Elezioni, le anomalie del caso Lazio - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Elezioni, le anomalie del caso Lazio

elezioni_comunali2-620x310Siamo arrivati allo scioglimento delle Camere, conosciamo la data delle prossime elezioni, nazionali e regionali. Manca una manciata di settimane. Ma restiamo fermi. In attesa. Manca qualcosa, meglio manca qualcuno. Manca un candidato. Il nostro Godot dovrà arrivare per forza, lo aspettiamo ormai di ora in ora. Ma non sappiamo che faccia potrà avere. Parliamo del personaggio del centro destra che sfiderà Zingaretti per la corsa alla Regione, naturalmente. Gasparri? Se il suo nome non è stato fatto a casaccio certo non ha avuto alcun imprimatur. Non dovrebbe essere lui il nostro Godot. E chi allora? Lo spazio è occupato per ora – e solo in minima parte – dall’outsider Pirozzi da Amatrice, il sindaco eroe del terremoto. I burattinai dell’area moderata sono restii a buttarsi, a metterci il cappello sopra. Un po’ perché è ruspante, incontrollabile e imprevedibile. Forse troppo furbo. E poi perché viene dalle parti di Alleanza Nazionale, in virtù e a causa del terremoto può vantare un tesoretto di voti tutto suo e potrebbe anche – in mancanza di alternative o di offerte decenti – mettersi dalla parte di Zingaretti, prima o dopo il voto. Forse quel 20% di cui lo accreditano i sondaggi è sopravvalutato, ma anche fosse qualcosa di meno una fetta di parlamentino regionale gli spetterebbe per diritto. Forse non piace a Berlusconi, come dicono in molti. O forse non si fidano di lui. L’atteggiamento del Cavaliere non è chiaro, in questa circostanza. Non ha mai seguito da vicino le vicende politiche laziali, delegando la materia al fido Tajani. Con il risultato che non ci sono personaggi degni di apparire in prima fila. Nessuno ha il carisma necessario per conquistare le masse. Ma Berlusconi non può nemmeno delegare le scelte agli alleati-rivali Salvini e Meloni, perderebbe la faccia. Potrebbe considerare il Lazio un vuoto a perdere, potrebbe aver realizzato un accordo sotterraneo con gli avversari di non belligeranza per ottenere un via libera in altre regioni. Vale tutto, a questo punto della partita; la situazione è sospesa in un pericoloso (politicamente parlando) limbo. Ne traggono vantaggio gli altri, ovviamente. O meglio l’altro, il competitor. Quello Zingaretti che dopo aver dribblato le possibili grane giudiziarie ed aver assorbito i contraccolpi della sfida perduta contro Renzi è dato indubbiamente come favorito. Che il Pd lo appoggi completamente o meno il governatore uscente si è creato un suo personale esercito elettorale, arruolando due terzi dei sindaci del Lazio, controllando vigorosamente il territorio attraverso la sanità e i suoi fedelissimi direttori generali, battendo tutte le piazze grandi e piccole per benedire, promettere, tagliare nastri, stabilizzare precari, annunciare mirabolanti soluzioni dei mali della sanità laziale. Non ha convinto nessuno, dicono gli addetti ai lavori. Ma l’opinione pubblica si beve tutto, non aspetta altro che di trovare qualcuno che la faccia sognare. Se una fetta del Pd ha abbandonato Piazza del Nazareno per accorrere sotto le bandiere della nuova sinistra di Grasso, D’Alema e Bersani, paradossalmente Zingaretti può contare su quegli ex Sel che hanno già assaporato il gusto del potere in Campidoglio e in Regione. Il fedele Smeriglio resta al suo fianco, qualche voto lo porterà. Difficile invece ritagliare un ruolo preciso a quello che potenzialmente avrebbe potuto essere il politico più forte nel Lazio, e cioè Beatrice Lorenzin. E’ ministro della sanità uscente, ha un suo bacino elettorale a Roma, ha usato il suo potere per piazzare fedelissimi e per giocare delle carte che le garantiscono potere e credibilità. Correrà al Senato e si è inventata un nuovo partito, ‘Civica popolare’, lista alleata centrista del Pd che guarda ai moderati liberali e al proseguimento delle riforme iniziate con i governi Letta, Renzi, Gentiloni. Con lei avanzi di Alternativa Popolare,, Centristi per l’Europa, Democrazia Solidale, L’Italiaépopolare, Italia dei Valori, primo passo – si legge in una nota del comitato promotore- per la costituzione di una forza politica di ispirazione popolare europeista e bla-bla-bla. Simbolo una margherita che simboleggia la convergenza di diverse sensibilità su un progetto politico al servizio del Paese. L’obiettivo è quello di restare nel giro nazionale che conta, naturalmente e di costringere il Pd ad essere “riconoscente”. Interagirà anche a livello laziale per le regionali? Tutto è possibile, anzi è probabile. E i rancori con Zingaretti? La real politik impone compromessi importanti. Pare che il fratello della Lorenzin sia in lista con i fedelissimi del governatore. Si diceva del Godot del centro destra, quand’anche entrasse in campo all’ultimo minuto possibile avrebbe una strada tutta in salita e pochissimo tempo per percorrerla. La campagna elettorale vincente non si improvvisa, serve una strategia, servono idee e risposte precise, circostanziate. Tutte cose, a dire il vero, che mancano anche a Pirozzi. Che avrà anche idee e fascino, ma non sa come farlo arrivare all’opinione pubblica, agli elettori. Servirebbe uno spinn doctor attrezzato e capace, servirebbe un comunicatore. Non c’è nulla di veramente rilevante nel suo staff. Il rischio è che così come è messo produca le stesse aspettative (miseramente crollate) che avevano fatto votare M5S. Gli apprendisti della politica faticano a capire che è molto più facile la denuncia della fatica di governare. Non abbiamo parlato della Lombardi, la candidata grillina. Tra i due litiganti il terzo gode? Nessuno ha il coraggio di sottoscrivere questa ipotesi.

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