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Nuovo terremoto all’Ama. si dimette il dg Bina

binamuraroNon c’è pace all’Ama. Esiste la concreta possibilità che l’esperienza di Stefano Bina arrivato quest’estate come direttore generale, ma con un incarico a tempo determinato (appena quattro mesi, fino al 31 dicembre) sia finita lì.
Il dirigente, infatti, viene convocato in fretta e furia dall’assessore Paola Muraro, insieme al neo amministratore unico di Ama Antonella Giglio e insieme anche al dirigente Emiliano Limiti, già coinvolto nell’inchiesta Mafia Capitale (la sua posizione è stata recentemente archiviata, insieme a quella di altri 115 indagati) e lì, in quel vertice, Bina scopre di essere stato scavalcato e di fatto già esautorato dai suoi poteri. Muraro, infatti, nel vertice annuncia: «Questa è la nuova macrostruttura aziendale». Riforma alla quale, però, non ha lavorato Bina ma lo stesso Limiti che ha ridisegnato su mandato dell’assessore l’organigramma aziendale. Nella proposta, quattro sarebbero le nuove direzioni, con Limiti che ha riservato per sé quella più importante e strategica che comprende amministrazione, personale, gare d’appalti. Gli impianti, invece, altro tema caldo di Ama, andrebbero a finire sotto la supervisione di Alessandro Muzi, altro uomo ombra della Muraro dentro l’azienda (tanto che i maligni lo dipingono come il Marra di via Calderon de la Barca…), dirigente che prima dell’avvento dei Cinque Stelle aveva già firmato un accordo per la sua uscita dall’azienda a dicembre e che invece è diventato uno snodo fondamentale nel nuovo corso pentastellato. Era lui, ad esempio, ad accompagnare la stessa Muraro e la sindaca Virginia Raggi nel blitz a Rocca Cencia, l’estate scorsa. Muzi, che a sentire i rumors interni non ha mai nascosto le sue simpatie per Manlio Cerroni e il suo consorzio, guiderà gli impianti di Colleferro, l’inceneritore di Ponte Malnone, i Tmb di Salaria e Rocca Cencia e tutto quello che gli ruota intorno, anche (non ultimo) l’eventuale collaborazione coi privati per gestire eventuali emergenze, che per come è congegnato il sistema dei rifiuti della Capitale che si regge davvero su un filo sottilissimo sono sempre dietro l’angolo. Le ultime due direzioni anche sono assegnate: Fulvio Torreti ai servizi e Alberto Compagnoni (ex direttore dei cimiteri) alla corporate (cioè il gruppo Ama con le società partecipate). E Bina? In tutta questa rivoluzione (o restaurazione?) fa sostanzialmente da spettatore. Tanto che giovedì pomeriggio, dopo che Limiti ha snocciolato la nuova macrostruttura, il dg è rimasto per lunghissimi attimi in silenzio. E poi, quando gli hanno chiesto un parere, ha risposto quasi con un filo di voce: «Mah, non lo so… Fatemici pensare almeno 48 ore…». Se non è il preludio alle dimissioni, poco ci manca. Se Bina accetta la macrostruttura fatta sopra le sue spalle, accetta di fatto di essere un dg dimezzato. Se non accetta, deve necessariamente andarsene. Del resto, i suoi rapporti con la Muraro e l’amministrazione capitolina non sono mai stati idilliaci. Bina arrivò in estate, a ruota di Alessandro Solidoro, l’amministratore unico che venne scelto dall’allora assessore al Bilancio Marcello Minenna che poi si dimise nel giovedì nero del primo settembre scorso, quando mollarono tutti insieme lo stesso assessore, l’ex capo di gabinetto Carla Romana Raineri e i vertici dell’Atac. Bina decise di restare ma poi, nelle settimane successive, non ha lesinato critiche all’amministrazione, lamentandosi spesso di non ricevere indicazioni politiche. E ora che è stato esautorato su un atto così importante, l’addio potrebbe diventare inevitabile.

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