», fino a «Diamonds on the inside». Del suo ventennio sul palco, Ben Harper celebra quanto creato fianco a fianco con i componenti della sua «famiglia» musicale, per un’immersione totale in una inconfondibile produzione funk-blues, caratterizzata dal suono ben noto della sua lap steel e contaminata dal soul, dal reggae e dal rock. Dopo la separazione dalla band, l’artista ha battuto altri percorsi in cerca di ispirazione e di rinnovamento, registrando un album con i Relentless7, un progetto da solista che ha coinciso con la fine della sua storia con l’attrice Laura Dern, un disco blues con Charlie Musselwhite e un progetto folk insieme a sua madre. Ma tutte le nuove strade lo hanno riportato al Ben Harper di sempre: i musicisti hanno ripreso il lavoro da dove era stato terminato, tanto che è già annunciato un nuovo album in lavorazione, e durante il concerto a Roma per la tournèe italiana che terminerà il 22 luglio a Milano, l’artista statunitense ha confermato di essere tutt’uno con la sua band, da cui non sembra essersi separato mai. D’altra parte, la musica, come ha detto più volte il suo percussionista Leon Mobley, dà quello che è: il rinnovato sodalizio si sente nelle vibrazioni, nell’atmosfera, in un suono che è avanti anni luce dai live dei primi anni Duemila, pur ripercorrendone la storia, rendendole omaggio con il beneplacito di un pubblico che forse non aspettava altro che questo ritorno. L’entusiasmo sale e la security non riesce a contenere il flusso delle persone che, a ritmo di danza, avanzano sotto il palco durante «With My Own Two Hands», per poi restare lì accalcate fino alla fine del concerto, che è una sorta di best-of dal vivo. Gli assi nella manica non servono ma Ben Harper li tira fuori lo stesso: un encore acustico alla chitarra segue la chiusura dello spettacolo sulle note di «Burn One Down» ma il momento topico arriva quando, a metà di «Where could I go», sul religioso silenzio del pubblico, l’artista lascia il microfono e continua a cantare a cappella. Infine, «Better Way», di beatlesiana memoria, unisce il pubblico in un coro pieno di speranza, un modo per guardarsi indietro e ricordarsi che abbiamo ancora il diritto di sognare.

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