Green Pass, non c’è Speranza - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Green Pass, non c’è Speranza

greenpass-sanitaAlzi la mano chi ha capito come andrà a finire.  La pandemia è in ritirata, vaccini e green pass hanno fatto il loro lavoro, il ritorno alla normalità è vicino? Non si sa. I virologi e i tuttologi televisivi hanno campo aperto ormai, possono dire tutto o il contrario di tutto. Nessuna fonte ufficiale li richiama, li smentisce. Tutto resta sospeso, in una infinita fase di stallo. Non sanno cosa dire, non hanno le idee chiare, non le hanno mai avute. Sono prudenti, non sanno interpretare correttamente i dati, o forse non si fidano dei medesimi, perché sanno quanto siano confusi, incompleti, inattendibili. Il Paese intanto va, chi è forte sopravvive, chi non lo è abbastanza va a fondo. Quanta responsabilità hanno il ministro e i suoi collaboratori, il governo nel suo complesso in questa situazione? Facile fare accademia su temi che incidono poco ma hanno quello che si definisce un “alto profilo”. Su quello che tocca in solido milioni di italiani la paura di annunciare il rompete le righe, l’infantile “liberi tutti”e poi di rimanere scottati è troppo forte.
Quel gruppetto  di persone che con la scusa di proteggere il paese lo tengono in ostaggio sfugge al confronto,  gioca a rimpiattino nascondendo in realtà la incapacità di realizzare una vera politica sanitaria, di provvedere alla tutela della salute degli italiani per via ordinaria, senza bisogno di sovrastrutture di emergenza. Mancano medici, infermieri, strutture, tecnologie, manca una programmazione, i soldi vengono buttati a destra e a sinistra e nessuno ammette il fallimento. Si è data la colpa di tutto alle regioni negli anni passati,  si è imposto dall’altro un sistema di piani di rientro dai singoli deficit che ha impoverito il sistema sanitario nel suo complesso; dalla cabina di regia sono stati dati input che non hanno prodotto i risultati auspicati. Qualcuno ha mai detto e scritto a chiare lettere che buona parte degli effetti devastanti della pandemia dipende dal tessuto connettivo della sanità italiana, capace di miracoli di eccellenza ma assolutamente carente nella routine del quotidiano.
Non si è investito abbastanza, non si è tenuto conto della realtà. Quando i piani si fanno senza criterio alla fine si va a fondo. E nemmeno la lezione del covid è servita: si potevano raddoppiare nel paese i posti letto? Si potevano concepire strategie flessibili che consentissero di affrontare di volta in volta  le emergenze, è stata considerata nella mappa delle risorse la sanità privata? E’ stata coinvolta a priori, pregiudizialmente nella programmazione? Invece di lamentarsi dei pochi posti in terapia intensiva si è provveduto a quadriplicarli?  Si è provveduto ad una gigantesca campagna acquisti di medici e personale infermieristico? La risposta a tutti questi interrogativi è “no”- E torniamo al discorso della sanità di base, quella del territorio. Qualcuno ha cercato di potenziarla. Di crearla ex novo nei settori dove le carenze sono enormi? Il virus è dilagato perché nessuno lo ha fermato, perché non si è stati in grado di mettere in campo un sistema di controlli, perché nessun filtro ha funzionato, perché il sistema dei medici di base e delle strutture sul territorio è poco più di una finzione. Tanto è vero che con i soldi del Pnrr si stanno programmando in sostanza quelle sentinelle sul territorio che sono state pervicacemente svuotate, cancellate in questi anni. Ospedali di comunità, centri di ogni tipo, consultori. Oggi buttati sul tavolo a pioggia. Servivano da un pezzo, ma si è preferito centralizzare per risparmiare. Le cassandre avevano ragione, oggi il prezzo da pagare è decuplicato.
Vogliamo aggiungere il discorso, fortemente ideologico, sul rapporto con la sanità privata? Nel nostro paese è potente, potenzialmente efficace, ramificata sul territorio, presente ovunque. Ci sono catene di strutture ospedaliere, di ambulatori e di laboratori che se coinvolti avrebbero potuto fare miracoli, in questi due anni di passione. Ma lo Stato non abdica, la sanità pubblica ce la deve fare da sola. Torniamo a ricordare che poco più di un mese prima che scoppiasse il bubbone Covid uno scienziato visionario, il prof. Giuseppe Ippolito, allora direttore scientifico dello Spallanzani, delineò in un convegno ( e in un paio di articoli su quotidiani nazionali), un quadro apocalittico di quello che stava per succedere. Con tanto di slides e documenti. Non lo presero troppo sul serio. Oggi è al Ministero della Salute, a disposizione di Speranza. E quel quadro apocalittico, quello schema di fatti e opzioni concatenati non è affatto cosa conclusa e risolta, vale a dire che la pandemia da Covid potrebbe riproporsi con un altro nome domani mattina. E ci troveremmo ( o forse dovremmo usare il futuro al posto del condizionale) nuovamente e drammaticamente scoperti.
Chiudiamo tornando al Green Pass e al ministro Speranza. Il passaporto verde è scoppiato, crea solo guai senza dare benefici. Anzi, dà solo false sicurezze. E’ forse il momento di affrontare terra terra la questione, senza stati di emergenza supplementari. Medicina del territorio, controlli serrati, nuovi medicinali a raffica, tamponi ovunque con l’adozione delle nuove tecnologie, libertà per tutti con regole chiare e spiegazioni semplici ma efficaci. E intanto ampliamenti delle terapie intensive a prescindere, reclutamento di personale costi quel che costi. Ci hanno spacciati per primi della classe. La vergognosa commedia della multa – impraticabile – agli over 50 non vaccinati è l’esempio più clamoroso di come il governo – e il ministro in particolare  – non abbia le idee chiare e giochi con la pelle degli italiani. Se obbligo ci deve essere, sia quello di indurre tutti gli italiani – ma proprio tutti – a effettuare un test anti-covid alla settimana gratuitamente in una struttura sanitaria qualsiasi, pubblica e privata. Il virus va inseguito, tracciato,  neutralizzato. Non subito

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