Cucchi, Cassazione: "Appello bis per 5 medici". Nuovo processo dopo 6 anni di perizie e inchieste | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Cucchi, Cassazione: “Appello bis per 5 medici”. Nuovo processo dopo 6 anni di perizie e inchieste

Saranno giudicati da un'altra sezione della Corte d'assise d'appello della Capitale Aldo Fierro, primario del reparto per detenuti, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo.Confermate, invece le assoluzioniper gli altri sette coimputati

Ci sarà un processo d’appello bis per cinque dei sei medici dell’ospedale ‘Pertinì di Roma accusati dell’omicidio colposo del geometra Stefano Cucchi, arrestato per droga il 15 ottobre 2009 e morto dopo una settimana, mentre era degente nella struttura sanitaria. Lo ha deciso la Cassazione che ha così accolto la richiesta del Pg Nello Rossi di non far calare una «pietra tombale» sulle cause della morte di Cucchi. Perchè – ha detto il pg nella sua requisitoria – questa «persona» doveva «essere custodita da uomini dello Stato» ed è stata invece oggetto di «gravi violenze» per poi «morire in un ospedale pubblico» dove «è stata violata la sua dignità». Saranno giudicati da un’altra sezione della Corte d’assise d’appello della Capitale Aldo Fierro, primario del reparto per detenuti, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo.Confermate, invece, dalla Suprema Corte le assoluzioni, che diventano così definitive, degli altri sette coimputati, tra loro una dottoressa, tre infermieri e tre agenti della polizia penitenziaria. Nell’aula ‘Dalla Torrè della Cassazione c’era anche Ilaria, la sorella di Stefano, che da sei anni combatte senza tregua per fare luce su questa morte con un impegno cui il Pg Rossi ha reso onore definendolo «meritorio». «I medici sono responsabili della morte di mio fratello, se lo avessero curato non ci sarebbe alcun motivo di parlare di lui e della sua vicenda», dirà Ilaria dopo la lettura della sentenza, definendo il verdetto della Cassazione «un nuovo inizio». Presenti in aula anche il padre Giovanni, e la madre Rita Calore, uno scricciolo di donna consumata dal dolore. Con loro, l’avvocato Fabio Anselmo, un ‘paladinò nei processi con vittime della violenza in divisa. Convitata di pietra, durante tutto il processo in Cassazione, è stata l’inchiesta bis della Procura di Roma condotta dal pm Giovanni Musarò che ha indagato cinque carabinieri, tre dei quali accusati di aver picchiato Cucchi e altri due di aver coperto il pestaggio che sarebbe avvenuto in una caserma dell’Arma prima di portare il ragazzo in tribunale. «Non si deve essere ciechi nè sordi davanti a questi sviluppi investigativi: su una vicenda umana e processuale già molto complicata, si innesta il fatto nuovo di un’indagine che riparte nei confronti di altri soggetti», ha detto il Pg Rossi rilevando che la sentenza d’appello ha in maniera «efficace» affermato «le ragioni militanti a favore di un’altra plausibile ipotesi, quella di violenze anteriori alla consegna del Cucchi agli agenti di Piazzale Clodio». Questo nuovo scenario, per Rossi, rafforza le ragioni dell’assoluzione, emessa fin dal primo grado, dei tre agenti della penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Dominici. Sono le parole che i familiari di Stefano speravano di ascoltare e che hanno subito spinto l’avvocato Anselmo a rinunciare a discutere il ricorso contro le assoluzioni dei tre agenti. «Registriamo le richieste del procuratore generale e prendiamo atto dell’avvio di una indagine della Procura di Roma finalizzata all’individuazione dei responsabili di quello che la stessa Procura non esita a definire ‘un violentissimo pestaggiò», ha spiegato il legale di parte civile nel suo breve intervento. «Oggi sento per la prima volta parlare di ‘violentissimo pestaggiò – ha detto Ilaria Cucchi, parlando con i cronisti dopo aver ascoltato il Pg – e mi viene da chiedere cosa c’entra questo con la caduta nominata nella perizia. Qualcuno ci dovrebbe delle scuse». In un altro passaggio della requisitoria, il Pg Rossi – rientrato da poco in Cassazione dopo otto anni alla guida del pool della Procura di Roma contro la criminalità economica – ha sottolineato che «dai membri di corpi di Polizia e dai medici, la collettività ha il diritto di esigere il massimo di correttezza, di rispetto umano, di osservanza delle leggi dello Stato di diritto se si vuole evitare che il potere dello Stato degradi ad arbitrio ed a mera violenza e sia irrimediabilmente delegittimato agli occhi dei cittadini». «Lo Stato senza diritto – ha proseguito Rossi – è una banda di briganti, come ha scritto Sant’Agostino e come ci ha ricordato un fine teologo come Benedetto XVI». Dal Pg sono inoltre venute parole d’accusa sulla «clamorosa sciatteria» dell’ospedale ‘Pertinì: per Rossi occorre fare luce su come è morto Stefano in quella struttura. E una risposta potrebbe venire dalla nuova inchiesta della procura di Roma che coinvolge alcuni carabinieri, accusati di aver pestato Cucchi: è già stato fatta istanza di incidente probatorio per chiedere al gip una nuova perizia medico legale sulle lesioni patite dal giovane dopo il suo arresto.

