Coco l'Irreguliere sfila a Cinecittà con i Metiers d'Art | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Coco l’Irreguliere sfila a Cinecittà con i Metiers d’Art

È una ‘parigina a Romà quella disegnata da Karl Lagerfeld per la collezione Metiers d’Art, che ha sfilato in notturna nel Teatro 5 di Cinecittà, lo studios preferito di Fellini, in un’ambientazione grigia e nebbiosa che ricostruisce un angolo di Parigi, con il viale alberato, la stazione della metropolitana (Paris-Rome) da cui arrivano le modelle, il garage, la frutteria, il cafè, il fiorista, il Cinema, dove proiettano il corto firmato dalla regia di Lagerfeld Once and forever. È Coco l’Irreguliere (come il titolo di una nota biografia della stilista di Edmonde Charles Roux) come venne definita Gabrielle Chanel quando giovanissima divenne l’amante del ricco Balsan, e seguendolo nel letto, nelle cavalcate quotidiane o alle corse agli ippodromi, inventò uno stile tutto suo: pantaloni jodhpurs (da stalliere), colli alti, cravatte, bombette. È una tipa ribelle la parigina a Roma che sfila col broncio e veste con capi iconici riadattati al suo carattere capriccioso. Del resto è Coco l’indomabile a cui Lagerfeld rende omaggio anche con il suo film proiettato in notturna sulle gradinate dello studios, all’aperto e al freddo, nello stesso anfiteatro dov’è stato girato Gangs of New York, ad un pubblico di 800 ospiti semi-congelati, avvolti in coperte fornite dallo staff, ma felici di essere presenti all’evento che vede in prima fila il direttore creativo di Chanel, Lagerfeld, Caroline di Monaco, Franca Sozzani, direttrice di Vogue Italia, Silvia e Carla Fendi. Prova del caratterino della tizia tosta che sfila nel Teatro N.5 sono le calze di raffinato pizzo, con riga orizzontale al polpaccio che fa pensare ai calzettoni messi sopra, portate con scarpe modello mulat (scarpe-pantofola senza tallone) bianche con punta nera, come piace a Coco. Cosa ci si aspetta del resto da una ragazza con i capelli lunghi e cotonati sulla nuca, un pò alla Brigitte Bardot, che mette la gonna a tubo, ma in pvc matelassè, tanto per non dimenticare un altro motivo icona della maison, con la mantellina? Siamo sicuri di aver capito bene, che quella ragazzina con l’abito nero in chiffon e pizzo trasparente, con fiocco bianco al collo da educanda non stia per entrare in un cafè a cantare «Ko Ko Ri Ko». Lo stesso motivo che cerca di ripetere nel corto di Lagerfeld, Kristen Stewart, una delle due protagoniste del film, mentre si sforza di entrare nella parte di Gabrielle Chanel giovanissima, quando appena andata via dal collegio cantava nel tabarin per i militari, guadagnandosi da vivere e iniziando la leggenda con il soprannome di Coco. Coco l’indomabile anche in età matura, come mostra una magistrale Geraldine Chaplin nel corto, mentre risponde al telefono con tono perentorio: «Je suis Coco. La moda per me è lavoro, lavoro lavoro», ha il coraggio di mettere l’abito lungo bianco con le iconiche camelie impresse in rilievo sul tessuto spesso, con l’immancabile mantellina, capo-tormentone della collezione. Lei ama il lusso di corsetti scintillanti di ricami mille cristalli Swarovski, tanto il suo amante è generoso. Ma vuole di più: le piume pregiate attorno ai cappotti, sugli orli delle gonne, le borse d’argento con catenelle in metallo, mille fiori applicati a decorare l’abitino bianco lungo. E poi perle, collane, orecchini vistosi. E se il suo amato Boy non c’è più, è andato via per sempre tra le braccia della morte, che il suo amore diventi «il lavoro, il lavoro, il lavoro», l’unica vera passione di una donna divenuta leggenda anche spegnendosi, a 88 anni, mentre sorpresa esclamava: «Dunque così si muore?», proprio lei, Coco, che con la sua moda è diventata immortale.

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