L'orchestra di piazza Vittorio suona la Carmen per il debutto | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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L’orchestra di piazza Vittorio suona la Carmen per il debutto

Grande festa di suoni e colori, come sempre per gli appuntamenti con l’Orchestra di Piazza Vittorio, per il debutto del nuovo spettacolo, una «Carmen» con la loro particolare ottica multietnica, che ha aperto tra gli applausi e l’entusiasmo del pubblico, la stagione dell’Accademia Filarmonica al Teatro Olimpico, dove si replica sino all’8 novembre, prima della solita grande tournee internazionale di questo gruppo, come già accaduto col loro «Flauto magico». Il vitalismo, il gusto, il coinvolgimento, lo spettacolo e il ritmo di questa «Carmen» seducono inevitabilmente, certo facendosi forza delle musiche del capolavoro di Bizet, anche se riarrangiate con gusto e varietà di idee e stili. A far capire subito frenesia e intensità, ad aprire il lavoro sono due straordinari ballerini rumeni che propongono una sorta di tip tap gitano da giocolieri di tacchi e mani e bambe. Fanno parte della carovana di zingari che si è fermata sotto le mura di Siviglia e dove si sviluppa la vicenda di amore, seduzione e gelosia dell’opera. Osservata da un bastione da da una coppia che si era appartata, composta da due cantanti lirici (Erasaja Matmuja e Dario Ciotoli) che saranno di appoggio alle belle voci, ma non liriche appunto, dei protagonisti. Come si vede la storia centrale di Carmen rimane invariata, ma cambia la cornice e i personaggi hanno una diversa caratterizzazione, una nuova psicologia. Don Josè, anzi Josè solamente (Evandro Dos Reis, musicista e cantante di lingua portoghese), è un poliziotto dal carattere solare che viene dal Brasile mandato a sorvegliare la carovana multilingue, multirazziale, di artisti, girovaghi, truffatori, contrabbandieri e musicisti. È legato a Micaela (Elsa Birgè), ragazza semplice e pulita che vive con la madre malata, e che, quando sentirà il pericolo, correrà dal suo innamorato portandogli una lettera della madre piena di buoni consigli. Poi c’è la sensualissima Carmen Mama Marjas, di bella versatilità canora per una che viene da reggae), la donna francese che contrabbanda sigarette e fa strage di uomini, che si diverte a sedurli, come per gioco, senza dargli importanza e così farà con Josè, come per sfida, visto che questo non le dà corda, finchè invece ne diverrà vittima. E ancora il curioso torero Escamillo (Houcine Ataa) di ascendenza araba, vanesio, vestito di rosso, anche lui attratto dalla sensuale contrabbandiera, più tanti vivaci personaggi di contorno, compresi i musicisti dell’Orchestra che suonano e agiscono in scena. Si danza, con plastico rotear di grandi gonne, di lunghi capelli, e si canta, ognuno nella propria lingua, intendendosi per la grande attrazione ma quasi non capendosi sino in fondo, se Escamillo e Josè si sfidano a duello e se alla fine, come si sà, Josè fuori di senno per la gelosia darà a Carmen un abbraccio mortale uccidendola con un coltello. Momenti di seduzione, momenti di sogno e illusione (come quando Josè e Carmen sono chiusi e abbracciati in una di quelle palle di vetro con la neve), momenti di sfida, in un susseguirsi di azioni e interventi che non fanno mai calare il ritmo, mentre l’arrangiamento musicale di Leandro Piccioni e Mario Tronco (i due direttori e anime dell’Orchestra di Piazza Vittorio), con echi etnici e quel variare da world music, rivela trovate sorprendenti e di bell’effetto, a cominciare da un ritmo di basso che segna il canto di Carmen sino agli echi megrebini della melodia che sottende alla lettura delle mani da parte di una donna di colore. E così, a chiusura del tutto, ecco le classiche note e parole di «Maybe Monday», una sorta di Que serà serà americana.

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