L’INTERVISTA
“Stiamo prendendo coscienza di essere
tra i primi della classe”
Parla Marta Branca, direttore generale dell’Inmi Spallanzani. “Facciamo squadra sono i concetti chiave del mio mandato. E cominciano a funzionare”
“Ora tutti conoscono ruolo e le potenzialità dell’Istituto, la sua collocazione quale hub nell’ambito della rete regionale delle malattie infettive, la sua funzione di punto di riferimento per la comunità scientifica” . “In prima fila di fronte alle grandi epidemie e ai problemi planetari, i professionisti dell’Istituto sono anzitutto esperti di patologie infettive che combattono la battaglia della quotidianità. Che è fatta di morbillo, tubercolosi, epatite e tanto altro. Senza giornali e televisioni. E sono bravissimi”
E’ un anno importante per l’Inmi Spallanzani e per il suo direttore generale Marta Branca. E non solo perché si celebrano gli 80 anni di vita dell’Istituto ma perché si è cominciato a sviluppare un nuovo modello di gestione e di sviluppo della storica struttura e nel contempo sono maturati nuovi riconoscimenti sul piano internazionale e nuove attribuzioni di responsabilità e di coordinamento di fronte alla nuove sfide in corso sul piano internazionale e internazionale nel campo delle malattie infettive. E’ il momento di tirare il fiato e di riflettere sullo stato dell’arte e lo facciamo appunto con la manager che in questi mesi si è battuta senza risparmio per tenere lo Spallanzani in prima fila sul piano della attività di assistenza e della ricerca, Marta Branca
Sette mesi di passione vissuti tutti con il piede sull’acceleratore. L’istituto aveva bisogno di scrollarsi di dosso l’abito di nobile decaduta e appagato. Serviva più movimento. Più ricerca, maggiore proiezione verso l’esterno, iniziative di rottura. C’è riuscita?
Quando il Presidente della Regione Lazio mi ha conferito l’incarico di Direttore Generale la parola d’ordine è stata “rilancio” e per me questa è stata ed è la direzione di marcia da tenere. Lo Spallanzani è un IRCCS di rilievo nazionale ed internazionale ma di questo non c’è abbastanza consapevolezza né all’interno e né all’esterno più prossimo, cioè sul territorio. Conoscere esattamente il ruolo e le potenzialità dell’Istituto, la sua collocazione quale hub nell’ambito della rete regionale delle malattie infettive, la sua funzione di punto di riferimento per la comunità scientifica, consente di prendere coscienza dell’importanza del proprio lavoro, della necessità di fare squadra, aumenta il senso di appartenenza e accresce la soddisfazione lavorativa. La nuova squadra direzionale, in cui sicuramente gioca un ruolo fondamentale il Direttore Sanitario, ha messo a punto un piano di riorganizzazione interna che consentirà di aumentare le prestazioni rendendo al contempo più rapido e appropriato il percorso di cura delle persone che si rivolgono a noi.
Convincere management e operatori della necessità di un cambio di mentalità, di un cambio di passo non deve essere stato facile Le attribuiscono una gestione piuttosto energica- C’è riuscita? Ha avuto crisi di rigetto?
I
l cambio di mentalità è la cosa più difficile in assoluto da realizzare, specialmente quando l’età media del personale è alta (oltre 50 anni). La gente dice “Perché dovrei cambiare le mie abitudini, il mio modo di lavorare dopo tutti questi anni?” oppure “Perché dovrei migliorare la mia performance senza avere un ulteriore compenso?” In questi casi certamente la strada maestra è quella di ascoltare, coinvolgere, spiegare, incoraggiare. Ma una volta presa una decisione non si può che attuarla e farla attuare, anche in modo energico. Svolgo il mio lavoro con grande passione e con altrettanta determinazione: conosco le norme, sono molto presente, parlo con tutti, sono coraggiosa, prendo decisioni e non mi spaventano le responsabilità, so chiedere scusa se commetto errori. Ma sono intollerante nei confronti di chi contesta a prescindere e – senza rispettare le regole – tenta di spacciare il pensiero di pochi nella volontà della collettività. Questo significa che ho una “gestione piuttosto energica”? Si, confermo.
La mission dello Spallanzani sembrava legata alla eventualità che grandi episodi di caratura mondiale, vedi Ebola e Zika evidenziassero il valore e il peso dell’Istituto. Ora scopriamo che morbillo, tubercolosi, epatite ci prendono alle spalle. E il playmaker è sempre lo Spallanzani. Preparato?
I professionisti dello Spallanzani sono innanzitutto esperti nella gestione delle patologie infettive e si prendono cura dei malati infettivi quotidianamente e durevolmente nel tempo (moltissimi sono pazienti cronici, frequentano per tutta la vita i nostri ambulatori, conoscono per nome medici e infermieri, si aspettano di essere accolti in qualunque momento hanno un problema di salute e sanno che qui lo potranno affrontare). Certo, veniamo alla ribalta per le grandi epidemie, quali quelle che Lei ha citato, giornali, televisioni, interviste, conferenze stampa. E siamo bravi. E’ solo la punta. Ma l’iceberg è la quotidianità, fatta di morbillo, tubercolosi, epatite e tanto altro. Senza giornali e televisioni. E siamo bravissimi!.
Per gli 80 anni dello Spallanzani ha seguito una via eccentrica alle celebrazioni. Come mai e cosa ci si deve aspettare?
Ottant’anni sono un’età veneranda e va celebrata degnamente. Io sono arrivata da poco, ma tutti quelli che hanno contribuito a rendere lo Spallanzani l’eccellenza che è oggi, lo meritano. Per la programmazione degli eventi da attuare nel corso dell’anno ho costituito un gruppo di lavoro fatto da dipendenti dell’Istituto e semplicemente ho seguito le loro idee, i loro desideri, il loro entusiasmo e ne ho facilitato la realizzazione. Loro si sono coinvolti e con il loro esempio molti altri lo hanno fatto e finora sono venute fuori cose bellissime: giornate scientifiche di grande spessore, manifestazioni artistiche suggestive, serate musicali emozionanti e altre sono in calendario. Lo Spallanzani è un luogo “stra-ordinario”: non può avere festeggiamenti “ordinari”.
Nel suo discorso per gli 80 anni ha fatto una serie di promesse e preso una serie di impegni. Uno, ad esempio, relativo alle barriere architettoniche nell’istituto. Dunque?
Il problema delle barriere architettoniche è serio allo Spallanzani, poiché deriva dalla presenza di numerosi Padiglioni e strutture costruite negli anni ’30 considerate di interesse culturale e pertanto sottoposte a vincolo architettonico dal Ministero dei Beni Culturali. Ciononostante è necessario affrontarlo e trovare delle soluzioni dignitose ed efficaci per i nostri utenti, compatibilmente con la tutela artistica delle strutture. Ho incaricato il mio Ufficio Tecnico di porre in essere, insieme ad un esperto del settore che unisce la grande competenza ed esperienza professionale pluriennale alla sua situazione personale di disabilità, quanto necessario per l’avvio delle relative procedure. Sono certa che con impegno e determinazione riusciremo a raggiungere anche questo delicato e importante obiettivo.
Giovanni Tagliapietra
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