Crisi, da inizio anno chiuse nel Lazio oltre 1300 imprese. A Pasqua resistono solo gli artigiani | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Crisi, da inizio anno chiuse nel Lazio oltre 1300 imprese. A Pasqua resistono solo gli artigiani

I dati confermano un trend che dura ormai da diversi anni e si è incrementato, in particolare, in questi ultimi cinque anni di piena crisi economica e dei consumi, spiega Confesercenti

– “Roma, la città dei commerci è ormai sull’orlo del fallimento. I consumi diffusi negli esercizi di vicinato non ripartono e le piccole imprese, ormai indebitate, chiudono. Senza politiche reali di sostegno, il tessuto economico che caratterizza Roma sta scomparendo. Una vera e propria desertificazione è in atto. E’ questa l’analisi che emerge dai dati raccolti ed elaborati dalla Confesercenti. Il dato che scaturisce dall’analisi dell’andamento delle chiusure e delle aperture di questo primo bimestre dell’anno è fortemente negativo. I dati confermano un trend che dura ormai da diversi anni e si è incrementato, in particolare, in questi ultimi cinque anni di piena crisi economica e dei consumi”. Così in una nota Confesercenti. “Secondo l’indagine, nei primi due mesi dell’anno in corso, nella provincia di Roma, si sono perse 94 imprese del settore alimentare e 630 del settore non alimentare, per un totale di 724. Si tratta di un dato che rielaborato ci consente di stimare la chiusura complessiva di circa 1140 imprese al termine del primo trimestre dell’anno. A fronte di questo dato molto negativo – continua la nota – , lo stesso risulta appena attenuato dalle nuove aperture che si sono fermate, nella provincia di Roma, a 28 nel settore alimentare e 156 nel settore non alimentare. Un dato, quest’ultimo, che, stimando la tendenza, potrebbe crescere a fine trimestre per arrivare a 270 nuove aperture, contenendo, ma solo molto parzialmente il trend negativo. Allargando l’orizzonte al territorio della regione Lazio, il dato analizzato ci fa stimare in 910 le imprese chiuse in assoluto (oltre 450 al mese in questo primo bimestre), un dato che sulla base trimestrale sale a 1340 imprese chiuse dall’inizio dell’anno”. “Da osservare alcuni dati che apparirebbero in controtendenza: da un lato la crescita contenuta delle nuove imprese. In effetti il dato negativo che si registra non è dato solo dall’alto numero delle imprese cessate, al quale purtroppo ci siamo abituati in questi ultimi anni, ma dal basso numero di imprese che riaprono o che scelgono di aprire per la prima volta. Un secondo elemento da osservare sta nel dettaglio delle imprese che cessano la loro attività: il 13% nel settore alimentare e l’87% in quello non alimentare. In questa triste classifica delle chiusure troviamo i negozi in sede fissa non alimentari e l’intermediazione commerciale con una quota del 30% delle chiusure, segue la ristorazione con il 23%, i bar con il 19%, il settore moda con il 16% e seguono nell’ordine, ad esempio, gli articoli da regalo, i macellai, le edicole, gli ortofrutta. Da notare, ancora, che il settore ambulante, con oltre 11 mila banchi nella provincia di Roma – prosegue -, ha un saldo positivo di 41 attività nel primo bimestre dell’anno: una rara eccezione che fa capire che se oggi si fa impresa si cerca di farlo senza investire risorse in affitti, costi fissi e attrezzature. Per il settore della ristorazione, invece, si è registrato il peggior saldo negativo degli ultimi tre anni. Se complessivamente, in questi ultimi cinque anni il numero di imprese in assoluto che hanno chiuso sfiorano le 14 mila unità, dobbiamo pensare che il dato negativo ha colpito prevalentemente l’economia romana: nella città, infatti, sono attive il 58% delle imprese del commercio, il 72% del settore alloggio, il 54% dei che di bar, il 58% del settore moda ed il 50% del settore ambulante del Lazio, tanto per capire il peso che esercita Roma sul totale del Lazio”. “Occorrono reali politiche di sostegno – ha dichiarato il presidente della Confesercenti di Roma, Valter Giammaria – meno tasse locali, più credito, lotta senza quartiere all’abusivismo, stop ad altri centri commerciali, puntare sulla riqualificazione dei mercati e le azioni di promozione turistica della città, contrastando il degrado in cui, ormai, versano le strade della capitale. Inoltre, occorre sospendere la procedura che consente ad Equitalia ed enti riscossori l’adozione di un regime sanzionatorio pesantissimo e che si sta trasformando nella vera ghigliottina di Stato nei confronti delle piccole e medie imprese. Per questo dobbiamo dare forza e voce ai progetti di vicinato delle strade del commercio”.

– “In tema di cibo, i romani hanno dimostrato negli ultimi anni una grande cultura e consapevolezza nella scelta delle cose migliori”. Così in una nota Bernardino Bartocci, presidente di Assopanificatori, Associazione dei panificatori romani aderente a Cna di ROMA. “È anche questa consapevolezza complice del successo intramontabile dei prodotti artigianali legati alla tradizione pasquale, come colombe e pizze. Mentre i consumi di prodotti industriali, anche di ottima qualità, le confezioni e gli accessori sono diminuiti di circa il 15%, quelli artigianali hanno mantenuto le posizioni nonostante la crisi, e dall’anno scorso registrano persino qualche timido segnale positivo. ‘La novità inaugurata un anno fa sono le colombe con il lievito madre: i romani si sono accorti della differenza dovuta innanzitutto alla freschezza. Basti pensare che sono state prodotte non prima del 10 marzo e i canditi sono grattugiati a mano dalla scorza di limoni e arance’, dichiara Bartocci. “Qualche anno fa i fornai erano pochi: oggi uno su due, dei 700 complessivi, ha una produzione propria di colombe e pizze pasquali, perché un buon prodotto fatto a mano arricchisce l’immagine dell’azienda. Nonostante l’aumento dei prezzi – conclude Bartocci – delle materie prime, i costi sono ormai stabili da quattro anni: tra i 13 e i 18 euro il costo per le colombe artigianali e tra i 10 e i 13 euro per le pizze di Pasqua”. “Sulle uova di cioccolato, il discorso non cambia. Mentre quelle dei grandi marchi soffrono, la vendita di uova prodotte artigianalmente mantiene le posizioni, sebbene, con la Pasqua così bassa e vicina al Natale gli operatori temano di veder sfumare, anche per via del timore degli attentati, l’auspicata corsa last minute agli acquisti”, continua la nota di Cna ROMA. “Le nostre uova artigianali continuano ad andare, ma è anche vero che quest’anno abbiamo adeguato il livello di produzione a una domanda in flessione negli ultimi anni. Il problema non è il consumatore singolo: quello non l’abbiamo mai perso, nonostante la crisi. Abbiamo – dice Fabrizio De Mauro, titolare dell’antica Cioccolateria Said dal 1923 di San Lorenzo – semmai risentito della flessione, quella sì molto pesante, degli ordini delle aziende anche di discrete dimensioni che prima regalavano le uova ai dipendenti”. “Anche per le colombe artigianali, non di nostra produzione, è andata bene: le personalizziamo con decorazioni di cioccolata e i consumatori apprezzano. La novità di quest’anno? ‘Il cioccolato al sale’. Del resto, l’uovo di cioccolata – conclude De Mauro – non è più solo dei bambini. Su 10 uova venute? Sei sono per i bambini, quattro per gli adulti. Sorpresi di trovare all’interno una boccetta di grappa da abbinare.

email

Bisogna effettuare il login per inviare un commento Login