Il Vaticano accoglie i primi migranti e il Papa ascolta le storie dei profughi | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Il Vaticano accoglie i primi migranti e il Papa ascolta le storie dei profughi

Papà, mamma, due figlioli, profughi da Damasco, in fuga dalla Siria in fiamme, ovviamente senza documenti, quelli che in Italia chiameremmo clandestini. Da alcuni giorni vivono in un appartamento vicino alla basilica di San Pietro, affidati alle cure della parrocchia vaticana di San’Anna. Sono la prima delle due famiglie di migranti che saranno assistite dalle parrocchie del Vaticano. Sono giunti in Italia la domenica in cui il Papa ha rivolto il suo appello a tutte le parrocchie, conventi, comunità religiose cattoliche del mondo ad accogliere una famiglia di migranti. L’Italia non ha ancora deciso se riconoscere o meno loro lo status di rifugiati, e il Vaticano mantiene riserbo sulla loro identità, e chiede ai media di rispettare questo riserbo. «Per quanto riguarda l’accoglienza della seconda famiglia da parte dell’altra parrocchia vaticana, quella di San Pietro, – informa la Elemosineria Pontificia – non possiamo ora dare alcuna notizia fino alla conclusione dei necessari adempimenti». Per la prima famiglia «è stata subito avvita la procedura di richiesta di protezione internazionale. In base alla legge per i primi sei mesi dalla presentazione della domanda d’asilo i richiedenti protezione internazionale non possono lavorare». «Proprio per tutelarli in questo cammino di riconoscimento – spiega ancora l’Elemosineria – è opportuno che anche i mass media rispettino la loro volontà di non essere cercati e intervistati». Si è intanto appreso che un ambulatorio mobile donato alcuni anni fa al Papa e finora riservato agli eventi da lui presieduti, da alcuni giorni è stato messo a disposizione alcune volte alla settimana per assistere i profughi nei centri di accoglienza, anche non regolari, nelle periferie di Roma. I volontari, che sono medici, infermieri e guardie svizzere, sono dipendenti dello Stato della Città del Vaticano, dell’Università di Tor Vergata e membri dell’Associazione di Istituto di Medicina Solidale Onlus. È inoltre di 50.000 euro la somma che nel 2014 la Elemosineria Apostolica ha messo a disposizione del Centro Astalli di Roma per contribuire al pagamento delle tasse per il rilascio del primo permesso di soggiorno per i rifugiati. L’Elemosineria ricorda che da molti anni i papi contribuiscono al pagamento delle tasse per i permessi di soggiorno, «in questo contesto di carità cristiana verso le persone che fuggono dalla guerra e dalla fame».Sono fuggiti dai colpi di mortaio e dal caos che regna nella Siria martoriata da cinque anni di conflitto e come moltissime altre famiglie in questi mesi si sono messi in marcia verso l’Europa alla ricerca di un futuro migliore, lontano dalla guerra. Hanno trovato l’accoglienza di papa Francesco, come prima delle due famiglie che Bergoglio ha voluto vengano ospitate in spazi di proprietà del Vaticano e assistite ciascuna da una delle due parrocchie ad esso legate, San Pietro e Sant’Anna. Un papà, una mamma, due figli, di Damasco. Non parlano italiano, qualche parola soltanto il padre. Sono arrivati in Italia da poco più di una decina di giorni attraverso una delle tante rotte dei profughi disperati che fuggono dal Medio Oriente. «Sono persone che vengono da un contesto terribile come lo è ogni contesto di guerra», dice all’ANSA l’Elemosiniere del Papa, mons. Konrad Krajewski, il braccio operativo della carità del Pontefice che si è occupato in prima persona, assieme all’arciprete della basilica di San Pietro, il cardinale Angelo Comastri, e al vescovo di Agrigento, il cardinale Francesco Montenegro, di tradurre in concretezza il desiderio del Papa di dare rifugio a delle famiglie di profughi. «Bisogna comprendere questa loro situazione – aggiunge il vescovo – che come per ogni altro profugo non è solo di indigenza materiale ma è anche e soprattutto di difficoltà psicologica». La famiglia andrà a vivere in un appartamento del Vaticano individuato dall’Apsa, l’ente vaticano proprietario di gran parte degli immobili pontifici, un poco fuori le mura leonine ma vicinissimo a papa Francesco perchè, come ha detto il cardinale Comastri, «sentano la vicinanza del Papa il più possibile, come lui vuole». A loro sarà garantita l’assistenza sanitaria e materiale del Vaticano mentre in Italia sono in corso le procedure per la richiesta di asilo. Motivo in più per il Vaticano per mantenere il totale riserbo sulla famiglia siriana accolta. Ma con la sua scelta Bergoglio ha voluto testimoniare con un gesto che sia innanzitutto d’esempio l’appello che ha rivolto all’Angelus di due domeniche fa a tutte le parrocchie d’Europa ad aprire i propri spazi o ad ingegnarsi per trovarne di nuovi per dare accoglienza almeno a una famiglia. Un appello che non dappertutto, in Italia e in Europa, è stato accolto allo stesso modo ma sul quale Bergoglio è fortemente determinato ad andare avanti e a mobilitare al massimo gli sforzi del Vaticano per renderlo operativo. Ieri pomeriggio, mentre l’emergenza profughi continua a imperversare, è stata convocata una riunione straordinaria in Segreteria di Stato con tutti i vertici dei dicasteri coinvolti nell’accoglienza ai migranti. Oltre al segretario di stato, il card. Pietro Parolin, c’erano il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del pontificio consiglio dei Migranti, il card. Peter Turkson di Giustizia e Pace, mons. Giampietro Dal Toso, di Cor Unum. Una specie di task force messa in piedi per dare ancora più impulso all’appello del Pontefice. «Si tratta di una problematica enorme – spiega il card. Vegliò all’ANSA -, quella che nel recente passato era un’immigrazione provocata per lo più dalla povertà, ora è dovuta soprattutto ai conflitti. Non solo in Siria e a causa dell’Isis, anche in Nigeria, in Eritrea. La riunione ha avuto lo scopo di capire come rafforzare ogni sforzo concreto che la Chiesa possa fare per venire in aiuto di queste persone».

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