Quanta fretta, governatore
Il neo-governatore Zingaretti ha battuto tutti sul tempo. Ha varato la giunta in gran fretta, senza nemmeno aspettare di concludere la trattativa con gli alleati di Liberi e Uguali. Ha voluto mettere tutti di fronte ad un fatto compiuto, saltando a pie’ pari le polemiche e le perplessità sull’handicap dei numeri in Consiglio, che fa partire la consiliatura senza una maggioranza. Si è mosso con grande disinvoltura e spregiudicatezza, mano tesa ai grillini (in controtendenza con la politica nazionale), un pacchetto di poltrone di presidente di commissione a disposizione di chi mostri flessibilità e voglia di collaborare. Un richiamo irresistibile per gli avversari. Molto meglio certo che scegliere la via diretta suggerita dallo “scarpone” Pirozzi, dimissioni e tutti a casa. Chi può permettersi di rinunciare allo stipendio di consigliere regionale? L’indennità di presidente di commissione poi, con tanto di segreteria e macchina con autista fa gola a tutti. Dunque si va avanti. E si vedrà la volontà del M5s di condividere scelte e programmi. La distensione è cominciata con il dialogo tra Zingaretti e Raggi, la settimana scorsa. Può proseguire. Ci sono gli assessori, conferme e new entries. Mancano quelli di Leu, ma si sa che entreranno in giunta almeno con un assessore. Poi si vedrà. Con un faro puntato su Largo del Nazareno, dove in molti vedono come fortemente possibile l’arrivo di Zingaretti come nuovo segretario. A presidiare la Regione ci sarebbero i fedelissimi. Come Smeriglio, esponente di una forza politica ormai fuori quadro, il vecchio Sel; e come soprattutto Alessio D’Amato, promosso come era prevedibile assessore alla Sanità. Una incognita. E’ stato l’uomo dei tagli, l’esecutore implacabile dei diktat, l’affossatore e il nemico mortale della sanità privata non allineata. Ora dovrà scegliere se abbandonare il ruolo di terminator per diventare un “politico” e un amministratore. La sanità del Lazio ne ha bisogno.
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