Rebibbia, due detenuti evadono dal carcere: sono ancora ricercati. L'appello dei difensori | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Rebibbia, due detenuti evadono dal carcere: sono ancora ricercati. L’appello dei difensori

Si tratta di due uomini di nazionalità rumena, condannati per omicidio. Dap: "Allarmismo eccessivo, i nostri istituti sono tra i più sicuri"

– Due detenuti romeni sono evasi nel pomeriggio di ieri dal reparto G11 del carcere romano di Rebibbia. Secondo quanto si apprende i detenuti avrebbero tagliato le sbarre del magazzino e poi sarebbero scappati scavalcando la rete e il muro di cinta per poi darsi alla fuga. Sono subito partire le ricerche con varie unità della polizia penitenziaria e altre forze di polizia.Si tratta di due detenuti di nazionalità rumena, ristretti al Padiglione 12 del carcere romano di Rebibbia quelli evasi oggi da Rebibbia. «Si tratta di due delinquenti molto pericolosi, pluriomicidi. Sembra che entrambi siano evasi nel modo più classico, ossia calandosi con delle lenzuola dalla finestra della cella. Sono fuggiti in direzione via Tiburtina e sono immediatamente iniziate le ricerche di Polizia Penitenziaria e altre Forze di Polizia per catturare i due uomini. L’interesse di tutti è catturarli al più presto e assicurarli alla giustizia», commenta Maurizio Somma, segretario regionale per il Lazio del Sappe, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. «Le carceri sono più sicure assumendo gli Agenti di Polizia Penitenziaria che mancano, finanziando gli interventi per far funzionare i sistemi antiscavalcamento, potenziando i livelli di sicurezza delle carceri: non è un caso che proprio i sistemi di sicurezza del carcere di Roma Rebibbia sono fuori uso da tempo», conclude Donato Capece, segretario generale Sappe. «Altro che la vigilanza dinamica, che vorrebbe meno ore i detenuti in cella senza però fare alcunché. Al superamento del concetto dello spazio di perimetrazione della cella e alla maggiore apertura per i detenuti deve associarsi la necessità che questi svolgano attività lavorativa e che il personale di Polizia Penitenziaria sia esentato da responsabilità derivanti da un servizio svolto in modo dinamico, che vuol dire porre in capo a un solo poliziotto quello che oggi fanno quattro o più agenti, a tutto discapito della sicurezza. Le idee e i progetti dell’Amministrazione Penitenziaria, in questa direzione, si confermano ogni giorno di più fallimentari e sbagliati». I due detenuti romeni ricercati dopo la clamorosa evasione dal carcere di Rebibbia hanno superato tre sbarramenti prima di darsi alla fuga. È quanto emerge da una prima ricostruzione dell’accaduto. Innanzitutto, i due hanno segato le sbarre del magazzino situato nel reparto G11 di Rebibbia, un locale all’interno degli spazi detentivi usato come deposito e posto vicino alle docce; a questo punto si sono calati dal muro esterno, alto 7-8 metri, con delle lenzuola. Arrivati a terra, si sono spostati verso l’intercinta; quindi avrebbero usato dei bastoni, realizzati unendo fra loro diversi manici di scopa, per issare e agganciare al muro di cinta, alto 5-6 metri, delle lenzuola a cui erano fissati dei ganci di metallo rudimentali realizzati dagli stessi fuggitivi. Calatisi dal muro di cinta, i due si sono poi arrampicati sulla rete elettrosaldata, superando così l’ultimo sbarramento. Per segare le sbarre del magazzino gli evasi potrebbero aver usato un seghetto a ferro: uno dei due evasi, Florin Mihai Diaconescu, aveva a disposizioni arnesi di questo tipo perché era un lavorante: detenuto dal 2008, svolgeva come altri detenuti lavori di manutenzione all’interno del carcere. I due infine si sarebbero allontanati – secondo le prime ricostruzioni – salendo su un autobus e non ci sarebbe stata quindi un’auto ad attenderli.

