Morto in carcere, il procuratore generale chiede una condanna a 10 anni per 2 poliziotti | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Morto in carcere, il procuratore generale chiede una condanna a 10 anni per 2 poliziotti

– Ribaltare la sentenza di primo grado e condannare i poliziotti che ebbero in custodia Stefano Brunetti, l’uomo di 43 anni che, arrestato l’8 settembre 2008 per furto e lesioni, morì il giorno dopo in ospedale. Il Pg Francesco Mollace ha chiesto alla I Corte d’assise d’appello di Roma di condannare a dieci anni di reclusione ciascuno Salvatore Lupoli e Alessio Sparacino; per altri due poliziotti, Daniele Bruno e Massimo Cocuzza, ha chiesto un anno di reclusione per falso sul verbale di arresto.In primo grado la Corte d’assise di Frosinone, il 4 ottobre 2013, assolse Lupoli, Sparacino, Bruno e Cocuzza dalle accuse rispettivamente contestate, con la formula «per non aver commesso il fatto» e «perchè il fatto non sussiste». Il ‘caso Brunettì ha preceduto quelli analoghi di Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi. L’uomo, ex tossicodipendente e con qualche precedente penale, era stato arrestato dopo aver tentato di rubare nel garage di una casa ad Anzio e picchiato con una mazza il proprietario che lo aveva sorpreso. Brunetti aveva anche aggredito gli agenti della volante che accorsero sul posto, chiamati dallo stesso proprietario del garage. Il 43enne fu caricato di peso nell’auto dei poliziotti e portato in commissariato; lì aveva dato in escandescenze, tant’è che fu chiesto l’intervento della guardia medica per sedarlo. In quella stessa serata fu portato in carcere; ma la mattina seguente le sue condizioni peggiorarono tant’è che fu portato in ospedale a Velletri. Mentre erano in corso gli accertamenti, morì. Per la procura di Velletri, quella morte fu provocata dalle percosse che Brunetti subì. Quattro poliziotti furono mandati a giudizio e poi assolti in primo grado, con i giudici che accolsero la tesi difensiva della non esistenza di alcun pestaggio e della morte provocata da atti di autolesionismo. Oggi, l’inizio del processo d’appello che fra due settimane celebrerà la sua udienza conclusiva. «La sentenza di primo grado dà l’idea di una convinzione estranea alle carte processuali – ha detto il Pg Mollace nel motivare la sua richiesta di condanna degli imputati – Il processo ha una prova diretta: è stato lo stesso Brunetti ad accusare in modo diretto le guardie del Commissariato. Ma la prima Corte ha liquidato questa prova come argomento residuale, dicendo praticamente che si è trattato di un suicidio. La prova c’è e gli imputati vanno condannati».

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