Giubileo, dietro la vetrina i soliti guai della Capitale | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Giubileo, dietro la vetrina i soliti guai della Capitale

A 300 metri da San Pietro, in piazza della Rovere, il cantiere ha aperto questa mattina: gli operai stanno sistemando solo i marciapiedi perchè rifare il manto stradale vorrebbe dire bloccare mezzo Lungotevere: «lo faremo di notte, ma non pensare che questo eviti le code di giorno». Dall’altra parte del Tevere, in via del Banco di Santo Spirito dove secondo i piani del Vaticano dovrebbe passare il flusso di pellegrini diretti a Castel Sant’Angelo e, di lì, a via della Conciliazione, l’unica cosa finita sono le recinzioni che delimitano l’intera strada: niente asfalto, niente mezzi al lavoro, una macchina parcheggiata in mezzo al cantiere. Il Giubileo della Misericordia, per chi ci crede, si porterà via i guai dell’anima; ma quelli della città che suo malgrado lo ospita, sono tutti lì, come c’erano ieri, come ci saranno probabilmente anche domani. Perchè dietro la vetrina di via della Conciliazione, dove la macchina organizzativa vaticana gira a mille e l’Italia ha schierato centinaia di uomini, consapevole che al tempo dell’Isis la sicurezza assoluta è impossibile da garantire e dunque è la percezione di sicurezza la soluzione contro la paura, Roma è la solita metropoli di sempre: disillusa e disincantata, disfattista e lagnosa, indifferente ai papi come ai barbari e agli eserciti che nei secoli l’hanno dominata e pure distrutta. Impegnata, soprattutto, a districarsi nel traffico dello shopping natalizio. Una città convinta, tra l’altro, che questo Giubileo voluto dal papa sudamericano porterà poco o nulla di utile. E, anzi, terrà lontano un bel pò di turisti. Lo sa pure chi, col Giubileo, dovrebbe fare affari. «Abbiamo le prenotazioni in calo del 10% sia a Natale sia a Pasqua – dicono alla Domus Sessoriana, una ‘casa per feriè con vista sulla basilica di San Giovanni e le camere ricavate dalle celle del monastero annesso alla basilica di Santa Croce in Gerusalemme – e ad oggi di 70 camere ne abbiamo prenotate soltanto 15». Dietro l’albergo c’è l’altra Roma, quella che in queste occasioni o si nasconde sotto al tappeto o si fa finta di non vedere, purchè sia lontano dal centro della città e dalle telecamere delle tv internazionali: c’è il mercato abusivo degli zingari che è appena al di là delle mura Aureliane, in piena attività, con merce di ogni tipo, rubata o recuperata dai cassonetti. E c’è Milko il bulgaro, che con 3 euro taglia barba e capelli in mezzo alla strada a porta San Lorenzo, due passi dalla stazione Termini e da un posto di blocco della polizia. Anche il parcheggio per i pullman turistici al terminal Gianicolo, sopra al Vaticano, è vuoto. «I pellegrini? Sono pochi, molto pochi – dice il cassiere – speriamo arrivino per Natale». Arriva invece un pullman di crocieristi. La guida, appena vede il cronista, sbotta. «Questo posto lo chiamiamo ‘la tana per topì. Se un pullman esce e uno entra, si blocca tutto; non c’è aria, si respira benzina, non ci sono uscite di sicurezza». Quel che si vede chiaramente è che l’ultima verifica sugli estintori e del luglio 2014, un anno e mezzo fa. A piazza San Cosimato, nel cuore di Trastevere, il Giubileo è già lontano anni luce, nonostante da qui al Vaticano c’è un chilometro scarso. La gente fa la spesa e parla dei problemi di tutti i giorni, i figli a scuola, i soldi che non bastano mai. Piero, il macellaio del mercato, ha le idee chiare. «Se vado domani a San Pietro? Ma ancora stamo a crede al diavolo? Io quelli li conosco da 50 anni, giocavo a rugby con l’Universitas e lo sai chi era l’allenatore? Un cristo di un metro e novanta, si chiamava Marcinkus. Sì, proprio quello là, il presidente dello Ior». E quindi? «E quindi ce lo potevamo pure risparmià, sto Giubileo. Se poi ce metti che ce sta pure la paura degli attentati, qua c’è sempre meno gente». Già, la paura. Alla fermata della metropolitana di Ottaviano, la più vicina a San Pietro, la vedi negli occhi della gente: escono da sottoterra e si trovano davanti i militari con i mitra spianati. Lo sanno tutti che sono lì per garantire sicurezza, ma l’effetto è quello opposto. Così si voltano dall’altra parte e sperano che non tocchi a loro. «Io sono fatalista – dice il gelataio del bar Ape, all’angolo con viale Giulio Cesare – tanto cosa si può fare quando a colpire potrebbe essere chiunque?». Al capolinea della metropolitana Roma-Lido, invece, i due militari che gironzolano per la stazione passano praticamente inosservati tra le decine di pendolari, immigrati, studenti che escono ed entrano dai treni a testa bassa. È cambiato qualcosa con l’inizio del Giubileo? «Nulla – risponde Marco -. Anzi, sì: se ti dice bene il treno passa in orario, prima non c’era possibilità. Oggi ha fatto solo 20 minuti di ritardo, poteva andare peggio».

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