Mafia capitale, chiesto il rinvio a giudizio per l'ex capo di Gabinetto di Zingaretti | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale, chiesto il rinvio a giudizio per l’ex capo di Gabinetto di Zingaretti

Firmata dai pm della procura di Roma la richiesta di rinvio a giudizio per Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, e di Mario Monge, dirigente della cooperativa Sol.Co., accusati di turbativa d’asta in relazione all’assegnazione, nel 2014, dell’appalto del servizio Recup. Spetterà ora al gup decidere se mandare a processo i due dirigenti che potrebbero finire nel maxidibattimento che inizierà il prossimo 5 novembre e che vede oltre cinquanta imputati. La richiesta di rinvio a giudizio per l’ex braccio destro di Zingaretti e per Monge è stata firmata dal procuratore Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Michele Prestipino e dai sostituti Paolo Ielo, Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini. Secondo l’accusa, Venafro, è detto nel capo di imputazione, avrebbe concorso a indirizzare l’aggiudicazione dell’appalto in un’ottica di spartizione tra cooperative vicine ad ambienti di destra e di sinistra. Secondo l’impianto accusatorio dei pm Monge, con il presunto appoggio di Venafro ma in concorso con Gramazio, Scozzafava, Carminati, Buzzi, Caldarelli, Gammuto, Guarany, Testa, Buggetti, Di Ninna, Garrone e Nacamulli, ha elaborato il progetto di partecipare alla gara <assumendo determinazioni generali in ordine alla turbativa> e utilizzando «il ruolo di Gramazio, espressione dell’opposizione del consiglio regionale, per rivendicare nel cuore di un accordo lottizzatorio una quota dell’appalto». Sentito dal gip, Monge, fornisce una sua versione. «Sostanzialmente -spiega- questa gara era divisa in quattro lotti, è una gara molto grande che a noi ha subito preoccupato molto, perchè noi avevamo un unico pezzettino che era la Roma A, avevamo il servizio, lo stesso servizio per un’unica ASL». Il responsabile della Coop afferma che «la gara era gigantesca. Noi avevamo circa 1 milione e 8 di fatturato, 1 milione e 9 all’anno e la gara era da 60 milioni in due anni, quindi grosso modo erano lotti da 7 milioni e mezzo. Per noi subito è stato un grosso problema – prosegue Monge – perchè di fatto non avevamo tutta la forza possibile per poter partecipare da soli, anche se poi dopo alla fine l’abbiamo poi trovata». Subito essere stato indagato, Venafro il 24 marzo scorso si è dimesso dal suo ruolo in Regione. Una decisione accompagnata da una lettera in cui spiegava la sua decisione «unilaterale ed irrevocabile» ribadendo la «sua massima fiducia nella magistratura».

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