Kentridge, storia e miti nei miei murales sul Tevere | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Kentridge, storia e miti nei miei murales sul Tevere

«Ogni storia ha una sua parte negativa o di vergogna. Ogni trionfo corrisponde a un lamento, alla sconfitta di qualcun altro». Così William Kentridge spiega cosa sarà il suo «Triumphs and laments», imponente opera site specific che proprio nel cuore di Roma, sui muraglioni del Tevere, racconterà miti e dolori della storia millenaria della città. Un fregio lungo 550 metri, nel tratto da Ponte Sisto a Ponte Mazzini, popolato di 80 figure alte fino a 10 metri, che emergeranno sul muro come grandi ombre danzanti, senza colori nè vernici, ma solo pulendo la patina biologica accumulata negli anni sul travertino bianco dei muraglioni. Artista sudafricano celebrato in tutto il mondo (è ora nel Padiglione Italia della Biennale e ad aprile sarà al Macro), per realizzare l’opera Kentridge ha dovuto però attendere tre anni di polemiche e incertezze. «Ci scusiamo perchè noi italiani siamo bravi a fare le cose, ma abbiamo percorsi un pò lunghi – ammette l’Assessore alla cultura del Comune, Giovanna Marinelli – È una scelta importante non solo per la grande firma dell’autore, ma anche per il luogo e la storia della nostra città. Bisognava costruire un consenso e una collaborazione istituzionale, che non è secondaria». Così Triumphs and laments, promosso da Tevereterno e realizzato interamente con fondi privati, sarà inaugurato il 21-22 aprile in occasione del Natale di Roma, ma anche, caso ha voluto, nel pieno dell’anno giubilare, in «mostra» per i milioni di pellegrini proprio a due passi dal Vaticano. A festeggiarlo, due giorni di concerti gratuiti con due processioni musicali del compositore Philip Miller. «La storia di Roma è fatta di avvenimenti, ma anche di pietre», spiega Kentridge, mostrando gli schizzi a carboncino dei giganti che incarneranno più di duemila anni di tensioni della storia sociale della città. «Ho fatto una lunga ricerca iconografica – dice – perchè fossero facilmente riconoscibili». Si va dalla Lupa capitolina al trionfo di Cesare, dalla Vittoria alata, prima integra e poi spezzata, a Marcello Mastroianni e Anita Ekberg nella Fontana di Trevi per la Dolce vita. E poi, Santa Teresa, Michelangelo, Papa Clemente, la Morte di Remo accostata a quella di Pasolini, con citazioni da Mantegna alla Colonna Traiana, da Tiziano a Mirys. Lo stesso luogo «è parte dell’opera». Non solo perchè il Tevere, «con San Pietro su una sponda e il Ghetto ebraico dall’altra», da sempre attraversa la storia di Roma. Ma perchè le figure, in qualche modo, sono già sui muraglioni, proprio come le sculture, diceva Michelangelo, esistono già nei blocchi di pietra. Bisogna solo lavorare per sottrazione. Ecco allora che dopo la creazione di grandi stencil, le immagini emergeranno lavando con acqua il «nero» che copre i muraglioni. Primi test a ottobre nel tratto di Ponte Margherita e a febbraio via all’esecuzione con 12 tecnici e lo stesso Kentridge all’opera sulla banchina ad aprile. Un progetto dunque temporaneo e per sua natura reversibile, che scomparirà in 3-4 anni con il «ricrescere» della patina. Ma che regala alla città anche la ribattezzata Piazza Tevere. Uno spazio, dice il direttore artistico Kristin Jones, che «ha le stesse dimensioni del Circo Massimo e che potrebbe diventare uno dei maggiori luoghi per l’arte contemporanea in città».

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