La Minerva medica splende tra la ferrovia e il tram | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

La Minerva medica splende tra la ferrovia e il tram

Una bellezza fragile e maestosa capace di catturare lo sguardo ogni volta che si passa in via Giolitti, fra i binari della ferrovia e quelli del tram, nel quartiere romano dell’Esquilino: è la Minerva Medica, aula monumentale risalente ai primi decenni del IV secolo d.C., che dopo un lungo intermezzo di crolli e incuria è stata finalmente messa in sicurezza grazie all’intervento di restauro strutturale condotto dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area Archeologica di Roma. L’essere costruito su strutture preesistenti, il terreno sconnesso e irregolare su cui poggia, la spoliazione e l’abbandono subiti fin dall’epoca tardo antica, sono tra i fattori che hanno contribuito a rendere fragile il monumento: ecco perchè i lavori della Soprintendenza, iniziati nel 2012, hanno avuto carattere di urgenza, anche in considerazione del fatto che, nonostante l’esecuzione di alcuni restauri nel secolo scorso, la parte restante della cupola dell’edificio (già quasi interamente crollata nel 1828) in 100 anni si è ridotta di circa il 50%. Ulteriore criticità è rappresentata dalla particolare ubicazione del monumento, soggetto alle vibrazioni dovute al passaggio dei tram e dei treni. Lavori complessi quindi, e ancora ben lontani dal vedere la fine, con un conseguente allungarsi dei tempi prima che i cittadini possano fruire dello splendore di questo edificio. «La Minerva Medica ha atteso oltre un secolo prima di essere restaurata. La soprintendenza ha investito 2 milioni di euro, eppure questo risanamento è solo il punto di partenza: c’è ancora molto da fare prima di poterla aprire al pubblico. Servono altri fondi per completare gli interventi», ha spiegato il soprintendente Francesco Prosperetti. La pianta decagonale con pilastri angolari, le nove nicchie semicircolari sporgenti, quattro delle quali originariamente traforate da colonne (con l’ingresso sul decimo lato), le ampie finestre per dare luce all’interno, le mura in elevazione con una ricchissima decorazione (di cui sono stati rinvenuti resti di vetro e marmi colorati) e infine la cupola a calotta, una delle più ampie (dopo il Pantheon) tra quelle di epoca romana presenti nella Capitale: oltre alla bellezza, il valore del monumento (in origine probabilmente parte di una grandissima residenza aristocratica, ma gli studi sono ancora in corso) sta nell’essere una costruzione ardita e sperimentale, che testimonia il passaggio da un’epoca all’altra. Come spiega l’architetto Marina Magnani, direttore dei lavori di restauro, «la Minerva Medica, considerata un monumento tardo antico, in realtà anticipa già l’architettura costantiniana come dimostrano le decorazioni policrome, il grande risalto dato alla luce e soprattutto il suo impianto complesso e articolato, con le murature assottigliate e sviluppate in altezza». «Per le sue caratteristiche questo edificio ha presentato problemi già poco tempo dopo la sua costruzione: quindi esisteva il concreto rischio che crollasse tutto, senza un nostro intervento», ha proseguito, «noi abbiamo cercato comunque di conservare l’immagine collettiva di rovina storica della Minerva, evitando di essere troppo invasivi con il restauro».

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