Tangenti sugli appalti per le strade: in manette sette funzionari pubblici, in due si spartiscono 650mila euro | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Tangenti sugli appalti per le strade: in manette sette funzionari pubblici, in due si spartiscono 650mila euro di mazzette

Sotto osservazione 16 gare e 33 milioni. In totale gli indagati sono 18, dipendenti di Municipi e Campidoglio. Il pm: "Coinvolte molte imprese di settore"

– Mazzette per chiudere un occhio sulla regolare esecuzione dei lavori di manutenzione di strade e infrastrutture: 33 le gare d’appalto finite nel mirino della procura di Roma e dei Carabinieri del Noe, che hanno arrestato 7 funzionari pubblici. Sedici milioni il valore degli appalti, sui quali sarebbero stati pagati in due anni 650 mila euro di tangenti.Gli arresti – eseguiti all’alba, insieme ad una serie di perquisizioni, dai carabinieri del Comando per la Tutela dell’Ambiente in collaborazione con quelli del Comando provinciale di Roma – riguardano funzionari di diversi Municipi del Comune di Roma, del Dipartimento ‘Simù (Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana) di Roma Capitale e dell’Ospedale San Giovanni Addolorata. L’indagine è la prosecuzione di quella che il 14 ottobre scorso portò all’arresto degli imprenditori Luigi Martella ed Alessio Ferrari, insieme al funzionario del ‘Simù Ercole Lalli, accusato di aver ricevuto 2.000 euro in contanti in cambio di informazioni riservate sulle gare d’appalto per la manutenzione e la sorveglianza delle strade della Grande Viabilità di Roma. Grazie all’analisi incrociata – tuttora in corso – di una serie di intercettazioni e della documentazione sequestrata, tra cui la «contabilità occulta» delle società del «Gruppo Martella», ma anche in seguito alla confessione dei due imprenditori arrestati, gli investigatori ritengono di aver individuato «ulteriori episodi di corruzione» sempre a carico di funzionari-direttori dei lavori, in relazione a specifici appalti. In particolare, sottolineano i carabinieri, «le dazioni di denaro erano finalizzate ad ottenere agevolazioni da parte dei funzionari sulle modalità di esecuzione dei lavori, consentendo agli imprenditori di eseguire le opere in modo difforme rispetto a quanto previsto». «Emblematico» viene definito il caso della pulizia dei chiusini stradali, che veniva effettuato su un numero inferiore rispetto a quello dichiarato nella documentazione ufficiale, oppure il caso del rifacimento del manto stradale, effettuato risparmiando sullo spessore dell’asfalto. Gli accordi presi tra gli imprenditori ed i funzionari incaricati di sorvegliare il corretto andamento dei lavori comportavano, secondo l’accusa, il versamento di somme di denaro variabili da poche migliaia di euro fino ad oltre 100 mila euro, nell’ordine del 3-4% del valore dell’appalto. «La sistematica reiterazione della condotta corruttiva – affermano gli investigatori – ha permesso di evidenziare almeno 33 gare d’appalto per un valore complessivo di oltre 16 milioni di euro e per le quali sarebbero stati versati solo negli ultimi due anni, complessivamente 650 mila euro di tangenti».Sono complessivamente 18 le persone indagate dalla procura di Roma, di cui sette agli arresti, nell’ambito dell’inchiesta condotta dai carabinieri del Noe su presunti casi di corruzione per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria di strade e infrastrutture. I funzionari pubblici arrestati sono Francesco Pantaleo e Stefano De Angelis, del dipartimento ‘Simù (Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana) di Roma Capitale; Roberto Brondi, Piero Seguiti, Doriano Carbonari e Paolo Fornaciari, impiegati rispettivamente presso i Municipi V, IX, X e XII di Roma e Franco Ridenti, tecnico della Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata. Perquisizioni sono state compiute anche nelle abitazioni e negli uffici dei funzionari Fabio Stefano Pellegrini del dipartimento Simu, Luca Gaveglia del Municipio IV e Giampietro Cirilli, già funzionario del Municipio VIII, ora in pensione, ma ancora legato da un rapporto d’impiego con l’amministrazione. Nei loro confronti il gip non ha accolto la richiesta di arresto avanzata dalla procura. Indagati per corruzione anche 8 funzionari ed ex funzionari, questi ultimi ora in pensione. – «Tutto lascia pensare che il sistema coinvolga gran parte delle imprese