Giubileo, là dove si sforna il pane dell'Anno Santo | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Giubileo, là dove si sforna il pane dell’Anno Santo

Tre farine diverse macinate a pietra e tutte ‘made in Laziò, lievito madre, sale e un pò di generosità. Quella che serve per comprare una pagnottina di pane da 2 euro e lasciarla a chi verrà dopo, specie se ha più bisogno. Sono gli ingredienti del pane del Giubileo che si sta preparando in alcuni forni romani in vista dell’anno santo straordinario voluto da Papa Francesco dall’8 dicembre. A parte il nome, segno identificativo sarà la croce francescana incisa sulla crosta. Coinvolti finora nell’iniziativa circa 45 forni aderenti a Cna Lazio, che poi saranno indicati su una cartina di Roma realizzata ad hoc e distribuita a pellegrini e turisti. Tra loro anche il Forno delle meraviglie: padre e figli Albanesi che dal 1959 sfornano rosette, pizza bianca e rossa e molte altre dolcezze in zona Marconi, a Roma. Da un pò di giorni qui si impasta pure il pane del giubileo. L’obiettivo è produrne 80-100 chili al giorno fino al prossimo anno. «Ma magari anche dopo..», spera Adriano Albanesi, figlio più grande di Aldo che a 85 anni sembra ancora a suo agio tra farine e pagnotte nel retro del negozio. I figli, insieme all’associazione dei panificatori, hanno cercato le farine migliori per creare questo tipo di pane, presentato in anteprima all’Expo. «È stato un successo, ci è dispiaciuto solo non averne portato di più», racconta Adriano. Poi è venuta l’idea di venderlo come il caffè sospeso a Napoli: uno lo paga e un altro lo mangia, per cui nei 365 giorni del Giubileo le pagnotte ‘sospesè saranno messe a disposizione di fedeli e associazioni che aiutano persone in difficoltà. A parte la generosità, c’è la qualità del cibo, assicurano i fornai. Si tratta di un pane a lievitazione naturale fatto con un trittico di farine (semola di grano duro, farina di grano tenero e integrale) che vengono dalla zona di Viterbo, Tarquina e Cerveteri e si conserva per 4-5 giorni. Merito degli ingredienti e della lavorazione: dopo le prime 6-7 ore di lievitazione, dall’impasto si formano pagnotte da mezzo chilo che vengono lasciate lievitare per altre due ore. A segnare il tempo nella ‘bottegà Albanesi che dall’alba a mezzogiorno sembra una catena di montaggio, è un orologio a lancette dalla cornice non casualmente giallorossa. Così quando arriva l’ora di infornare il pane, si va di coltellino per incidere il tau francescano e via in forno a 320 gradi per tre quarti d’ora. Per il risultato, già il profumo è un buon indizio.

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