È caccia ai due romeni evasi dal reparto G11 del carcere romano di Rebibbia ieri pomeriggio. Carabinieri e polizia, coordinati dal magistrato che conduce l’indagine, hanno avviato ricerche e controlli per rintracciare Ciobanu Catalin e Florin Mihai Diconescu. Verifiche mirate in queste ore sono state eseguite su familiari, amici e conoscenti dei due uomini. L’attenzione è alta e su tutte le autoradio di polizia e carabinieri sono presenti le loro foto segnaletiche. Posti di blocco sono stati avviati anche sulle principali arterie della Capitale.

«I due soggetti, abbastanza pericolosi, si trovavano nel reparto G11, dove è in vigore la vigilanza aperta: dalle 8 alle 20 i detenuti sono liberi di circolare nella sezione. I due hanno tagliato le sbarre di una stanza sempre aperta e senza i controlli di nessuno si sono calati al piano terra con le lenzuola legate tra loro. Quindi hanno abbattuto con un calcio la rete marcia del cortile e hanno scavalcato un recinto di quattro metri per poi uscire dal lato ovest del carcere all’altezza del ristorante La Torre». Così Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), intervenuto questa mattina ai microfoni di Radio Roma Capitale, all’interno del programma di Paolo Cento «Ma che parlate a fa!?», ricostruendo l’evasione di due detenuti dal carcere romano di Rebibbia- Il segretario generale del Sappe ha aggiunto: «La sicurezza nelle carceri è sotto i livelli minimi e questi sono i risultati. A Rebibbia abbiamo meno di 600 agenti e spesso ci facciamo carico di turni di lavoro di 8/9 ore. C’è una carenza di organico dei poliziotti penitenziari, perché non vengono rimpiazzati tutti i colleghi che vanno in pensione. Siamo demotivati e abbandonati a noi stessi. Se la sicurezza si elimina c’è il rischio che i detenuti possano evadere. Dobbiamo pensare ad un carcere che sia a vigilanza attenuata per i detenuti vicini a fine pena e per coloro che si contraddistinguono per buona condotta, ma non per due detenuti di quello spessore».

Un appello perchè si costituiscano al più presto è stato rivolto questa mattina ai due evasi dal carcere di Rebibbia dai loro difensori. L’avvocato Andrea Palmiero che assiste Ciobanu Catalin, ricordando che la settimana scorsa aveva avuto un colloquio con il suo cliente il quale aveva anche manifestato l’intenzione di fare domani durante il processo dichiarazioni, ha detto: «Resto perplesso, stupito del suo comportamento. Forse ha ceduto alla tentazione, frutto del momento, non penso che l’evasione fosse premeditata. Per questo lo invito a costituirsi per dimostrare la sua innocenza e questo non è certo il modo per farlo». L’avvocato Palmiero aggiunge poi: «si deve costituire urgentemente visto che abbiamo ancora la possibilità di dimostrare la sua innocenza nel processo che lo vede accusato di sequestro di persona e morte come conseguenza non voluta». Si tratta della morte di un commerciante egiziano, vittima di estorsione prelevato da casa e deceduto per infarto nel 2013. Secondo l’avvocato Palmiero questa è una «vicenda in cui possiamo dire la nostra».- A rivolgere l’appello a Florin Mihai Diconescu, l’altro evaso, è il suo avvocato Cristiano Brunelli. «Spero che Florin si metta presto a disposizione delle autorità e delle forze dell’ordine -ha detto l’avvocato- Negli ultimi giorni era molto agitato per un residuo di pena che era arrivato, di ulteriori due anni e mezzo ma non immaginavo che prendesse una decisione di questo genere». La pena che stava scontando era riferita a precedenti per rapina e ricettazione. L’avvocato ha aggiunto che Diaconescu è anche accusato di un’evasione dagli arresti domiciliari e in proposito ha detto: «non è definitiva e può essere stata frutto di un malinteso. In ogni caso da quando è in carcere non aveva avuto problemi, era un ragazzo che si stava avviando verso il recupero».

– «Un eccesso di allarme per l’evasione di due detenuti non deve creare paura nella collettività, i nostri istituti sono sicuri». Lo ha detto Santi Consolo capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria sull’evasione di due detenuti dal carcere di Rebibbia. «Sono consapevole – ha aggiunto – che c’è necessità di risorse e di personale e vanno potenziati sistemi di allarme moderni per evitare le evasioni».

