Terrorismo, Isis a Roma: gli uomini dei Ros bloccano un aspirante combattente | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Terrorismo, Isis a Roma: gli uomini dei Ros bloccano un aspirante combattente

Fermato poco prima che uscisse dal carcere, per andare a raggiungere in Iraq l’amico conosciuto proprio a Rebibbia e combattere sotto la bandiera dell’Isis. È una storia esemplare quella raccontata dall’operazione dei carabinieri del Ros che oggi ha portato a due ordinanze di custodia cautelare per associazione con finalità di terrorismo: una è stata notificata in carcere a Vulnet Maqelara, alias Karlito Brigande, macedone di 41 anni, mentre l’altra è a carico di un tunisino di 29 anni, Firas Barhoumi, un foreign fighter che si troverebbe in Iraq. Plausi all’Arma dal premier Matteo Renzi e dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano. La radicalizzazione in carcere, il viaggio verso il teatro di guerra siro-iracheno per combattere gli «infedeli», la serrata opera di arruolamento per ingrossare le fila della ‘legione straniera’ (stimata in oltre 30mila persone) che combatte sotto l’insegna nera del Califfato. Tutto ciò è accaduto a Roma, come indica l’ordinanza di custodia cautelare del gip Elvira Tamburelli. I personaggi sono due: l«arruolatore’ Firas Barhoum e l»arruolato’, il macedone che si fa conoscere col nome storpiato del celebre personaggio del film di Brian De Palma, ‘Carlito’s way’. Quest’ultimo, residente a Roma, ha già un passato di militante nel ramo macedone dell’Uck, l’esercito di liberazione nazionale che si prefiggeva la creazione di una Grande Albania. L’inchiesta prende le mosse dall’arresto, nel novembre scorso, di Brigande nell’ambito di un normale servizio di controllo del territorio. Nel corso della perquisizione della casa dove si rifugiava, l’attenzione dei carabinieri è stata richiamata da lettere e foto che facevano sospettare una sua adesione al radicalismo islamista. Sono così partiti pedinamenti, intercettazioni, analisi di tabulati dai quali è emerso che nei giorni immediatamente precedenti al suo arresto il macedone era in contatto via chat con Firas Barhoumi, che già in quel periodo si trovava in Iraq a combattere con l’Isis. Brigande, radicalizzato da Barhoumi durante un periodo di detenzione comune, tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, sarebbe stato in procinto di partire per l’Iraq «con il preciso intento di essere aggregato nei quadri di lotta armata jihadista». Lo stesso Barhoumi invita il tunisino a raggiungerlo, dicendosi disposto a rimandare un’operazione suicida con un’auto per aiutare l’amico. Barhoumi: «…basta tu cerca per venire a Turchia resto ci penso io per te hai capito? Basta che tu venire a Turchia, hai capito?2. Brigande: »Ok fratello cerco questo mese inshallah… cerco di venire più presto«. Barhoumi: »…per me io ho segnato… uno… per una operazione suicida, vuol dire prendo una macchina con l’esplosivo dentro per fare un’operazione contro i kuffar (miscredenti, ndr) inshallah. Però se mi dici una promessa che tu venire dopo un mese io posso allontanare la data dell’operazione«. L’indagine si è conclusa la scorsa notte con l’arresto di un altro macedone, Abdula Kurtishi, in stretto contato con Brigande. L’ipotesi è che Kurtishi stesse preparandosi a fornire documenti falsi e supporto all’amico per il suo viaggio verso l’Iraq. Il ministro Alfano si è complimentato con il comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette, per l’operazione che »ha sradicato una potenziale cellula jihadista in Italia. L’attività di prevenzione e di monitoraggio si rivela ancora una volta essenziale per fermare i soggetti pericolosi prima della partenza per i teatri di guerra, con il preciso obiettivo di impedire loro l’acquisizione delle tecniche terroristiche che rientrando in Occidente potrebbero mettere in atto«.

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