che operano nel settore» della manutenzione urbana. È quanto sostiene la procura di Roma negli atti dell’indagine che ha portato oggi all’arresto di sette funzionari pubblici. È stato uno degli stessi imprenditori arrestati nella prima tranche dell’inchiesta, Alessio Ferrari, a confessarlo: «Io so che è un sistema di richiesta generalizzata da parte dei funzionari del Comune nel settore della manutenzione urbana». – «Credo quindi – ha detto Ferrari agli inquirenti che lo interrogavano – che chiedessero anche agli altri come costantemente chiedevano a noi. È una facile deduzione, ma non potrei dire di saperlo in senso diretto». Alla domanda del pm che gli faceva presente che «ci sono anche casi in cui non sono state fatte richieste», Ferrari ha risposto: «Certo, non in tutti i Municipi; ma quelli che noi pagavamo secondo me chiedevano anche agli altri. Certo a via Petroselli (dove si trova il Dipartimento Simu, Sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana di Roma Capitale) è un vero sistema». Nella richiesta di arresto dei funzionari la procura di Roma sottolinea come le indagini dei carabinieri del Noe, peraltro ancora non concluse, abbiano messo in luce «un quadro di estrema gravità: nella materia della manutenzione urbana – in primis riferibile alla viabilità e alla manutenzione stradale – una estesa e quasi endemica attività corruttiva ha finito per distogliere ingenti risorse pubbliche dalle finalità cui erano destinate (assicurare sicurezza e qualità alla agibilità urbana) dirottandole ad impieghi di profitto privato di imprenditori e funzionari. – Gli arresti dei sette funzionari pubblici di Roma accusati di corruzione sono stati disposti dal gip per il pericolo di recidiva: secondo il giudice è infatti «prevedibile che se lasciati in libertà possano trovare altri imprenditori compiacenti, anche in considerazione dell’appetibilità degli onerosi lavori straordinari per il Giubileo appena iniziato».«Individui che non hanno esitato a barattare la loro funzione pubblica con alcune migliaia di euro, incuranti delle difficoltà della Capitale che hanno contribuito ad aggravare omettendo per la vil moneta il monitoraggio di appalti essenziali per il decoro di una città che fa purtroppo fatica ad assicurare ai suoi abitanti una qualità di vita consona al suo rango di metropoli europea». È il j’accuse del gip di Roma Massimo Di Lauro, che spiega perchè non ha concesso i domiciliari ai funzionari arrestati.Il giudice sottolinea come uno degli imprenditori arrestati nella prima tranche dell’inchiesta, Alessio Ferrari, nella sua «piena confessione» non abbia «esitato a definire l’attività del gruppo Martella (le società facenti capo all’altro imprenditore a suo tempo finito in manette) come sistematicamente volta non solo a turbare gare pubbliche», circostanza contestata ai due imprenditori nella precedente ordinanza di custodia cautelare a loro carico, «ma, condotta certamente più grave, ad eludere i controlli circa il corretto andamento dei lavori e servizi appaltati». Sempre ad avviso del gip, dunque, «la particolare gravità dell’attività corruttiva.. giustifica l’applicazione della custodia in carcere nei confronti dei funzionari infedeli che hanno deplorevolmente abdicato al loro dovere di controllo di appalti concernenti servizi e lavori di supremo interesse per la Capitale, la collettività capitolina e, quanto al Ridenti (Franco Ridenti, tecnico in servizio presso l’Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata – ndr) per gli utenti del San Giovanni». Nè, secondo il giudice, possono essere concessi i domiciliari agli arrestati, poichè – stante «il carattere organizzato dell’attività corruttiva, che Ferrari ha riferito ergersi a vero e proprio sistema criminale», un sistema di «corruttela pervasivo e reiterato» – è «assolutamente probabile che delitti della stesse specie possano essere reiterati in ambito domiciliare, ad esempio impartendo direttive con il telefono». Del resto, conclude il gip, la misura degli arresti domiciliari ha anche una natura fiduciaria e «questo giudice in coscienza non può nutrire alcun affidamento su soggetti che per qualche migliaia di euro hanno tradito la fiducia del Comune e dei contribuenti della Capitale o, nel caso di Ridenti, degli utenti del Presidio Ospedaliero ove presta servizio».

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