Sull’evasione dei due detenuti dal carcere romano di Rebibbia «stiamo verificando se i sistemi di allerta, come quelli anti-scavalcamento ed altri, che erano previsti nel penitenziario» abbiano funzionato, «se siano a regola d’arte, ci sia stata una corretta manutenzione, per capire come mai l’allarme non c’è stato». Lo ha detto il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Santi Consolo, parlando a margine di un convegno, organizzato a Roma da Antigone, sui diritti religiosi nelle carceri. Consolo ha inoltre sostenuto che «il numero dei poliziotti penitenziari è inadeguato e va potenziato, anche per affrontare la gestione delle nuove emergenze che ci sono nei nostri penitenziari, e soprattutto servono più fondi per il controllo e la vigilanza che si affidano ai nuovi e moderni sistemi di allerta».Il capo del Dap ha inoltre ammonito: «Un eccesso di allarme per l’evasione di due detenuti non deve essere tale da creare paura nella collettività. I nostri istituti -ha garantito- continuano ad essere sicuri. Siamo consapevoli che abbiamo necessità di implementare le risorse anche sotto il profilo del personale, così come vanno potenziati quei sistemi di allarme moderni che consentono di prevenire episodi come quelli di ieri». Dunque «non bisogna allarmare eccessivamente l’opinione pubblica perchè non si può interrompere il percorso di evoluzione trattamentale che abbiamo intrapreso», ha concluso.

«Non possiamo aumentare le sofferenze di decine di migliaia di uomini tenendoli dentro una cella per 24 ore per evitare il rischio che uno scappi o faccia qualcosa al prossimo. Creeremmo uno stato di sofferenza che sicuramente in futuro determinerà fatti contro la legge». Lo ha sottolineato il capo del Dap, Santi Consolo, in riferimento all’evasione di due detenuti dal carcere di Rebibbia. Parlando ad un convegno sulle carceri, dell’associazione Antigone, Consolo ha spiegato che «nelle carceri si sta faticosamente percorrendo un nuovo corso. E da sempre abbiamo detto che la maggiore apertura e i nuovi moduli indubbiamente comportano rischi, ma il rischio che qualcosa avvenga non deve scandalizzare e allarmare». A margine del convegno, ha quindi aggiunto che il nuovo percorso trattamentale, con maggiori spazi di socializzazione, «comporta assunzioni di rischi per l’amministrazione e anche per gli agenti, non è giusto additare un capro espiatorio».

Confermate nostre denunce in reportage nel carcere del 9 febbraio «Una pesante carenza di personale, che si associa a strutture fatiscenti e alla mancanza di strumenti adeguati di supporto alla vigilanza. Quanto accaduto a Rebibbia non ci sorprende». Ad affermarlo è il segretario nazionale della Fp Cgil, Salvatore Chiaramonte, che spiega: «è frutto di una sottovalutazione dello stato delle cose che denunciamo da tempo, per arrivare alla scorsa settimana quando, in una visita al carcere di Rebibbia, abbiamo realizzato un video reportage sulle condizioni difficili del lavoro del poliziotto penitenziario. Basta guardarlo per capire che quanto accaduto ieri non è frutto del caso, ma di una serie di condizioni che lo hanno reso possibile». Per stare solo sul carcere di Rebibbia, infatti, aggiunge il dirigente sindacale, «dei 992 poliziotti penitenziari necessari, ne risultano presenti 930. Ma non è tutto. Di questi risultano essere distaccati 180 agenti, di cui gran parte negli uffici amministrativi, occupati in compiti che potrebbero essere assolti da altri lavoratori pubblici». «Il tutto quindi per un totale a Rebibbia di soli 750 poliziotti penitenziari. Si determinano così situazioni dove, su 1.400 detenuti presenti, spesso un solo agente si trova a vigilare addirittura 170 persone, attraverso una modalità spacciata per ‘vigilanza dinamica’». Per queste ragioni, osserva Chiaramonte, «alla luce di questi numeri, nonché dell’evasione di ieri, pretendiamo che l’amministrazione rimandi nell’istituto di Roma, ma non solo, gli agenti penitenziari distaccati negli uffici amministrativi». «Inoltre – prosegue il sindacalista -, vale la pena sottolineare che per la manutenzione degli istituti viene stanziato ogni anno un decimo del necessario: soltanto 4 milioni dei 40 necessari. A Rebibbia, come denunciamo nel nostro reportage, vengono stanziati ogni anno 24 mila euro, che a malapena bastano per mettere toppe a una struttura in disfacimento. Per non parlare infine – continua – della assoluta carenza di strumentazioni tecnologiche di supporto al lavoro di vigilanza dei poliziotti penitenziari. Questa vicenda riporta all’attenzione le falle di un sistema, coperte in questi anni dal lavoro dei poliziotti penitenziari che hanno garantito ciò che nei fatti è impossibile, la sicurezza dei cittadini. È ora di intervenire», conclude Chiaramonte.

