Roma non è Copenhagen, tra targhe alterne e blocchi del traffico: cosa serve veramente alla città? - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Roma non è Copenhagen, tra targhe alterne e blocchi del traffico: cosa serve veramente alla città?

marino-pedali-300x200Quattro giorni in fila di targhe alterne, la minaccia di un blocco totale del traffico, la tirannia delle colonnine dell’Arpa che segnano il superamento del limite massimo tollerabile per le polveri sottili. Naturalmente sotto Natale, con i vigili in agitazione, le manifestazioni e lo sciopero dei mezzi pubblici, in quei pochi giorni che restano ai romani per provare ad essere felici, a dimenticare le brutture di un anno orribile. A Roma si muore anche così, di traffico, dicono. Ma ci deve essere un altro modo per alleggerire una settimana infernale. Gli amministratori fanno la scelta più semplice , ma anche – recitano i numeri e le statistiche – la più inutile. Sono i fumi delle caldaie dei condomini e degli autobus scassati a fare la differenza. Ma perché non facciamo le targhe alterne per autobus e pullman? Niente da fare. Del resto alla lontana tutto rientra in una precisa strategia. L’assessore Improta lo aveva già anticipato. Renderemo dura la vita agli automobilisti romani, li convinceremo con le cattive maniere a scegliere i mezzi pubblici, le auto elettriche, le biciclette e a rinunciare alle macchine proprie. Un piano che periodicamente si riaffaccia in Campidoglio. Rutelli, il sindaco in vespa aveva provato a imporre la linea, Veltroni aveva tenuto la barra dritta e progressivamente aveva ridotto gli spazi di sopravvivenza ai romani costretti ad usare la vettura propria soprattutto per la insufficienza del sistema di mobilità pubblica. E quindi, Ztl, progressiva riduzione dei parcheggi, strisce blu. Il car sharing ( o la bufala del bik sharing) in alternativa? Sciocchezze per una metropoli come Roma. Ora il sindaco in bicicletta vuole andare oltre, e il suo assessore tira fuori dal cassetto grandi, ulteriori progetti. Ma Roma non è e non sarà mai – ma soprattutto non vuole essere – Copenaghen. In Campidoglio tutto questo non interessa. Che i romani vogliano o non vogliano interessa poco. Come tutti gli integralisti, i teorici con forte substrato ideologico confondono i loro bisogni, le loro idee con quelli che possono essere realmente gli interessi di una città. Esempio concreto. Si è visto che un giorno, due di targhe alterne e/o una domenica a piedi non cambia nulla. Bisognerebbe chiudere per un mese. Ovviamente non se ne parla. Ad inquinare, a creare smog sono soprattutto gli autobus pubblici – non i nuovi nuovissimi, ma tutti gli altri, ruderi del secolo scorso – che come confessò ai giornalisti un commissario dell’Arpa un decennio fa – non dovrebbero neanche uscire dalle rimesse. Ma i controlli dei filtri non li fa nessuno. Sarebbe un disastro. E creano smog le migliaia di pullman che nessuno ferma e autorizza ma che pascolano indisturbati. Detto questo quando l’assessore Improta dice che il suo obiettivo è quello di trasformare Roma in una città ecofriendly vengono i brividi. Dispiace e inquieta che nessuno abbia il coraggio di dirlo ad alta voce e che la stampa locale si limiti a riportare i virgolettati senza commenti. Il Campidoglio vuole seguire l’esempio delle grandi capitali europee senza averne la possibilità (e neanche i fondi, per dirla tutta). Ma tremano i romani di fronte ad una amministrazione che contro ogni logica ha voluto a tutti i costi portare avanti l’operazione Fori. Si può pensare di introdurre il pedaggio per l’accesso al Centro Storico? Roma non è Milano, che ha un centro storico di dimensioni ridotte e ben servito dalla metropolitana. Si può pensare di aumentare il costo della sosta sulle strisce blu? Ha senso triplicare le colonnine elettriche (oggi sono 88) ?Si può pensare seriamente di potenziare a sufficienza il cosiddetto trasporto pubblico “verde”. Oggi la flotta dei bus elettrici conta sessanta unità, anche raddoppiando non sarebbe sempre la classica goccia nel mare? Si aumenteranno le piste ciclabili, racconta Improta. Ma qualcuno ha chiesto se i romani su questo sono d’accordo? O devono andare su e giù in bicicletta per i sette colli a forza? Ancora, gli apprendisti stregoni non sanno nulla di Roma, non hanno ancora capito che sulla capitale ogni mattina puntano centinaia di migliaia di pendolari, molti dei quali lavorano nel commercio, nel Terziario, nel turismo, con orari complicati, spesso notturni. In sostanza Roma è una città complessa che ha bisogno di altre ricette per il traffico, che ha bisogno di maggiori parcheggi, di meno strisce blu, di meno semafori e auto in doppia fila, di più vigili agli incroci ad “accompagnare” il traffico, ad intervenire rapidamente ad ogni piccola emergenza. Ipocritamente il Campidoglio in passato ha praticato la politica dei Pup, concedendo ai costruttori privati di sventrare il sottosuolo per creare box da affittare a caro prezzo romani hanno bisogno di altro e si sentono presi in giro. Chiudere il Tridente risolve sul serio i problemi? Ci vuole ben altro. I romani chiedono meno stress. Un clima più sereno. Ma soprattutto il rispetto delle regole. Macchine in doppia fila, ambulanti abusivi. Bancarelle abusive, lavavetri aggressivi, e tante, tante altre violazioni e piccole violenze che avvelenano il clima della città. Una sciocchezza, almeno in apparenza. Via del Corso, altezza san Lorenzo in Lucina, fila di macchine (relativamente blu) parcheggiate a lato della strada. Che è off limits per tutti tranne che per taxi e mini autobus. Ma nella piazzetta c’è la nuova sede di Forza Italia. E gli autisti per comodità si piazzano lì. Indisturbati. E’ questo il segnale che si vuol dare ai romani? Giovanni Tagliapietra
da ‘Il Corriere di Roma n. 17′

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