Ci ha lasciato Alberto Pica, il re dei gelatieri - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Ci ha lasciato Alberto Pica, il re dei gelatieri

da destra: Alberto Pica con il figlio Claudio (foto archivio)

da destra: Alberto Pica con il figlio Claudio (foto archivio)

E’ una di quelle notizie che non si vorrebbe mai dare. E’ scomparso un amico, la notte scorsa. Alberto Pica. Uno dei personaggi a mio avviso più significativi, più rappresentativi di quella schiera di imprenditori e di artigiani che si batte per crescere, per diventare adulta, per far maturare Roma a dispetto di una classe politica e amministrativa spesso gretta, arretrata, senza sogni e ideali. Quelli che aveva e che ha trasmesso alla sua famiglia, ai figli, ai suoi collaboratori Claudio Pica. Leader dei gelatieri romani, ma anche italiani. Un uomo piccolo di statura ma grande di cuore, di idee, di entusiasmo. Portatore di una vitalità prorompente che lo ha portato nel corso degli anni a trascinare tutto e tutti. Queste righe sono espressione di un ricordo personale, nessun accenno biografico, storico. Non dico nemmeno quanti anni aveva, non parlo della sua malattia e dell’angoscia dei familiari. Racconto solo un pezzo di vita che in più momenti – nel corso di quasi quarant’anni – ha attraversato con una ventata di entusiasmo la mia, privata e professionale. Racconto settanta anni di battaglie per far crescere la sua associazione di gelatieri artigianali, per far diventare la sua “Seggiola”, sotto il Ministero di Grazia e Giustizia, a via Arenula, un punto di riferimento fondamentale per gli amanti del miglior gelato (quello di riso, incredibile, e poi manna e petali di rosa), settanta anni di battaglie per creare coscienze professionali e professionalità, per affermare un prodotto, per lottare nelle stanze del potere e contro il potere. Contro quegli amministratori che lo prendevano sotto gamba e che non gli davano troppo retta per il suo modo diretto e insieme umile di porsi. Ha avuto premi, riconoscimenti di tutti i tipi, ma nessuno ha pubblicamente riconosciuto la straordinarietà del personaggio. Senza retorica, con Pica non serve e non c’è bisogno di aureole. Ha letteralmente creato una categoria produttiva, gli ha dato un’anima, un orgoglio, una struttura solida. Pica ha cambiato negli anni il modo di fare promotion, di fare impresa, di fare marketing, spesso in tandem con altri imprenditori illuminati come Claudio Arcioni, leader dei vinattieri capitolini e di pochi altri. La sua associazione ha raggiunto una maturità invidiabile e sotto la guida del figlio Claudio ha anche un peso contrattuale non indifferente. Il gelato artigianale è diventato un brand nazionale e internazionale, grazie a lui, dà lavoro a migliaia di persone, e cresce in modo esponenziale a dispetto della crisi. Anche se forse è andata perduto quello spirito combattivo, quella grinta feroce, garibaldina, che ha spinto in tempi lontani Alberto a inventarsi – coltello tra i denti – iniziative clamorose come i concorsi tra le gelaterie romane, un successo. Vogliamo dimenticare le sue ultime, sofferenti uscite pubbliche, quando scavato dalla malattia ostinatamente continuava a organizzare, a premiare – vedi l’ultima serata alla terrazza dell’Hilton – sorretto dalla sollecitudine e dall’affetto del figlio Claudio, della moglie Maria, degli altri familiari. Piace invece piace ricordarlo con le immagini – incredibili, da film, rimaste stampate nella memoria di molti – di lui che piombava in redazione con un paio di camerieri e diverse vaschette piene di gelato, con contorno di coni, coppette, cucchiaini e tovagliette. Era una festa, si fermava il giornale per un po’, e tutti facevano la fila per gustarsi il regalo di Alberto. Che poi metteva tutto in ordine, portava via tutto e non lasciava tracce, salutandoci quasi scusandoci per l’irruzione, per averci fatto perdere tempo. Era fatto così. Giovanni Tagliapietra

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