'Ndrangheta, imputato ammette l'aiuto dei politici per la Tav. Esposito: "Se indagato mi dimetto" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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‘Ndrangheta, imputato ammette l’aiuto dei politici per la Tav. Esposito: “Se indagato mi dimetto”

– Anche lui voleva mangiare una fettina della ricca torta del Tav in Valle di Susa. E così, quando si accorse che rischiava di essere tagliato fuori, chiese e ottenne l’aiuto del mondo politico piemontese insieme a una campagna di stampa favorevole. Ferdinando Lazzaro, imprenditore di Susa, oggi è imputato in un maxi processo di ‘ndrangheta chiamato «San Michele», dove si parla delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel Nord-Ovest. Non deve rispondere di associazione mafiosa, ma di smaltimento irregolare di rifiuti. Sono i carabinieri del Ros, in un rapporto inoltrato nel 2012 alla procura di Torino, a collegare il suo nome (e quello di un altro imprenditore, Giovanni Toro) alle «cosche crotonesi» che volevano inserirsi nei lavori per il Tav. Il documento contiene i nomi dei politici contattati da Lazzaro e dal suo entourage: nell’elenco figura Stefano Esposito, senatore Pd, battagliero sostenitore della superferrovia, oggi assessore ai Trasporti a Roma. «Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia» replica Esposito, che su Facebook ironizza («Da oggi sono uno ‘ndranghetista anch’io, dovete chiamarmi don Stefano») ricevendo tanti messaggi di solidarietà. Lazzaro è un imprenditore molto conosciuto in Valle di Susa. Ed è detestato dal popolo No Tav, che lo addita da sempre come una specie di figura-simbolo dei «maneggi» che accompagnano la Torino-Lione. Nel corso degli anni le sue aziende hanno anche subito misteriosi attentati incendiari. In ogni caso, nel 2012 nessuno sapeva dell’esistenza dell’inchiesta «San Michele» e nemmeno che Lazzaro fosse monitorato dal Ros. Nel cantiere del Tav voleva occuparsi di movimento terra (un lotto da 12 milioni) come esponente del cosiddetto «Consorzio Valsusa». Il problema era che Cmc, il gruppo che aveva ottenuto da Ltf la realizzazione della grande opera, non voleva trattare con lui. I carabinieri annotano le telefonate in cui racconta dell’interessamento di Esposito («Questi fanno i tiranni, gli ho detto, e lui ha preso il telefono e ha chiamato il presidente Cmc») e di altri, come l’allora assessore regionale ai Trasporti Barbara Bonino (Pdl). Poi arrivarono gli articoli sui giornali e le polemiche sul rischio di esclusione delle aziende valsusine. Intanto l’allora dg di Ltf, Marco Rettighieri, gli consigliava di «occultare il suo nome» dal cda del consorzio per evitare che, a causa di un precedente fallimento, non ottenesse linee di credito. Nessun estremo di reato e nessuna inchiesta, ma è quanto basta al M5S, per bocca del consigliere regionale Francesca Frediani, per chiedere le dimissioni di Esposito. «Se sono indagato lo dicano – commenta l’assessore romano – altrimenti chiedo io ai Ros di rendere pubblica una segnalazione che feci, mi pare nel 2013, in merito a ciò che l’imprenditore Ferdinando Lazzaro mi raccontò relativamente agli appalti della Sitaf (la società di gestione dell’autostrada del Frejus – ndr). Per la verità comunque non mi risulta di essere intervenuto sui lavori Tav».

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Una risposta a ‘Ndrangheta, imputato ammette l’aiuto dei politici per la Tav. Esposito: “Se indagato mi dimetto”

  1. Maurizio Fava 29 settembre 2015 a 21:27

    e pensare che in Germania i politici si dimettono per aver copiato qualche pagina in una tesi di laurea…

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