Lidia Ravera, l’assessore della discordia che imbarazza Zingaretti
di Maria Pia Miscio
Doveva essere il fiore all’occhiello della Giunta Zingaretti, la punta di diamante della compagine rosa voluta inizialmente dal governatore del Lazio – era il marzo 2013 – per affiancarlo nell’amministrazione della regione. Invece rischia di diventare un altro problema serio – sanità, terremoto, siccità, incendi, Chikungunya – con il quale il presidente prima o poi dovrà fare i conti. Parliamo di Lidia Ravera, assessore alla cultura e alle politiche giovanili del Lazio e, prima ancora, scrittrice di talento e di inesauribile vena creativa. Ma che ora è finita nel mirino dei consiglieri d’opposizione, e forse anche della maggioranza stessa, che le rimproverano le prolungate assenze alle sedute della commissione e del consiglio regionale persino quando al centro del dibattito ci sono le tematiche di sua competenza.
Effettivamente Lidia Ravera non è mai piaciuta troppo all’opposizione in Regione. Che già nel novembre 2013 ne chiedeva le dimissioni per via di un suo contestato intervento nel quale aveva definito i feti “grumi di materia”. Allora la richiesta non aveva sortito alcun effetto. Ma, a quanto pare, a distanza di quattro anni la Ravera proprio non riesce a farsi apprezzare come ministra regionale della cultura. E così, il 12 settembre scorso, il consiglio regionale ha approvato un ordine del giorno firmato da Luca Malcotti, consigliere di centrodestra di Cuoritaliani, che invita il governatore del Lazio Nicola Zingaretti a revocarle le deleghe «considerata – si legge nell’ordine del giorno – l’assenza dell’assessore Ravera, che perdura da tempo alle sedute della commissione e del consiglio regionale relativamente alle tematiche di sua competenza» e «la dimostrata inadeguatezza dell’assessore Ravera a svolgere le competenze attribuitele».
Inequivocabile. Nonostante il tentativo, da parte del capogruppo Pd Massimiliano Valeriani, di rimediare alla figuraccia. «È stato un incidente dell’aula – ha spiegato – nel senso che la maggioranza era in numero inferiore rispetto a quello che dovrebbe garantire. L’ordine del giorno avrebbe una rilevanza politica se la maggioranza avesse votato in accordo con il proponente dell’ordine del giorno». «Quando venti consiglieri su trenta della maggioranza di Zingaretti disertano l’aula – ha replicato a distanza Francesco Storace, che quel fatidico 12 settembre presiedeva il consiglio regionale – è difficile credere alla tesi dell’incidente per giustificare la sfiducia totale del consiglio all’assessore Ravera. Ora Zingaretti – ha continuato Storace – richiamerà all’ordine i latitanti per non dover dare seguito all’atto di indirizzo del consiglio regionale e costringerà la maggioranza ad approvare un documento esattamente opposto nella prossima seduta. Ma l’opposizione non starà a guardare e l’assessore Ravera, se sarà ancora tale, farà bene a venire in aula molto preparata”.
Profetico Storace, verrebbe da pensare. Infatti un puntualissimo Daniele Leodori, nella sua veste di presidente, ha convocato per mercoledì 20 settembre alle 11 la seduta ordinaria del consiglio regionale numero 83 che ha, come primo punto all’ordine del giorno, proprio la revoca delle deleghe all’assessore Ravera, mozione firmata questa volta da Daniele Sabatini, collega di partito di Luca Malcotti. Il secondo punto è invece rappresentato dalla mozione di apprezzamento dell’operato della suddetta Ravera, firmata da Massimiliano Valeriani del Pd. Dopo, solo dopo il duello tra contrapposte fazioni sul destino della Ravera, in consiglio si parlerà anche di vaccini, di pensioni agli onorevoli consiglieri regionali e di edilizia.
E’ probabile che tutto si risolva in un niente di fatto. Tuttavia, l’assenza di venti consiglieri di maggioranza su trenta, nel giorno della mozione di sfiducia alla Ravera, fa riflettere. Forse l’autrice di “Porci delle ali” non piace molto neppure ai suoi, che hanno preferito disertare l’aula piuttosto che schierarsi clamorosamente con l’opposizione. Assente e inadeguata non sono termini lusinghieri da aggiungere ad un curriculum, neppure a quello di un “tecnico prestato alla politica” il cui unico interesse a quanto pare è continuare a fare ciò che ha sempre fatto: vale a dire scrivere. E lo fa bene. Tra un’assenza e l’altra alle sedute del consiglio regionale e della commissione cultura, Lidia Ravera ha infatti scritto e pubblicato due nuovi romanzi. L’ultimo, edito da Bompiani solo qualche mese fa, si intitola “Terzo tempo”. Niente a che vedere con la tanto celebrata pratica del rugby, con quel ritrovarsi tutti insieme, vincitori e vinti, per celebrare il grande rito della conciliazione. «”Il terzo tempo” – spiega la stessa Lidia Ravera sulla sua pagina Facebook – nella vita è il penultimo tratto, quello che viene dopo la piena maturità e inclina verso l’odiata vecchiaia». Parole vere, parole forti. Come lo sono quelle che si possono leggere nei suoi post, nelle risposte ai lettori, nei commenti sul blog “Il terzo tempo” appositamente creato dopo l’uscita del libro, che ormai è alla sua quarta ristampa e che diventerà presto uno spettacolo teatrale, con la stessa Ravera impegnata nella stesura della sceneggiatura. Un lavoro che, apprendiamo sempre da Facebook, la impegna molto, come la impegna molto la promozione del libro, che la scrittrice sessantaseienne sta «portando in giro per le piazze, in libreria, nei cortili dei castelli, nei chiostri. A Lugo di Romagna, a Bologna, a Rovigo, a Reggio Emilia, a Veroli, a Como, a Milano, a Torino… e poi a Ostia a Monterosso, a Albinia in Garfagnana, in Puglia,,.». Aggiungiamo poi che, da bravo fiore all’occhiello di Nicola Zingaretti, Lidia Ravera continua a presenziare sorridente e compunta a conferenze stampa, eventi pubblici, inaugurazioni, prime teatrali, concerti. Oggettivamente, con tutti questi impegni, il tempo per fare l’assessore – andare in consiglio regionale, partecipare alle sedute della commissione cultura, dialogare con l’opposizione – dove lo trova?
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