Condizioni sanitarie pessime e tubercolosi al Cara di Castelnuovo di Porto - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Condizioni sanitarie pessime e tubercolosi al Cara di Castelnuovo di Porto

caraDovrebbe essere un luogo dipassaggio per lo straniero richiedente asilo privo di documenti, per consentire l’identificazione o per l’attesa del riconoscimento dello status di rifugiato. Nei fatti il Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Castelnuovo di Porto, è un limbo che si tramuta in inferno dantesco dove domina la delinquenza e dove le condizioni sanitarie scarseggiano. Si presenta come un casermone tutto bianco che dovrebbe accogliere uomini e donne fuggiti da persecuzioni razziali, politiche e religiose dei loro Paesi e dare loro una speranza di un futuro diverso. Invece è un parcheggio di gente, buttata negli angoli del perimetro del centro, alcuni costretti a vivere in tende montate all’esterno, in mezzo alla terra, perché il sovraffollamento nella struttura non permette di avere un materasso comodo dentro quattro mura. «Abbiamo delle persone provenienti dal Cara di Castelnuovo di Porto – ha detto Claudio Graziano, responsabile del dipartimento nazionale immigrazione dell’Arci – che vengono da noi presso lo sportello che si occupa dei rifugiati, e ci riferiscono del sovraffollamento, il numero attuale è intorno a mille persone. C’è mancanza di screening sanitario, noi abbiamo avuto persone, in uscita dal Cara, con la tubercolosi. Abbiamo segnalazioni di persone che lavorano lì o di beneficiari di protezione, che vogliono restare anonimi, che ci raccontano di problemi legati alla prostituzione, droga, alcool che partono dall’interno del Cara di Castelnuovo. Poi sappiamo che molti richiedenti asilo sono accattoni, gravitano intorno ai cassonetti di Roma e chiedono anche l’elemosina».  E’ la fotografia di quanto accade a 30 chilometri da Roma, sotto gli occhi di operatori che lasciano correre e di istituzioni che rimangono a guardare. A denunciare la precarietà e le pessime condizioni sanitarie del Cara è stato recentemente il Medu (Medici per i diritti umani) che ha lanciato un appello anche al Sindaco Marino affinché, insieme alla Regione e al Ministero dell’Interno, avvii un ripensamento del sistema di accoglienza per tutelare la salute e la dignità delle persone più vulnerabili. Tra i richiedenti asilo, al Cara, ci sono anche un centinaio di stranieri sbarcati a Lampedusa. «Il sistema a regime – ha continuato Graziano – prevedeva di smistare gli immigrati sbarcati a Lampedusa, prima nei Cara d’Italia poi nei centri di seconda accoglienza o presso lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), gestiti dal singolo comune. Si tratta di un sistema diffuso a livello nazionale, che prevede un regime di semi-autonomia strutturato in appartamenti di 4/6 persone destinati a chi ha ottenuto il permesso. Nei fatti questo non accade nella capitale, anche per un problema di sovrannumero». Il Cara di Castelnuovo di Porto è uno degli 8 centri di accoglienza in Italia, l’unico in grado di ospitare anche minori, in mano all’Associazione temporanea di imprese (Ati) formata dalle associazioni Acuarinto di Agrigento e Synergasia di Roma con a capo la francese Gepsa (Gestion etablissements penitenciers services auxiliares), che in Francia lavora nell’ambito delle carceri e Cofely Italia. Entrambe sono società che appartengono al gruppo Gdf-Suez, multinazionale dell’energia. Alessandra De Gaetano

email

Bisogna effettuare il login per inviare un commento Login