Sit-in dei lavoratori del Ministero dei Beni culturali: "No alla riforma" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Sit-in dei lavoratori del Ministero dei Beni culturali: “No alla riforma”

Ancora una protesta contro la riforma del Mibact. Stavolta sono i lavoratori del ministero, circa 200, che hanno partecipato al sit-in organizzato dalle sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil, davanti alla sede del Mibact in Via del Collegio Romano. Un’iniziativa che segue l’assemblea di Palazzo Massimo di due settimane fa e alla quale hanno preso parte i lavoratori delle soprintendenze, degli istituti di restauro e più in generale dei vari settori dei Beni culturali. Nel mirino dei manifestanti, oltre alla riforma del Mibact varata con decreto ministeriale dal titolare di Via del Collegio Romano, Dario Franceschini, anche la ventilata soppressione della cosiddetta procedura di archeologia preventiva dal codice degli appalti e il passaggio, previsto dalla riforma della Pubblica Amministrazione, delle soprintendenze sotto le prefetture. «La riforma del codice degli appalti che sta mettendo a punto il governo sembrerebbe escludere l’art. 94 e 95, la cosiddetta ‘procedura di archeologia preventiva’», afferma all’Adnkronos Antonella Rotondi, archeologo assistente tecnico della soprintendenza speciale per il Colosseo e l’Area archeologica romana, nonché sindacalista della Rsu Cgil, spiegando che si tratta di uno strumento che ha consentito agli archeologi di procedere di comune accordo con la salvaguardia dei tesori archeologici. Mandarla in soffitta, secondo i tecnici del Mibact, esporrebbe i reperti a operazioni di danneggiamento e al conseguente blocco dei lavori delle opere pubbliche.«In più – aggiunge Rotondi – la riforma Mibact prevede la divisione in cinque tronconi della soprintendenza speciale per il Colosseo e noi riteniamo che questo non sia un bene, ma che anzi ci sia il rischio di minare la coscienza culturale italiana che si è formata nei secoli, dalla nascita delle soprintendenze ad opera dei Borboni. Con la falsa immagine di un rinnovamento organizzativo si depaupera il modo di fare tutela», afferma Rotondi. L’archeologa parla di «riforma imposta dall’alto senza consultare gli addetti ai lavori», e aggiunge: «Perché i due parchi archeologici dell’Appia antica e di Ostia? Sembrano due contenitori di cui non si sa nulla. Il nostro criticare la riforma – conclude Rotondi – non è volere andare contro il nuovo, ma volere evitare una direzione ignota. E ci chiediamo se non sia una rovina e un detrimento della tutela».

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