– «Si tratta di un fatto grave che merita la massima attenzione ma le carceri in Italia sono sicure». È quanto afferma all’Adnkronos il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, commentando l’evasione dei due detenuti romeni dal carcere romano di Rebibbia. «Non esiste un allarme sicurezza. I dati dicono che sono tra le più sicure d’Europa – spiega – Si tratta di un fatto isolato, seppur grave, sul quale abbiamo aperto una verifica interna per capirne le cause. Non esiste allarme carceri – ribadisce – Ora l’obiettivo è quello di far lavorare la magistratura e le forze dell’ordine per cercare di rintracciare al più presto gli evasi». La direzione penitenziaria, riferisce il sottosegretario alla Giustizia, «sta verificando cosa non ha funzionato». Per quanto riguarda la situazione carceraria, «siamo consapevoli di dover adeguare gli organici e investire in tecnologia e mezzi più sofisticati che aiutino il lavoro della polizia penitenziaria. Nel caso di Rebibbia infatti – spiega Ferri – sembra che non abbia funzionato il sistema di allerta». Comunque, «la carenza di personale è una delle priorità che questo ministro della Giustizia sta affrontando, tanto che nella legge di stabilità – conclude – sono state destinate risorse specifiche per quanto riguarda l’implementazione del personale di polizia penitenziaria».«Non esiste nel nostro Paese un problema sicurezza delle carceri, sono tra le più sicure d’Europa. Questi sono fatti gravi ma isolati sui quali stiamo già lavorando per verificarne le cause. Le forze dell’ordine sono già al lavoro per cercare di rintracciare gli evasi». Lo ha detto a Sky TG24 HD il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, commentando l’evasione dei due detenuti avvenuta ieri nel carcere romano di Rebibbia. «Nell’ultima legge di Stabilità – ha spiegato – il Governo ha investito sia per quanto riguarda le risorse di personale, cercando di recuperare ingenti somme dedicate al personale della Polizia Penitenziaria, sia per potenziare i sistemi di allarme, perché siano più moderni e efficienti. Nel caso in questione sembra proprio che non abbia funzionato un sistema d’allarme per quanto riguarda le mura di cinta, quindi nel momento in cui hanno scavalcato non è stato segnalato alla centrale». Ferri è stato intervistato anche ad Effetto Giorno su Radio 24. Sul fronte del personale, il sottosegretario ha dichiarato che «è vero che c’è una carenza di personale, ma è altrettanto vero che su questo stiamo lavorando e abbiamo destinato delle risorse per assumere nuovi agenti di polizia penitenziaria. C’è un concorso che dovrebbe arrivare a breve e con le nuove risorse previste dalla legge di stabilità vedremo di trovare delle soluzioni e pensare anche all’organico della polizia giudiziaria, a cui va il nostro ringraziamento per il lavoro egregio, professionale e serio che fanno nelle carceri italiane». Quanto alle carceri vuote nelle quali lavorano decine di persone, come nel caso di Sala Consilina e di Savona, «avendo deciso di chiudere le due strutture – dichiara Ferri – stiamo ricollocando il personale. Chiudendo delle strutture e dialogando – come è giusto che sia – con i lavoratori per chieder loro se hanno delle preferenze e cercare di concordare dove destinarli. Questo lo faremo in tempi brevi per garantire i diritti dei lavoratori e nello stesso tempo acquisire risorse nei luoghi dove mancano. Il ricollocamento avverrà in tempi brevissimi».

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