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Romani alla finestra – Non “sentono” queste elezioni e non sanno per chi votare

voto-utile-elezioni2013Vado ogni giorno in giro per la città, attacco anche discorso con molti romani, cerco di captarne gli umori. Il risultato di questa mia ricerca, ad oggi, è che Roma le elezioni per designare il successore di Ignazio Marino “non le sente”. Il voto del cinque giugno è (ancora) qualcosa di sfuocato, il disinteresse – apparente? – dei romani conferma le analisi dei sondaggisti. I quali hanno una sola certezza: a votare andrà all’incirca un avente diritto su due. Come tre anni fa, quando fu eletto Marino. Non solo. All’interno di quell’ “uno su due” che si recherà alle urne si nasconde un’altra amara verità, quella che un buon terzo di quella metà non ha idea per chi votare. Così, se la grillina Virginia Raggi appare al momento in pole position, secondo i diversi sondaggi tra il 25 e il 30 per cento, i suoi principali competitor – il piddino Giachetti, il civico Marchini e la futura mamma Meloni – sono tutti attorno al 20%. Con scarti talmente minimi, visti i margini d’errore dei sondaggi, che è impossibile prevedere chi sarà secondo, terzo o quarto.

Al grande malcontento provocato dalla cattiva gestione della città non corrisponde, al momento, un’altrettanto grande esigenza di cambiamento, una voglia mattina di radicale “spazzare via” tutto. In molti c’è rassegnazione, l’idea tipicamente mediterranea, inculcata da decenni di cattiva politica, che “tanto non cambierà nulla”. In molti c’è la paura che eventuali cambiamenti radicali possano risolversi in un peggioramento della situazione dei singoli: come non capire la paura di “voltare pagina” di chi abita in appartamenti in affitto a costi insignificanti, di chi lavora in aziende o uffici comunali dove la produttività è una parola sconosciuta (anche se, lo abbiamo appena scoperto, quegli stessi dipendenti pubblici sono talmente” stanchi per il lavoro” da aver bisogno di cure anti-stress; a spese del Comune, ovviamente, e durante gli orari di lavoro, nonostante lunghissime file). ). Altri ancora trasudano disinteresse per la politica “tout court”, che non significa necessariamente voglia di fare “piazza pulita” ma un più modesto “stiamo a vedere” cosa decidono gli altri.

Eppure non tutti sono così. Qualche giorno fa mi sono recato negli uffici della polizia municipale di via Andò, per ritirare una multa. Ho presentato la carta d’identità e l’ho avuta subito. Poi mi sono fermato ad un altro sportello. E qui mi hanno fermato, perché la mia carta d’identità, da me rabberciata alla meglio con lo scotch, non poteva più essere considerata valida. Dopo avermelo fatto notare, la signora allo sportello ha aggiunto con un sorriso che “se volevo” poteva rifarmela nuova in cinque minuti. Quasi quasi non ci credevo, eppure dall’altro giorno ho una patente nuova di zecca; e per averla non ci ho messo più di cinque minuti. Cosa da non crederci, nemmeno in Svizzera, per citarne uno dei paesi dove la pubblica amministrazione è più celere, sono cosi efficienti. Un primato che mi ha aperto un interrogativo: perché la prima sportellista ha accettato il documento che la seconda ha definito non più valido, prima di sostituirmelo?

Perché, è ovvio, ci sono dipendenti pubblici – e normali cittadini – che sono demotivati, ed altri dipendenti pubblici – e normali cittadini – che il loro lavoro lo vogliono fare, e lo fanno, bene. La triste realtà che sta venendo alla luce, dopo alcuni anni di crisi durante i quali sono scoppiati alcuni degli scandali più grandi, a cominciare da Mafia Capitale, è che il partito “del fare” è sempre più soffocato dal partito “del prendere”, dell’arraffare tutto ciò che si può senza mai pensare al bene comune. E, come si comincia a vedere in questo anticipo di campagna elettorale, quelle categorie e quei cittadini che hanno il potere, o che comunque lavorano per chi il potere ce l’ha, si stanno organizzando perché nulla, o il meno possibile, cambi. A cominciare da quelle organizzazioni sindacali che pure, tra i dipendenti comunali, i vigili urbani e via di seguito, dovrebbero essere spinte dall’esasperazione dei cittadini a prendere coscienza del fatto che “la ricreazione è finita”, che è ora per loro di ritornare ad essere al servizio dei cittadini che, detto per inciso, pagano i loro stipendi.

Una strada, questa, che sta portando almeno a Roma al “suicidio della politica”. Che spiega la crescita del M5S e il distacco che il movimento di Beppe Grillo sta accumulando sui partiti “tradizionali”. Dove il candidato del premier Matteo Renzi rischia di essere addirittura escluso dal ballottaggio del 19 giugno, magari preceduto dalla Meloni e da Marchini. Una situazione di “disgusto da cattiva politica” di cui sembra essersi ben reso conto Silvio Berlusconi. La sua scelta di convogliare i voti dei sostenitori di Forza Italia su Marchini, anziché su Meloni-Salvini, mostra che il Cavaliere sarà pure vecchio e non più al 100% ma che è ancora il politico italiano che meglio sa leggere, a credere agli ultimi sondaggi, gli umori dell’elettorato. Berlusconi ha capito che soltanto un ritorno allo spirito della sua discesa in politica, nel 1994, con una netta presa di siaranza dai partiti, può consentirgli, quando sarà, un’uscita di scena decorosa.

Il futuro, si è detto Berlusconi, è dei senza partito, dei city manager, dei sindaci, dei (giovani) professionisti. Non certo ad una destra ispirata alla francese Le Pen, cioè estremista e in più di un caso anche razzista. Proprio come lo stesso Berlusconi del ’94 sostenne per vincere e dare inizio alla Seconda repubblica, che partita sulla base di buoni ideali si è poi, su molti punti, persa per strada. A Roma Marchini potrebbe essere, per Forza Italia e per i centristi che guardano ad Alfano, l’uomo della rinascita di un centrodestra responsabile e finalmente europeo. Perché è evidente che al secondo turno molti romani potrebbero aver paura di affidarsi alla Raggi, che gode delle simpatia della stampa internazionale ma che per molti non ha ancora l’esperienza per gestire una città con i drammatici problemi di Roma. Al momento, però, niente pronostici; per farne qualcuno aspettiamo le liste ed i programmi. Perché di parole ne sono state dette finora molte, ha spesso campate in aria.

Carlo Rebecchi

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