La sentenza della Cassazione, che ha disposto un processo d’appello bis per 5 medici dell’ospedale Pertini di Roma e ha definitivamente assolto poliziotti penitenziari ed infermieri coinvolti nella vicenda, costituisce l’ultimo tassello, in ordine temporale, di una storia iniziata nel 2009, quando il giovane geometra romano fu arrestato nella Capitale per droga. Era la notte del 15 ottobre 2009, quando Stefano Cucchi fu arrestato dai carabinieri perchè trovato in possesso di sostanza stupefacente. Già nel cuore di quella notte si sentì male mentre era in caserma; tant’è che fu chiamata l’ambulanza, ma lui rifiutò di essere curato. Il giorno dopo fu portato in udienza, nel tribunale di Roma, per la convalida del suo arresto. Le sue condizioni portarono in tempi brevi a una peggioramento che lo fece finire al reparto detenuti dell’ospedale ‘Pertinì di Roma. Lì, una settimana dopo, all’alba del 22 ottobre, morì. La storia processuale vide l’iscrizione nel registro degli indagati di dodici persone: sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria. Terribili le accuse mosse dalla procura capitolina: a vario titolo e secondo le specifiche posizioni, abbandono di incapace, abuso d’ufficio, favoreggiamento, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità. Terribile la tesi accusatoria iniziale: per la procura, infatti, Cucchi era stato ‘pestatò nelle celle del tribunale, in ospedale erano state ignorate le sue richieste e addirittura era stato abbandonato e lasciato morire di fame e sete. È stato un processo impegnativo quello istruito davanti alla III Corte d’assise di Roma; un processo nel quale ci sono state decine di consulenze, una maxi-perizia, le dichiarazioni di quasi 150 testimoni. Due anni di lavoro al termine dei quali i giudici arrivarono a una conclusione diversa da quella prospettata dai pm. Per la III Corte d’assise, in sostanza, Cucchi non fu ‘pestatò nelle celle, ma morì in ospedale per malnutrizione e l’attività dei medici fu segnata da trascuratezza e sciatteria. Ecco perchè decisero che gli unici colpevoli di omicidio colposo fossero i medici e mandarono assolti infermieri e agenti penitenziari. In attesa del processo d’appello, la novità fu un maxi-risarcimento accordato alla famiglia dall’ospedale. A fine settembre, l’apertura del dibattimento durato ben sette udienze. Le novità non sono mancate. Una fra tutte: il Pg Mario Remus ha chiesto il ribaltamento della sentenza di primo grado, aggiungendo alla condanna dei medici anche quella di infermieri e agenti. Per il Pg, in una frase, il ‘pestaggiò Cucchi lo subì, ma dopo e non prima l’udienza di convalida del suo arresto; e poi, tutti ebbero una responsabilità nella morte, e andavano condannati. E la difesa? Tutti a sollecitare l’assoluzione dei propri assistiti, con un di più: la richiesta di nullità della sentenza di primo grado che ha cambiato l’imputazione con la restituzione degli atti al pm per riformularla. Poi il 31 ottobre 2014, la Corte d’assise d’appello di Roma scrisse un’altra verità: imputati tutti assolti, indistintamente, ‘perchè il fatto non sussistè. La formula? Quella che richiama la vecchia insufficienza di prove. Ma ora la Cassazione ha parzialmente cancellato quella sentenza: non convincenti, secondo la Suprema Corte, le motivazioni dell’assoluzione per 5 medici del Pertini, che dovranno essere sottoposti a una processo d’appello-bis per omicidio colposo, mentre è stata confermata ed è diventata definitiva l’assoluzione per i poliziotti penitenziari e gli infermieri coinvolti nella vicenda. Ma la storia è destinata ad avere anche altri seguiti giudiziari: la Procura di Roma, infatti, ha in corso una seconda inchiesta, nella quale si ipotizza – scrive la Procura stessa – che «nella notte tra il 15 ed il 16 ottobre 2009 Stefano Cucchi fu sottoposto ad un violentissimo pestaggio da parte di Carabinieri appartenenti al comando stazione di Roma Appia». Ed è già stata fatta richiesta di incidente probatorio per chiedere al gip una nuova perizia medico legale sulle lesioni patite da Cucchi dopo l’arresto per droga.

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