Campidoglio, il sindaco resta e gli eletti dem pensano alle dimissioni: ecco il vademecum della crisi | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Campidoglio, il sindaco resta e gli eletti dem pensano alle dimissioni: ecco il vademecum della crisi

Si è fermato il countdown per la decadenza del sindaco di Roma Ignazio Marino. Il primo cittadino ha annunciato oggi il ritiro delle sue dimissioni e la revoca sarà formalizzata, probabilmente già stasera, con una lettera protocollata agli uffici della assemblea capitolina ed indirizzata alle presidenza dell’Aula Valeria Baglio. Gli uffici della presidenza a quel punto trasmetteranno la missiva al segretariato generale del Campidoglio e il segretario generale, a sua volta, alla Prefettura. CONVOCAZIONE AULA – Questa sera, inoltre, Marino chiederà alla presidente dell’ Aula Giulio Cesare di convocare l’assemblea capitolina per un confronto con gli eletti. Sul tavolo della Baglio, da giorni, c’è già una richiesta di convocazione firmata da consiglieri dell’opposizione per affrontare la crisi politica, ma non ha ancora convocato la capigruppo per fissare la seduta. DIMISSIONI 25 CONSIGLIERI – Ora che Marino ha annunciato di voler resistere fino alla fine, il Pd si prepara alle dimissioni di massa. Una strada che potrebbe aggirare il passaggio in Aula che tanto impensierisce il partito di Renzi. Per determinare la decadenza di sindaco e giunta serve che si dimettano contestualmente almeno 25 consiglieri in assemblea capitolina (il Pd ne ha 19), cioè la metà più uno. I 25 eletti in questione devono consegnare contestualmente le proprie dimissioni al segretariato generale del Campidoglio, o recandovisi di persona o con delega autenticata da un pubblico ufficiale. MOZIONE SFIDUCIA – La seconda opzione in campo per far cadere il sindaco è la sfiducia. Il Pd dovrebbe presentare in Assemblea Capitolina una mozione di sfiducia, o appoggiarne un’altra. Una soluzione giudicata politicamente inopportuna ma anche impervia perchè farebbe slittare i tempi: la mozione (che deve essere sottoscritta da almeno 2/5 dei consiglieri) infatti dovrebbe essere discussa non prima di dieci giorni dalla consegna e non oltre i trenta. ARRIVA IL COMMISSARIO – Tutte e due queste circostanze – se viene approvata la mozione di sfiducia in Aula o se si dimettono 25 consiglieri – fanno decadere il sindaco, la giunta e il consiglio. Gli organi restano in carica con poteri di ordinaria amministrazione fino alla nomina di un commissario. Il commissario prefettizio, che può guidare la Capitale per 90 giorni, deve essere nominato dal prefetto di Roma. Entro i 90 giorni il Governo, con il ministro degli Interni, proporrà al presidente della Repubblica la nomina del commissario straordinario che guiderà la Capitale fino alle elezioni di primavera. È plausibile che il commissario prefettizio venga confermato dall’esecutivo nel ruolo di commissario straordinario. ELEZIONI A PRIMAVERA – Poi la prima finestra utile per andare al voto, in base alla Legge 120 sulle elezioni negli enti locali del 1999, è quella della prossima primavera. Il voto si potrebbe tenere in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno 2016.

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