"Tradito e accoltellato": Marino si sente come Cesare e accusa il Pd. Tutte le tegole per l'ex sindaco | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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“Tradito e accoltellato”: Marino si sente come Cesare e accusa il Pd. Tutte le tegole per l’ex sindaco

Chirurgico, tagliente come un bisturi, freddo e deciso. Dismessi suo malgrado i panni del sindaco, Ignazio Marino trasforma il Campidoglio in una morgue e seziona il cadavere del Pd romano. Un partito «traditore», un partito di «accoltellatori», un partito che «ha rinunciato alla democrazia scegliendo il notaio e non l’aula, mancando così di rispetto agli elettori». Sono le 18 alla Protomoteca del Campidoglio. E Marino non è più sindaco grazie alle firme di 26 «accoltellatori anche se il mandante è solo uno». È lui un nuovo Cesare, e oggi sono le sue Idi di Marzo. Prima di arrivare in conferenza stampa aveva vissuto la sua ultima giornata da sindaco a tutti gli effetti, avendo ieri ritirato le dimissioni. Era stato all’Auditorium per rivendicare la scelta di un Cda ennesimo motivo di attrito con il commissario del Pd romano Matteo Orfini, e prima ancora aveva scoperto una targa di un parco dedicato a Salvator Allende trovando il tempo di citarlo: «Non sono un martire ma uno che lotta». E, in effetti, alla stampa si presenta determinato e per niente vinto: «ricandidarmi col Pd? Vorrei un partito veramente democratico»; orgoglioso di ciò che ha fatto («abbiamo reso la città virtuosa»), e in aperta polemica col segretario del suo partito nonchè premier: «Non ho affatto avuto un rapporto turbolento con Renzi, nell’ultimo anno non ho proprio avuto un rapporto». Non cede all’emozione, Marino, in questo giorno che segna la fine della sua tormentatissima era. Sembra commuoversi solo quando rivendica di avere «allargato i diritti per tutti, per le cittadine e i cittadini», riferendosi alle registrazioni delle unioni civili contratte all’estero bocciate pochi giorni fa dal consiglio di Stato e fortemente criticate dal Vaticano. E poi, ricorda, tutto quanto fatto per Roma: «ho risanato i conti, chiuso Malagrotta, aperto la metro C, evitato il fallimento di Atac, chiusi i residence». Non parla da sconfitto Ignazio Marino, non più sindaco. Anzi, scandisce «potete uccidere una squadra ma non le sue idee, qui è in gioco il futuro di Roma, non di Ignazio Marino». E sugli errori, gli errori che il Pd gli rimprovera, si chiede: «Ma quali sono? ho sostenuto il programma del centrosinistra». Tutte cose che Marino avrebbe detto in aula, garantisce. Comprese le vicende giudiziarie che lo vedono indagato per le spese e la storia della sua Onlus. Ma ora è tutto finito. Il marziano lascia il Campidoglio, dove era atterrato due anni e mezzo fa tra il Pd in festa, tra qualche applauso e le strette di mano dei consiglieri Sel. Gli uscieri lo salutano. Meticoloso e chirurgico. Tra le mani, Marino ha un foglietto vergato con l’inchiostro verde, la calligrafia nitida, precisa. Come quella che riempie i quaderni di memorie capitoline. «Scatole, scrittoio, cassetti, piccolo mappamondo»: forse l’elenco di un trasloco che sapeva ormai imminente. Prima di andare si è affacciato al balcone, e forse avrà percorso l’aula consiliare. L’ultimo saluto alla statua di Giulio Cesare. Anche lui non un martire ma uno che ha lottato. – «Le questioni della magistratura si risolvono nelle sedi della giustizia e quelle della politica nelle sedi della politica». È netto Ignazio Marino, ormai ex sindaco di Roma, nell’affrontare l’argomento ‘inchiestè nel corso dell’ultima conferenza stampa in Campidoglio. Ma proprio la questione magistratura potrebbe essere nei prossimi giorni uno degli impegni da affrontare ormai da libero cittadino. Il suo nome è, infatti, finito nel registro degli indagati in due inchieste: quella partita alcuni mesi fa e che riguarda una sua creatura, la «Image onlus», e quella più recente e clamorosa che riguarda alcune spese effettuate con la carta di credito del Comune di Roma. Per quest’ultimo procedimento il procuratore Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Francesco Caporale e il sostituto Roberto hanno proceduto all’iscrizione a metà settimana, inviando un avviso di garanzia per il reato di peculato. Sulla decisione della procura di iscriverlo, è stato lo stesso Marino ad affermare che si tratta «di un atto dovuto per svolgere le indagini. Io sono convinto – ha aggiunto – di aver spiegato bene le mie ragioni e la mia trasparenza». Nell’altro procedimento il reato ipotizzato è quello di truffa allo Stato e in base a quanto filtra il procedimento è tutt’altro che chiuso o avviato all’archiviazione così come invece alcune voci accreditavano. La Onlus era stata creata da Marino nel 2005 e aveva come obiettivo quello di fornire aiuti sanitari in Sudamerica e Africa. L’iscrizione, si è appreso, risalirebbe ad alcuni mesi fa e l’attenzione degli inquirenti si concentra su due contratti di consulenza, per la procura falsi, grazie ai quali la Onlus avrebbe ottenuto alcuni sgravi fiscali. I contratti, secondo quanto accertato, sarebbero stati firmati dallo stesso sindaco all’epoca presidente e legale rappresentate della «Imagine». E l’inchiesta sulle spese di rappresentanza con la carta di credito capitolina sembra accelerare proprio in questi giorni. La Procura, dopo l’informativa della Guardia di Finanza, ha già approntato una serie di audizioni. Tra queste la segretaria che ha predisposto i giustificativi ed una collaboratrice, somigliante alla moglie di Marino, con la quale il sindaco cenò il 27 luglio scorso alla Taverna degli Amici, in piazza Margana. Si tratta della cena passata alle cronache per la consumazione di una bottiglia di vino da 55 euro. Gli inquirenti potrebbero acquisire anche la deposizione del responsabile della ragioneria al vaglio del quale sono finiti gli scontrini giustificativi e di colui che predispose l’innalzamento del plafond della carta di credito da 10 mila a 50 mila euro. Spese di rappresentanza della ormai ex vita da sindaco.

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