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PRIMO MAGGIO
Si torna in Piazza San Giovanni per il Concertone

Ambra Angiolini commossa e Lundini interrompe con una finta telefonata di Putin che ferma la guerra

concertone-primomaggioUna piazza che torna a riempirsi. Una piazza piena, affollata, non solo di persone ma anche della voglia di tornare a scendere in strada, a manifestare per il lavoro, i diritti, la pace. È una San Giovanni di musica e giovani, la piazza tradizionale del Primo maggio, la festa del lavoro e dei lavoratori. La San Giovanni del Concertone.

Gli organizzatori lo hanno detto a chiare lettere: “Ci stiamo godendo una serata incredibile, non ci aspettavamo una risposta di pubblico ed entusiasmo di questo tipo, con un coro di voci assordanti a cantare una ad una tutte le canzoni, fin da questo pomeriggio. Da quando organizzo il concetto non penso di aver mai visto la piazza gremita come questa sera” dice Massimo Bonelli, amministratore delegato di iCompany, organizzatore e direttore artistico dal 2014 del Concertone di San Giovanni. “La musica attuale – ha detto ancora Bonelli – è come un elisir di lunga vita per quello che è ancora il più grande concerto live gratuito in Europa”. E, nell’aprirlo, la commozione di Ambra Angiolini, alla sua terza conduzione dell’evento, lo dimostra: “È bellissimo tornare in piazza” dice, approfondendo il tema scelto dai sindacati per quest’anno, “Al lavoro per la pace”. L’attrice, vestita con un maglione a strisce gialle e blu, in segno di solidarietà per il popolo ucraino, scandisce: “La libertà e il lavoro sono diritti di ogni essere umano e non possono prescindere dalla parola rispetto. Ma c’è un diritto in serio pericolo, un diritto in meno: la pace. Per questo CGIL, CISL e UIL hanno voluto lanciare questo messaggio”.

Poi si lascia spazio alla musica, con una scaletta ricca di ospiti e artisti: ad aprirla, il gruppo ucraino dei Go_A con alcuni rifugiati che hanno scandito parole di pace nelle loro lingue prima di intonare Imagine di John Lennon. “Tutti noi proveniamo da zone di guerra e abbiamo lanciato un messaggio di pace” ha detto una delle cantanti. “Quello che abbiamo detto non lo avete capito ma lo conoscete a memoria, lo ha scritto un inglese tanti anni fa. La musica è linguaggio che ci unisce da sempre”.

I vari artisti che si alternano sul palco declinano a modo loro il senso della giornata, spendendo parole importanti per il lavoro che manca, per quello che uccide e per quello per cui si lotta. Tornando sempre sulla tragedia della guerra in Ucraina: Marco Mengoni, “esordiente” sul palco del Concertone, dopo aver cantato Cambia un uomo e Mi fiderò – brani tratti dal suo ultimo album Materia (Terra) – annuncia l’esecuzione di Blowin’ in the Wind (capolavoro di Bob Dylan del 1962), spiegando: “Quando ho pensato a quale canzone avrei voluto portare per la prima volta su questo palco, mi è venuta subito in mente questa. È una canzone – spiega l’ex vincitore di X-Factor e del Festival di Sanremo – molto importante per tutti e mi chiedo, dato il testo, quante guerre dovranno essere ancora combattute prima che questa canzone diventi il racconto di questo brutto incubo; io sogno il giorno in cui l’ascolteremo e penseremo che questa è una bellissima canzone e per fortuna parla di qualcosa di assurdo, surreale, che il vento ha portato via con sé”.
Ma sul palco di piazza San Giovanni sale anche un’altra esordiente d’eccezione: Ornella Vanoni, che a 87 anni fa il suo debutto al Concertone di Roma. “Mi hanno sempre detto che il Primo Maggio non era per me” dice la cantante milanese. “È la festa dei lavoratori, ma dall’inizio dell’anno sono morte circa 200 persone. È un dolore immenso, gli operai sono stanchi, gli orari di lavoro sono tremendi”. E poi ha intonato il brano Costruzione di Chico Buarque, “non è rock, non è pop, ma è una canzone sulla gente che muore”.

Luca Barbarossa ricorda Gino Strada, la cui foto campeggia sulle quinte del palco. “Era per la pace, ma soprattutto contro la guerra” commenta il cantautore romano.

Ma non mancano messaggi ancora più forti e originali: da La Rappresentante di Lista che si lancia in un eloquente “vaffa” contro la guerra al messaggio ironico e sognante di Valerio Lundini, che interrompe la sua esibizione per ricevere una fantomatica telefonata da Vladimir Putin, il quale comunica di aver deciso di interrompere la guerra.

Bugo porta invece sul palco del Concertone la campagna “Scacco Matto – The WillChair”, realizzata da Novartis con Aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla Onlus), per sensibilizzare sulla lotta alla grave malattia neurodegenerativa.

Un’istantanea del palco del ConcertoneLaPresse
Un’istantanea del palco del Concertone
La seconda parte del Concertone si apre con una riflessione di Ambra Angiolini sul deporre le armi e sulle tante guerre che affrontiamo tutti i giorni. “La guerra è anche chi spara a Manuel Bortuzzo in una tranquilla sera romana all’Axa; è le donne accoltellate, sfregiate, uccise da mariti-compagni-fidanzati; è Marco Vannini, ucciso da quattro persone che hanno anteposto la loro salvezza alla sua vita” ricorda la presentatrice con la voce che si incrina per l’emozione. “Tutti noi dobbiamo metterci al lavoro per la pace. Siamo tutti responsabili”.

Altri messaggi importanti contro il razzismo, il bullismo, il disagio mentale: “Accoglienza per tutti, non solo per un colore” l’appello, per voce di un membro della sua band, di Venerus. “Cicciona, fai schifo, mi dicevano da piccola. Vatti a nascondere! Che tristezza… Oggi c’è una persona di cui ho una grande stima: sono io e sono una gran figa” esclama fiera BigMama. “La salute mentale è importante tanto quella fisica. Parlo per esperienza personale, non abbiate paura di chiedere aiuto, perché chiedere aiuto non ci rende più deboli, ma è un atto di forza” dice Mr.Rain.

Non è mancata anche una piccola nota polemica di Fedez, che su Instagram augura a tutti “buon Concertone” ma esprime il suo disappunto: “Avrei voluto essere lì ma credo che il mio invito si sia perso”. Da Taranto fa eco la piazza dell’evento ormai “alternativo”, il Concertone dell’Uno Maggio Libero e Pesante, sotto la direzione artistica di Antonio Diodato, Roy Paci e Michele Riondino, che dal palco dichiara: “Noi qui a Taranto mangiamo fossile, respiriamo fossile, lo stesso fossile con il quale si costruisce il vostro acciaio. In questo processo industriale ci finiamo noi tarantini, operai, cittadini, donne, bambini, anziani, casalinghe, impiegati, commercianti, disoccupati, ci finiamo tutti dentro. Il vostro acciaio, l’acciaio che l’Italia richiede a Taranto, porta i nostri nomi”.

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