Un teatro stracolmo per l'addio a Luca De Filippo | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Un teatro stracolmo per l’addio a Luca De Filippo

– Il teatro è tutto in piedi, unito in un applauso che sembra non finire mai. E che poi riprende anche all’esterno, per strada, davanti alla bara immersa nei fiori bianchi, con la maschera di Pulcinella appoggiata. Fosse una prima, si, sarebbe un grande successo. Invece è l’ultima volta in scena per Luca De Filippo, scomparso venerdì a soli 67 anni, e che oggi, di lunedì, da tradizione il giorno di riposo degli attori di teatro, ha riempito l’Argentina in ogni ordine di palchi e platea per una cerimonia laica. Ad accompagnarlo, la moglie Carolina Rosi, fino all’ultimo con lui in scena in «Non ti pago», e i figli Matteo, Tommaso e Luisella. E poi, certo, in qualche modo c’era anche Eduardo, quel padre immenso, amatissimo e ingombrante, con cui Luca, in scena e nella vita, non ha mai smesso di dialogare e che, pur con il suo proverbiale riserbo, ammise continuava a mancargli moltissimo. «Il paradosso – ricorda Raffaele La Capria salendo in palcoscenico – è che l’uomo che più lo ha amato è stato anche quello che più gli ha reso l’esistenza complicata. Luca per tutta la vita ha portato avanti una lotta per la libertà, per essere se stesso. Una lotta che però ha vinto completamente. Sarà ricordato per uno stile, di vita oltre che di recitazione, che è solo suo, fatto di una grazia poetica». Uno dopo l’altro concordano in tanti. «Era un attore inglese, che recitava in napoletano – dice Marco Tullio Giordana – Quell’eredità Luca avrebbe potuto rinnegarla o sfruttarla a scopo di lucro. Invece ne fece materia di studio, personale e continua». «Non è stato mica facile nascere figli di un tale ‘popo» di padre – sorride Lina Wertmuller – ma Luca era un uomo pieno di qualità: bello, alto, buono, simpatico. Ce l’aveva tutte. L’unica fregatura è stata questa morte prematura, la più grossa«. E allora si ricordano gli spettacoli, ma anche la passione per il mare, gli allievi che lo aspettavano alla Scuola dello Stabile di Napoli, l’impegno per i giovani disagiati, iniziato da papà Eduardo, ma ripreso da Luca con caparbia. In scena salgono anche loro, i ragazzi del carcere minorile di Nisida. cui la famiglia prega di rivolgere donazioni. E poi le note di Piovani, il ricordo della Compagnia schierata, il saluto di Angelica Ippolito, figlia dell’ultima moglie di Eduardo, Isabella Quarantotti. E il cugino Luigi, figlio di Peppino. »Ci ha uniti l’orgoglio di essere napoletani e di chiamarci De Filippo, oltre che l’amore per il teatro – dice leggendo una lettera – Ti ricorderò sempre perchè sei parte di me. E perchè – aggiunge citando la più celebre delle battute di De Filippo – Luca, pure a me nun me piace ‘o presepe«. Intanto in platea sembra arrivare tutta Napoli, con Toni Servillo, Paolo Sorrentino, Luciano De Crescenzo, Carlo Giuffrè, Marisa Laurito, Vincenzo Salemme (con cui Luca girò l’Italia in tournèe dal ’77 al ’92), Marisa Laurito, Enzo De Caro, Lina Sastri, Maurizio Casagrande. Ma ci sono anche Massimo Ghini, Sergio Castellitto, Roberto Herlitzka, Ettore Scola, Luca Zingaretti, Christian De Sica. E poi il mondo della politica, con il Presidente del Senato Pietro Grasso e l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il commissario di Roma Francesco Paolo Tronca e Gianni Letta, Luca Cordero di Montezemolo e Francesco Rutelli. E ancora, il governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca e quello del Lazio Nicola Zingaretti. Fino al candidato sindaco di Napoli Antonio Bassolino, che in una frase riassume l’ammirazione di molti. »A un certo punto di Eduardo De Filippo si diceva solo Eduardo – dice – Ora anche Luca De Filippo è diventato solo Luca«.

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