"Oramai la città è la grande bruttezza": dopo Gassmann, l'accusa di Muccino sul degrado capitale | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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“Oramai la città è la grande bruttezza”: l’accusa di Muccino. Vent’anni fa il declino raccontato da Gassmann padre

Non più una città di cui essere orgogliosi ma, parafrasando il titolo del film del collega Paolo Sorrentino, ‘La grande tristezzà. Dopo Alessandro Gassmann è Gabriele Muccino a sfogarsi su twitter. Con foto che documentano il degrado, il regista romano non usa mezzi termini e se la prende con Ignazio Marino: «Un sindaco faccia il sindaco – cinguetta – Non si chiuda nel surgelatore aspettando che la tempesta sia passata. Governi. Oppure vada a casa». C’è rabbia nei tweet di Muccino: «Innamorato della mia città splendida ma offesa, divorata e saccheggiata, chiedo al #sindaco ignaziomarino la dignità di ridarcela indietro», scrive. E, postando le foto della Fontana di Trevi, prima e durante il restauro, assediata da venditori ambulanti, twitta: «Fontana di Trevi era così. Poi è arrivato ignaziomarino e l’ha trasformata in questo degrado. Un genio. #terzomondo». Un grido di dolore, quello di Muccino, che si riassume in un tweet scritto a caratteri cubitali: «#ignaziomarinoacasa Roma merita di più. Più di tutto».

«Come è brutta, Roma! Brutta di questa sua accecante bellezza, su cui risaltano i segni dello sfacelo come una voglia di barbabietola su un volto purissimo». Era la metà degli anni Novanta e Vittorio Gassman scriveva al suo amico Giorgio Soavi una lettera piena d’amore e d’odio per la Città Eterna, che lo aveva accolto ragazzino e gli aveva dato gloria e fama. Era il marzo 1995, venti anni prima del tweet del figlio Alessandro che oggi invita i romani a prendere ramazza e paletta e a ripulire la città, deturpata da anni di abbandono e di degrado, al grido di #Romasonoio. Sangue e dna evidentemente non mentono. E chissà se Alessandro aveva in mente questo testo, quando ha lanciato quello che è diventato già un hashtag virale in rete, scatenando il dibattito. Quella di Gassman senior è una lettera incredibilmente attuale, dove fanno capolino tra le righe la violenza negli stadi, la corruzione, il traffico impazzito che «per attraversare Roma non ci volevano più venti minuti ma un’ora e mezzo». Lo scritto è stato riscoperto durante una delle scorse edizioni del Festival delle lettere, che quest’anno si svolge a Milano al Teatro Litta dall’8 all’11 ottobre dal tema la Lettera di Pancia. «Nessuno vede più nessuno – è lo sfogo del Mattatore all’amico che ripercorre gli anni spensierati della gioventù, poi quelli della speranza e infine quelli della caduta della società -, gli intellettuali si fanno le pippe, i cafoni si ammazzano di fatica per illudersi di divertirsi nel tanfo dei night, nei cinema dal sonoro schifoso, nel pugnalarsi allo stadio. La televisione ha rimpiazzato la realtà, se non passi nei catodi è come se ti avessero tolto la carta di identità; la coda alla vaccinara sa di hamburger». «Io non sono un esteta ma c’è qualcosa di grifagno nelle ferite che la bruttura dilagante ci assesta: davvero credo che per uno come me, che ha sia pur modestamente lavorato sui materiali dell’arte, la bellezza non sia un optional ma un’esigenza, un irrinunciabile elemento dell’alimentazione. E tanti, per fortuna, la pensano ancora così, la partita non è ancora chiusa». Quella partita, divenuta sempre più complicata da vincere nel tempo, l’ha riaperta il figlio.

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